I muscoli rilassati su un lettino e gli occhi assenti.
Nelle orecchie formicola il rumore di un brusio, e a percepire la sua vitalità i polmoni bruciano ogni intruglio di aria che cerca di mantenere quel poco di me che è rimasto vivo.
"Non basta!" Mi urla l'istinto, appoggiando le parole del medico che rimprovera i miei passi da burattino difettoso. "Non mi dire che vuoi morire di fame a questa età" il laureato attacca, "non dire cazzate."
L'allarme scatta.
Tra i meandri tossici della mia mente il caos fa da sovrano e un sussulto mi rianima in quel mondo di villani incuriositi: il mio corpo paralizzato su un altro materasso rigido.
"Non dire cazzate." Ribadisce il bastardo. Subito dopo le sue note beffarde mi pervadono l'udito. Gode a raccogliere i frutti marci che solo la miseria che m'appartiene sa generare.
Accanto a lui, l'ammaliatore dai viscidi versi. Intrigato maneggia una siringa colma di un liquido nerastro e recita liriche perché dalla sua lingua possano uscire gocce d'inchiostro: colano dalle labbra e stampano sul mio viso figure che immagino deformi.
"Viva", pronuncia.
Ancora viva.
"Viva", sussurra. Afferra il braccio e tra i mancati respiri affonda l'ago nella mia carne marcia. Io ancora bloccata nei miei falliti tentativi di muovermi: il liquido nero infetta il mio sangue.
"Ti credevo morta".
Dalla mia bocca del fumo si alza e dipinge l'aria di lettere lerce. La contamina di inchiostro e la mia vista si fa offuscata. "Puttana", legge l'esibizionista dei sognatori illusi.Ancora viva.
-E adesso ti salverai?-