7. Entità

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Per un neofita come Thomas scoprire il mondo del paranormale fu come addentrarsi nell'inferno a più livelli della Divina Commedia. E come Dante, anche lui poté vantare una guida di tutto rispetto.

Cominciò a fare i conti con distinzioni più o meno chiare e dovette imparare la terminologia. La memoria non gli aveva mai fatto scherzi e non difettò nemmeno in questo frangente. Più difficile fu cercare d'ingannare e circuire la sua anima appena liberatasi dallo scetticismo, ma non ancora calata nella nuova realtà.

A grandi linee apprese che, per fenomeni apparentemente inspiegabili, qualcuno aveva iniziato a coniare un vocabolario attingendo dal linguaggio di gruppi storici che avevano condotto indagini analoghe alle investigazioni dei ricercatori moderni, di cui anche Mae faceva parte, e di associazioni affini, le più antiche risalenti alla metà dell'Ottocento.

«I fantasmi hanno bisogno di moltissima energia per manifestarsi» spiegava Mae, «e la attingono dalle fonti più svariate. Spesso non ne hanno a sufficienza per apparire come le persone li ricordano. A volte i tratti sono nitidi, ma non accade spesso. Per lo più sono figure trasparenti, grigie e ombre nere. A noi è capitato di vedere un viso di uomo molto più grande del normale nel mezzo di una parete, mentre di una donna abbiamo intravisto un lembo di gonna e dei tacchi senza riuscire a scorgere altro.»

«Un mio amico ha notato il fantasma alla finestra, in pieno giorno.»

«Può darsi che abbia visto la sua parte superiore, ma sotto non c'era niente. Il più delle volte sono forme indistinte.»

Mae gli aveva mostrato una fotografia un po' sfocata nel cui angolo in basso a sinistra appariva, sotto una sedia, una fiamma bianca fluttuante. «Quando fu scattata la temperatura era scesa di otto gradi in pochi secondi. Dai ventuno ai tredici. Avevamo tutti un gran freddo.»

Thomas aveva molte domande da fare e nessun pudore a porle. Mae, dal canto suo, non era intenzionata a spaventarlo, ma non voleva tacere su questioni per lei importanti. Troppa ignoranza veniva riversata nell'occulto che un solo dettaglio sbagliato avrebbe gettato ancora più discredito su gente come lei, che bazzicava quei territori di confine al pari di una sentinella.

«Esistono anche i fantasmi degli animali. Uccelli, gatti, conigli e cani per lo più, come dicono le fonti storiche. Quasi sempre invisibili, ritornano nel luogo che li ha visti nascere o vivere lasciando tiepidi segni del loro passaggio. Un cuscino che mantiene la forma di un corpo adagiato sopra, una carezza alle gambe, un miagolio dietro la porta o l'abbaiare di un cane nelle stanze. La loro presenza è segnalata da odori e suoni.»

«Ne hai mai incontrato uno?»

«Sì» rispose Mae, ma non si addentrò nell'intimo. «Nella storia è citato un caso famoso, Gef la mangusta parlante.»

I racconti dell'epoca, 1931, lo dipingevano come un animale simile a un gatto con mani e piedi umani; l'unica fotografia in cui lo si poteva vedere bene, nonostante la scarsa qualità, lo ritraeva sopra uno steccato ma non svelava nulla del suo mistero.

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