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Sono uscita a correre questa mattina. Ho preso un sentiero che portava nel bosco dietro casa mia.

Ci andavo sempre, era tranquillo, non c'erano lupi o altri animali feroci. Amavo quel posto perché appunto era calmo.

Mentre correvo verso casa sentii un lamento di bambino. Non capii da dove arrivava.

Mi sono fermata e chiusi gli occhi, liberando la mente. Mi capitava spesso di farlo, riuscivo a distinguere i suoni. Dividerli da altri.

Ed ecco che quel lamento era riapparso. Era poco più avanti di dov'ero. Allora iniziai a camminare.

Il lamento si fece più acuto quando ero a pochi passi. E capii che non era un semplice verso, era un canto. Una bambina stava cantando.

Senza parole, era solo una canzone canticchiata con un "mmm".

Mi avvicinai ancora e la vidi. Era chinata su qualcosa accanto ad un albero.

Mi avvicinai ancora di più tentando di non fare rumore.

Lei si era bloccata quando sotto la suola delle mie scarpe si è spezzato un bastoncino.

"Ehi, tutto bene?" Chiesi con voce tremante.
"Si. Cosa fai qui?" Mi chiese e riconobbi la sua voce.
"Mari Enne?"
"Dimmi."

Mari Enne, la sorellina della mia migliore amica, era in piedi di fronte a me. Un sorriso da bambina sulle sue labbra e gli occhioni nocciola a fissarmi.

"Cosa ci fai nel bosco?, è pericoloso."
"No, non lo è. Non ti preoccupare sto bene." Tornò a chinarsi su quel qualcosa e iniziò di nuovo a cantare.
"Cosa stai cantando?"
"Io non canto."
"Si, invece, lo stai facendo adesso."
"No, non è vero, sono zitta."
"Cosa stai guardando?" Mi avvicinai e cercai di guardare oltre la sua piccola spalla.
"Non guardare! Vai via! Lasciami stare!" Gridò.
"Va bene, calmati. Torna a casa però, non rimanere fin quando arriverà il buio, hai capito?"
"Okay."

Mi allontanai con l'immagine di quello che avevo visto oltre quella piccola figura.

Un uccellino, con un paletto nel petto. L'uccellino aveva gli occhi spalancati e rossi. Era inquietante. Le mani di Mari Enne erano coperte di sangue e continuava a estrarre e rimettere il paletto dentro la stessa ferita.

Quando tornai a casa chiamai la mia migliore amica ma non mi rispose. Provai a casa sua ma nemmeno lì mi rispose qualcuno.

Un pensiero fulmineo mi attraversò la mente, anche se molto affrettato ed improbabile. Nonostante quello che avevo visto.

Andai a casa della mia amica e bussai alla porta. Nessuno mi rispose. Sbirciai dalle finestre. I genitori erano sul divano con la testa a penzoloni e un coltello nel petto. La mia migliore amica invece era a terra. Il volto verso di me. Non vedevo coltelli ma sotto di lei c'era una pozza di sangue.

La piccola Mari Enne aveva ucciso la sua famiglia, come aveva fatto con il povero uccellino.

L'avrebbe fatto anche con me? Non volevo saperlo. Ho preparato la valigia e sono andata da mia madre, in California. Quando mio padre lo saprà andrà su tutte le furie, ma quando gli spiegherò il motivo, e gli dirò che farà bene ad andarsene anche lui, si calmerà.

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