Capitolo Quattro

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Il pareggio con la Spal e il susseguirsi di partite, erano stati motivi di destabilizzazione per la squadra bianconera.
Sapevano di dover dare il massimo nelle prossime e di focalizzarsi sulla finale di Coppa Italia. Come diceva il mister, vincere la Champions non è l'obiettivo imprescindibile, bisognava concentrarsi anche su altro, già essere tra le prime otto era un grande traguardo.
Federico era concentrato all'inverosimile, il suo obiettivo ruotava attorno a tre fattori: il pallone, il campo e fare il meglio possibile per arrivare a trovare il proprio nome nei titolarissimi.
Purtroppo, causa il suo recente infortunio, tutto ciò gli era costato anche la mancata convocazione in Nazionale maggiore.
Era contento alla Juve, aveva trovato poco spazio, è vero, ma quella squadra aveva tutt'altra mentalità rispetto alle altre. Non vi erano assolutamente paragoni.
All'uscita da Vinovo, come consuetudine, si era preso un po' di tempo per fare delle foto con i fan da ore appostati ai cancelli, nonostante la giornata poco promettente a livello di meteo.
Pioveva tanto quella mattina, aveva preso vento e acqua a non finire, aveva paura di beccarsi qualche malanno che lo avrebbe ulteriormente costretto alla panchina.
Muovendosi cauto in autostrada a causa del mal tempo, si trova a pensare a diverse cose.
Prima di tutto a quanta strada e quanta "gavetta" aveva fatto dalle giovanili dell'Atletico Carrara, passando per il Crotone e la Fiorentina, fino ad oggi, non poteva essere più fiero di ciò che pian piano era riuscito a costruire, grazie alla sua famiglia e i suoi amici era riuscito ad ottenere quello che ambiva da bambino.
Alla Juve aveva riscoperto un altro modo di giocare e vivere il calcio, si era innamorato di questa squadra e ogni giorno si rendeva sempre più conto di quanto difficilmente avrebbe potuto lasciarla.
Dal primo giorno in cui aveva indossato quella maglia aveva avvertito una scossa, la sentiva dentro, sembrava gli fosse stata cucita sulla pelle, erano diventati i suoi colori e non li avrebbe cambiati con niente al mondo.
Parcheggia l'auto nel posto più vicino all'entrata, maledicendosi per non aver portato un ombrello, si sfila il cappotto della braccia, male che vada lo userà per ripararsi il più possibile.
Da un rapido sguardo alla strada dietro di lui, controlla sia libera sia per aprire lo sportello che per non dover aspettare e prendere ulteriore pioggia. È dopo diversi secondi che scende dalla sua macchina di corsa verso il palazzo, quando un'imprecazione detta a voce abbastanza alta, cattura la sua attenzione.
Voltandosi, nota che si tratta proprio della sua vicina.
Non l'aveva proprio capita quella ragazza, non c'era mai a casa ma si lamentava sempre, gli aveva bussato ad un orario improponibile quale le tre di notte! Aveva capito di aver sbagliato, che non poteva dar disturbo a quell'ora però, sua madre gli ricordava sempre che c'era modo e modo di chiedere le cose.
Tornando a portare lo sguardo verso la sua figura, la nota china a terra a raccogliere diversa roba da terra, e per di più anche lei senza ombrello.
Impreca anche lui a sua volta, non vorrebbe prendere un malanno, ma di certo non può lasciarla nella tempesta senza darle una mano.
Si, sua mamma gli aveva insegnato anche questo.

Gin

Stavo tornando a casa dal turno al bar, pioveva a dirotto e io non avevo l'ombrello.
Mi muovevo sotto i parapetti dei palazzi o le gallerie per non arrivare a casa fradicia, ero anche passata dal supermercato poco fa. Stamani giusto per fortuna ho trovato uno yogurt in frigo per colazione, era totalmente vuoto.
A fatica raggiungo il viale del mio palazzo, quando per la pioggia o i continui sballottamenti a destra e sinistra, poco prima di arrivare al cancello, il sacchetto si squarcia facendo cadere tutto ciò che conteneva per terra.

Ma può andare peggio di così?
Rassegnata e fradicia, mi affretto a raccogliere i viveri dal marciapiede per metterli nella borsa, o almeno quelli che ci entrano, il resto lo porterò a mano sicuramente.
Afferro con le mani tremanti per il gelo, qualsiasi cose mi capiti davanti, consapevole che probabilmente più della metà dovrò buttarle, quando una mano entra a contatto con la mia.
Alzo gli occhi quasi subito, trovandomi davanti la figura del mio fastidioso vicino che con un braccio e metà del suo cappotto cerca di ripararmi dalla pioggia, e con una mano prova a recuperare la maggior parte della roba.
I suoi occhi verdi, dall'unica prima volta in cui ho avuto l'occasione di incrociarli con i miei, mi avevano catturata.
Non so cosa pensare, probabilmente dovrei darmi una mossa visto che sono immobile sul terreno a fissarlo, scuoto la testa e mi affretto anche io a raccogliere qualcosa prima di esser tirata su dal ragazzo stesso.
Non dice una parola, mi ripara dalla pioggia come meglio può, stretta tra la morsa del suo braccio e il pezzo di stoffa nero del suo cappotto ormai fradicio come i nostri corpi, mi trascina dentro.
Sospiro di sollievo una volta che entro a contatto con il tepore dell'interno, neanche mi accorgo di stare tremando, almeno fin quando le sue mani non si posano sulle mie spalle e i suoi occhi non cercano un contatto con i miei.

"I-io scusa, mi dispiace.." la voce mi inganna più volte facendo uscire qualche parola balbettante e insicura

"Non ti preoccupare, non ti avrei lasciata lì" ribatte marcando inconsciamente il suo accento toscano e si avvia per chiamare l'ascensore

Lo seguo senza dire nulla, non che lui in questi minuti stia cercando di intraprendere chi sa quale conversazione, è un silenzio imbarazzante.
Siamo soli, chiusi in due metri per due di ascensore, bagnati peggio se fossimo appena usciti da un bagno in piscina, e con una tensione nell'aria che si potrebbe benissimo tagliare con un coltello.
Okay, ammetto di non essere stata così gentile nei suoi confronti l'altra sera, e neanche il primo giorno col suo amico, ma neanche lui ha fatto nulla per farsi ben vedere da me.

"Senti..."   "Ascolta"

Tempismo perfetto, sincronizzati al massimo prendiamo parola nello stesso momento.

"Prima tu" dico

Ho sempre paura di parlare per prima, è una cosa che mi porto dietro da anni.

"Volevo dirti che mi dispiace del fatto di essere partiti col piede sbagliato, non ci siamo neanche mai presentati voglio dire...." lo vedo portare una mano dietro la nuca come se si stesse imbarazzando

"Già, dispiace anche a me"

Non so cosa dire, non voglio avere nessun contatto con altre persone, io non sono brava a intraprendere rapporti interpersonali, non mi sono mai avvicinata a nessuno.
Non voglio che mi conosca, non voglio che sappia cosa faccio e non voglio fare ribrezzo ad un'altra persona.
È quasi certo il pensiero che si farà di me, come chiunque lo venisse a sapere, penserà che sia una puttana, e io un'altra delusione non la voglio.

"Devo andare" il tremolio nella voce ritorna e mi affretto ad aprire, e successivamente richiudere, la porta alle mie spalle

A volte penso che dovrei sforzarmi.
Dovrei provare ad aprirmi di più con le persone, dovrei cercare un amico, una persona che mi accetti e sia pronta a volermi bene.
Però alla fine c'è sempre un 'Ma'

Ma se dopo avermi conosciuta realmente, nella mia quotidianità, dovesse rifiutarmi?
Non facevo un lavoro che mi dava onore, dignità, anzi me la levava del tutto. Quello al bar era un ripiego, un modo per guadagnarmi da vivere e di rado mettere da parte qualche spicciolo, non molto, ma mi piaceva pensare che un giorno avrei potuto pagare il mio debito con dei soldi veri.

Già... magari un giorno.

Ragazzi perdonatemi tutti la frequenza
di questi ultimi aggiornamenti,
ma purtroppo ho due esami uno dopo l'altro,
Uno il 5 e l'altro il giorno dopo.
Sto impazzendo cercando di studiare
e allo stesso tempo di non confondere
le due materie.
Che Dio Me la mandi buona!
In più lunedì partirò per Roma perché
finalmente mia sorella si Laureerà.
Beata lei, a me manca ancora l'ultimo anno!

Vorrei spendere due parole per la partita di
stasera contro l'Argentina (squadra che chi mi conosce sa che tiferò fino alla morte), il primo debutto
in Nazionale Maggiore per il mio Cutrone! Immaginate quanto io possa essere felice.
Non mi ha entusiasmato molto però come partita,
abbiamo preso due gol a cazzo proprio,
ma si vede proprio che quest'anno il mondiale
proprio non era cosa nostra.
Mi dispiace più che altro per il morale
dei ragazzi, non se lo meritavano,
questa volta il Karma non ci ha minimamente guardati in faccia.

Girl Next Door// Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora