Spiegazioni

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Quando fu l'ora andai in biblioteca a fare il mio turno.
Il lavoro era da sempre l'unica cosa che mi distraesse dai pensieri ostili che ogni giorno pretendevano di essere protagonisti nella mia mente.
Mi concentravo con tutta l'anima in quello che facevo.
Prima di andare in prigione lavoravo nella biblioteca della scuola media locale.
Per cui fu facile trovare lo scopo adatto a me in prigione.
Mentre sistemavo in ordine i libri che qualcuno aveva buttato giù dagli scaffali sentii delle risate che si avvicinavano.
Davanti a me si stagliano all'improvviso due figure, alzai lo sguardo verso l'alto.
Erano dieci giorni che Rachel portava lì Meredith sperando di ottenere qualcosa ma mai era arrivata al dunque.
Presi i volumi e ricominciai a sistemarli.
Rimasero imbarazzate a guardarmi e mi accorsi di essere davanti al rifugio, davanti allo scaffale dove si appartavano.
Feci finta di non essermi accorta o di non sapere e chiesi "Scusate, avete bisogno?"
Vidi Rachel arrossire per la prima volta in due anni e passa.
Meredith si voltò verso di lei e le disse "Potresti lasciarci sole?"
Le fece gli occhi dolci e Rachel si scurí in volto.
Ma annuì, le diede un bacio sulla guancia e se ne andò.
Continuai a mettere i libri in ordine mentre aspettavo che dicesse qualcosa.
"Mi dispiace"
Aveva detto quelle due parole come se le stesse tenendo dentro da secoli.
La guardai con la fronte aggrottata.
Non capivo a cosa si riferisse e quando glielo dissi notai che delle lacrime le scesero attraversando le guance.
"Non sapevo di te. Mi aveva detto che sua moglie era morta da un paio d'anni."
Si interruppe per asciugare le lacrime.
"Mi aveva raccontato di te, una moglie perfetta, ma consumata dal cancro. Mi ha raccontato di come il giorno in cui questa fantastica moglie è morta lei gli abbia detto di farsi forte per trovare qualcuno con cui passare il resto della vita"
Prese un respiro profondo come se il suo ricordo le provocasse vero dolore fisico.
"Quando mi disse che con il nuovo lavoro non sarebbe mai riuscito a pagare la casa e tutto quello che ne consegue mi sono offerta di dargli una mano. Era così sollevato come se gli avessi tolto un grosso peso.
Mi aveva detto che avremmo festeggiato presto ma poi..."
-Poi l'ho buttato dal balcone- pensai.
Iniziai a raccontare
"Una sera, una di quelle rare in cui eravamo entrambi a casa, mi raccontò di te.
Con tutta la calma con la quale mi raccontava del lavoro e dei risultati dello sport.
Mi disse di come ti aveva conosciuta, di come gli avevi rubato il cuore.
Ti descrisse vagamente ma da come ne parlava sembrava abbastanza innamorato.
Io restai lì ad ascoltare pietrificata.
Il suo tradimento mi ferì ma ero così assuefatta da lui che non mi potevo permettere di lasciarlo. Sarei crollata.
Così gli dissi di non vederti più, ovviamente non mi ascoltò"
Sospirai abbassando gli occhi
"D'altronde, come biasimarlo?"
Meredith aggrottò la fronte
"Cosa intendi?"
Alzai le sopracciglia spiazzata.
Non sapevo cosa fare, sapevo cosa dirle, quella donna era così splendida che nemmeno io l'avrei lasciata andare.
Ma come potevo diglielo?
Semplicemente non potevo.
Però ormai il danno era fatti, dopo quasi due settimane da quando era lì potevo dirle che disastro che aveva combinato nella mia testa.
Deglutii incapace di reagire.
Alla fine mi feci forza e con tutta la nonchalance che riuscivo a simulare dissi
"Se potessi tenere tra le braccia una come te non la lascerei andare per nulla al mondo, nemmeno per Mike. Lui ha fatto ciò che, in fondo, avrei fatto anche io"
Cercò di guardarmi negli occhi.
Io guardavo ovunque tranne che nella sua direzione.
Come uscita da una leggera trance scosse un po' il capo e si avvicinò a me.
Mi immaginavo una sfuriata.
Dopo aver ucciso l'uomo che amava le avevo confidato che avrei fatto lo stesso se fossi stata nei suoi panni.
Ipocrisia alle stelle.
Poteva reagire prendendomi a schiaffi o urlandomi addosso tutto il suo odio invece sì avvicinò a me e mi baciò.
Nessuna parola può descrivere l'esplosione che partì dalle nostre labbra unite per poi irradiarsi in ogni nervo del mio corpo.
Provò a scostarsi, resasi conto del mio stupore, ma io le misi una mano dietro la nuca e continuai a baciarla con tutta la passione che avevo.
Ne rimase colpita ma non si fermò.
Anzi mi mise le mani sui fianchi e provò ad insinuarsi sotto la mia divisa.
La interruppi.
Provò di nuovo a scostarsi, forse imbarazzata dall'interruzione.
Le presi la mano e le sussurrai "Non così"
L'accompagnai nel mio rifugio dove c'era lo spazio per compiere l'enorme errore che stavano per fare.
Nella penombra ricominciai a baciarla.
Le sue labbra erano così morbide e buone che desiderai di non staccarmi più.
Riprovò a mettere le mani sotto la mia divisa ma non la fermai, anzi, la invitati a proseguire.
Feci come lei insinuandomi sotto i suoi vestiti.
Spinta dalla voglia feci scivolare le dita dentro di lei.
Mi sembrò che il suo corpo fosse una prolungazione del mio. Mi sentii parte di lei.
Fu tutto così naturale che non ci accorgemmo del piacere che inondava quel luogo.
Passò parecchio tempo prima che entrambe fummo sazie.
Mentre riprendevo fiato Meredith si rivestì, forse consapevole dell'enorme errore che avevamo commesso.
Andò via senza rivolgermi la parola.
Restai lì a piangere finché un brivido di freddo mi ricordò che ero ancora nuda.
Mi rivestii piano con le mani tremanti.
Rimasi ancora qualche minuto ad aspettare che le lacrime smettessero di scendere.
Presi un bel respiro ed uscii dal rifugio per continuare il lavoro che avevo lasciato a metà.
Mi accorsi che era passata appena un'ora da quando avevo incontrato Meredith e Rachel.
Ne restia stupita.
Continuai il lavoro a sistemare i libri.
Mi concentrai sui numeri e i titoli che dovevo riordinare.
Tuttavia non riuscii a tenere lontani i pensieri dalle sue mani e dalla sua bocca sul mio corpo.
Sistemati gli ultimi volumi e mi diresti verso i bagni.
Mi infilai nel primo di cinque e mi accasciai a terra tremando.
Passò del tempo prima che deve voci dall'esterno catturarono la mia attenzione
"Penso sia ora di chiamare Marika" disse una voce.
Volevo alzarmi, dire loro che non era necessario ma le gambe non si mossero e al posto delle parole mi uscì un rantolo inquietante.
Attesi con la testa appoggiata al muro, inerme.
Non capivo come ciò che avevamo fatto potesse avermi fatto tanto bene e poi tanto, tantissimo, male.
Era solo sesso.
Nessuna parola dolce era uscita dalle nostre bocche.
Non avevamo promesso alcun amore temporaneo né eterno.
Solo sesso.
Eppure mi sentivo così vuota che pensai che Meredith si fosse portata via la mia forza vitale.
Qualcuno bussò violentemente alla porta strappandomi dal fresco ricordo di lei.
Provai a cacciare la persona oltre la porta ma dalle mie labbra uscii un altro rantolo.
Chiusi gli occhi e la persona bussò di nuovo.
Impaziente iniziò a parlare.
Ovviamente era Marika.
"Lay, forza esci. Dimmi cosa è successo"
Incoraggiata dalla sua voce mi feci forza ed aprii la porta.
La prima cosa che vidi furono i suoi occhi così azzurri, così diversi da quel blu ghiaccio di cui forse mi stavo innamorando.
Marika mi abbracciò e mi scortó fino al mio buco.
Ci sedemmo sul letto ed io iniziai con il racconto.
Senza escludere nessun dettaglio.

Dopo la colpaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora