Capitolo Nove

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"Anche tu vivi da sola?"
"Anche tu vivi da sola?"
"Anche tu vivi da sola?"

Le sue parole facevano eco nella mia testa, e più i secondi passavano, più lui mi fissava e io mi sentivo una stupida.
La mia mente urlava "INVENTA UNA BALLA! INVENTA UNA BALLA" ma non sapevo cosa dire, sembrava avessi un omino pazzo che correva da una parte all'altra dentro il mio cervello.

<<Si, i miei non ci sono più>> sospiro

Facile. Veloce. Indolore.

<<Ah, capisco... mi spiace>> la sua risposta era la solita frase di circostanza; non sapevi cosa dire e finivi per buttarla sul finto dispiacere, anche lui -per l'appunto- di circostanza

<<Però sappi che se hai bisogno di qualunque cosa, sono disponibile... davvero per tutto>> continua gesticolando nervosamente con le mani, probabilmente rendendosi conto della banalità in cui il nostro discorso stava tergiversando

<< Quel film non era "La ragazza della porta accanto"? Ti stai proponendo come la versione maschile?>> dico cercando di smorzare un po' la tensione

Non mi piaceva fare pena alla gente, non che entrassi in contatto con chi sa quante persone, lui era l'unico da un bel lasso di tempo, a cui permettevo di avvicinarsi alla mia comfort zone più del dovuto.

E più stavo lì a sentirlo parlare con quel suo forte accento, con le mani che gesticolavano freneticamente per cercare di spiegare meglio ogni punto dei suoi discorsi, più pensavo che forse cominciare a farsi degli amici non era poi così male.

Alla fine avevamo optato per una granita al limone presa da un chioschetto riparato al confine di uno dei mille parchi sperduti in quel di Torino.

<<Parlami un po' di te, forza, qualcosa che non racconti a chiunque>> dice sedendosi per terra sotto l'ombra di uno dei tanti pini che ornavano l'ampio spazio verde

Eccolo lì.
Andava sempre a parare sulle domande che più di tutti detestavo.
Non avevo la più pallida idea di cosa rispondere.

"Beh sai la mattina o il pomeriggio lavoro al bar, poi, puff, come per magia mi trasformo in una quasi sgualdrina la sera. O questo o un bel buco in testa.
Per il resto, nulla di che, tutto normale"

<<Non c'è molto... non ho una vita molto movimentata, lavoro casa, casa lavoro>> provo a buttarla lì, sul semplice, sperando non mi faccia altre domande

<< Ma dai non esiste una cosa del genere! Quanti anni hai? Venti, ventidue al massimo e sto anche esagerando, non hai la necessità di uscire, andare a fare una passeggiata, incontrare degli amici...>> scuote la testa cercando di comprendere, anche se a fatica, il mio punto

<< Credici o no, caro Federico, ma sei la prima persona con cui sono uscita a fare una passeggiata da un paio di anni a questa parte>> anche io, adesso, tiro fuori la peggior risata nervosa di circostanza che mai potessi usare

Non mi piaceva questo argomento, stavo appunto alzandomi per andare via, ma la sua forte presa si posa sul mio avambraccio e i suoi occhi si incatenano ai miei.

<<Non ti lascerò andare via di nuovo. Scordati di scappare sempre davanti a me>>

Il gelo.
Il gelo mi ha colpito con una ventata d'aria fredda facendomi accapponare la pelle.
Fossero state le sue parole, pronunciate con quel tono fermo ma pieno di un mix di compassione, dolcezza ed empatia, o i suoi occhi limpidi come poche cose al mondo.

Il mio stomaco sta contorcendosi facendomi provare un miscuglio di emozioni, che purtroppo, a differenza di come avevo immaginato, vertono in sensazioni di disagio.
È scomodo, è una situazione scomoda che il mio cervello implora di far smettere, ma il mio corpo non vuole saperne di muoversi di mezzo millimetro.

Poi riprende a parlare

<<Non so cosa mi sta succedendo, mi imbarazza anche dirtelo ma so che è la cosa giusta. Non ho idea di cosa tu mi stia facendo, ma non voglio lasciarti andare. Permettimi almeno di esserti amico, solo questo>> il suo forte accento Carrarino si mescolava perfettamente alle frasi appena uscite dalla sua bocca, e guardandomi prima negli occhi, come per avere anche un minimo consenso, stringe le sue braccia attorno al mio corpo

Da quanto non davo un abbraccio a una persona?
Solitamente i rapporti estremi di confidenza che avevo si limitavano ai sorrisi affettuosi dei clienti del bar, la signora Marini ogni tanto mi salutava con due baci sulle guance, ma nulla di così eclatante.
Non menziono neanche gli approcci con l'altro sesso.
Mi ero innamorata solo una volta, o almeno credo, avevo quasi 17 anni, prima che i miei genitori morissero.
Dopo l'inizio delle notti al Vibe, ripudiavo qualsiasi contatto o approccio con persone di sesso maschile.

Eppure con Federico era diverso.
Non mi era successo con le orde di uomini che passavano dal bar e dal night, nè col suo amico, nè per caso con un passante in strada.
L'istinto e la voglia di avvicinarmi a lui non l'avevo avuta con nessuno, forse è per questo che ho dato una svolta alla mia vita.
Se un mese e mezzo fa mi avessero detto che avrei permesso a un ragazzo di stringermi tra le braccia come al momento stava facendo Federico, probabilmente avrei riso in faccia al mio interlocutore.

Avevo il viso premuto contro il suo petto, le mie narici si stavano beando del suo profumo fresco, dolce ma al contempo pungente, una peculiarità delle fragranze maschili.
Ancora incredula, e perciò con le braccia tremanti, ho circondato il suo punto vita. Non biasimatemi, ma stavo in paradiso, per me era un grande passo solo farmi stringere una mano e intrattenere una conversazione che durasse più di cinque secondi.

<<Grazie Fede, davvero. Lo apprezzo, sul serio, ma devi darmi tempo. Io non sono abituata a ...tutto questo>> sussurro con un po' di amarezza alludendo alla situazione che si era appena creata tra di noi

Spero mi capisca senza che io dica qualche parola di troppo.
Non voglio far pena a nessuno, tantomeno voglio che si allontani.

Vibe - Turin, Italy 📍

Per quanto Gin si sforzasse e cercasse di abituarsi a questo posto, non ci riusciva mai.
Era inutile, ogni giorno le faceva ancora più schifo di quello precedente, sentiva quel nodo salirle in gola, e ciò le provocava un forte senso di nausea.
Quante volte lo aveva rimandato indietro, quante volte scuotendo la testa per scacciare i pensieri negativi, si addentrava nella penombra di quel posto.

Aveva sentito la voce del verme in lontananza e alzando gli occhi al cielo aveva tentato, invano, di sfuggire a quel l'incontro.
Ma siccome la fortuna sembrava averla abbandonata da qualche anno, la voce del viscido la blocca all'istante... già, sembrava che gli aggettivi per descriverlo fossero illimitati.

<<Gin, proprio te cercavo>> la richiama all'attenzione facendola voltare

<< Vorrei dirti che é un piacere vederti, ma purtroppo non é così>> gli risponde a tono mettendo su uno dei sorrisi più falsi che le riuscivano

<< E io che avevo anche buone notizie.... >>

Non notando nessuna reazione da parte di Gin, rimasta impassibile, prosegue il suo discorso.

<<Il grande capo ha detto quattro mesi>>

Sette parole.
Quella frase conteneva sette parole.
Le sette parole che Gin aspettava da quella che per lei ormai era un'eternità.

Quattro mesi.
Centoventidue giorni se non andava errata.
Duemilanovecentoventotto ore che la separavano dalla libertà.
Ad un tratto tutto questo tempo le sembrava niente, il nulla in confronto ai tre anni passati lì dentro.

Non è un miraggio sono davvero io.
Sono tornata dopo quasi un mese di assenza....
MA HO UNA GIUSTIFICAZIONE
Purtroppo ho dovuto preparare un mattone di esame, non era un semplice esame, era la Sacra Bibbia scritta in aramaico antico!
Spero mi possiate perdonare ma questi mesi saranno l'inferno per me.

Fatemi sapere come sempre le vostre impressioni, se la storia vi sta incuriosendo o meno, oppure insultatemi perché me lo merito.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 16, 2018 ⏰

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Girl Next Door// Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora