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Sono bastati tre giorni per far riaffiorare l'affetto per Blake e per annegare i miei dubbi sul modo migliore di comportarmi. Tre giorni perché i ricordi più belli si imponessero sulle emozioni strane e contrastanti nei suoi confronti. Tre giorni perché la sensazione di nausea e inadeguatezza che mi aveva perseguitata negli ultimi giorni a casa di Luke svanisse, come se Blake fosse la mia Felix Felicis, la mia scorta personale di Fortuna Liquida.

Dopo l'episodio delle rose, io e Blake abbiamo parlato tutta la notte seduti in veranda. All'inizio la conversazione era imbarazzante ed entrambi eravamo molto impacciati. Per un po' abbiamo proceduto coi piedi di piombo, ma dopo mezz'ora ho iniziato a sentire di nuovo quella sensazione liberatoria nel petto che mi prende ogni volta che parlo con Blake. è stato un po' come trovarsi in un campeggio e scegliere un punto di riferimento ben visibile. Può capitare che tu ti perda, ma una volta avvistato il tuo punto di riferimento, puoi star certa che sei in grado di ritrovare la strada verso casa.

Durante la mia pausa pranzo oggi sono rimasta in stazione. Non voglio fargli sapere che riveste un ruolo nella mia vita più importante di quanto pensi, così ho deciso di limitare alla sera dopo il lavoro i momenti in cui Blake mi parla di aneddoti della sua adolescenza, come quando suo cugino sostituì dell'erba all'origano sulla sua pizza, o semplicemente riflette a voce alta, chiedendosi per esempio cosa sarebbe successo se i suoi genitori non si fossero separati o se lui non avesse mai conosciuto George e Reece. A me non sembra mai di trovare granché di cui parlare, ma Blake si mostra sempre super interessato a quello che ho da dire. Ha voluto sapere tutto della mia infanzia e adolescenza e storce il naso ogni volta che mi sente nominare le serie TV. Continua a ripetermi che se fossi cresciuta con lui, sarei stata educata a suon di Pink Floyd, Rolling Stones, Eagles e ancora Francis Scott Fitzgerald, Aasimov, Salinger.

Come misero ringraziamento per le rose, stasera appena tornata dal lavoro ho steso una coperta sull'erba secca del giardino sul retro e ho portato fuori il libro di mio padre che tengo in borsa dal giorno del mio arrivo a Bristol. È da quando gli ho raccontato che entrambi i miei genitori sono scrittori che muore dalla voglia di leggere qualcosa, ma non può prendere in mano nessun libro dal momento che le sue mani sono una delle pochissime parti ancora incorporee e il suo orgoglio gli impedisce di chiedermi di leggere al posto suo. Tuttavia, so che gli farebbe piacere se gli leggessi qualcosa.

Quando il sole tramonta del tutto oltre la linea dell'orizzonte, io e Blake usciamo in veranda e andiamo a sederci sulla coperta in giardino.
«Ho portato solo questo libro.» mi stringo nelle spalle, mostrandogli la copertina dell'ultimo libro di mio padre. «Vorrei averne portato uno di mia madre. Ha un modo di scrivere più fluido e più dolce e magari lo avresti apprezzato di più.»
«Non hai idea di quanti anni ho passato senza leggere o sottolineare un libro, senza sentire il profumo della carta o provare la pressante sensazione di continuare a leggere per sapere come si conclude.» sospira Blake. «Quindi direi che a questo punto anche un libro per bambini andrebbe bene.»
Inizio così a leggere per lui, seduta in mezzo a un prato secco con il libro in grembo e i suoi occhi attenti che seguono il movimento delle mie labbra come se da esse uscisse una melodia incantatrice. Ogni tanto mi ferma e mi chiede di sottolineare con la matita una frase o di cerchiare una parola che suona particolarmente bene. Potrebbe non sembrare nulla di che, ma a me sembra quasi di violare la sua intimità più profonda, perché le parole che lo colpiscono di più sono quelle che abbracciano il suo modo di pensare, che è ciò che fanno di Blake... Blake. Sono parole che celano frammenti della sua anima e lui mi sta incaricando di raccoglierli come briciole di pane man mano che procediamo con la lettura.
«Invecchiando, dimentichi ciò che volevi ricordare e ricordi ciò che volevi dimenticare. Questo è ciò che Evie...»
«Sottolinea quella, per favore.» mi interrompe Blake.
Faccio come mi ha detto, ma non riprendo subito a leggere.
«C'è qualcosa che non va?» chiede Blake alzando un sopracciglio. I suoi occhi sono così scuri che quasi non si distingue più la pupilla dall'iride e mi guardano con un'insistenza e un'intensità che mi fanno boccheggiare come dopo una corsa.
«Sto pensando alle frasi che mi stai facendo sottolineare.» rispondo spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Tu non sei mai stato veramente felice, non è così?»
Blake smette di guardarmi. Sposta indietro le braccia e alza lo sguardo verso il cielo stellato.
«C'è sempre questo velo di malinconia in qualunque cosa tu faccia, persino quando ridi o ti sforzi di sorridere.» mormoro. «È come se ci fosse sempre dell'oscurità in te, che non prende mai il sopravvento, ma è abbastanza per renderti perennemente inquieto.»
«Lo so.» si stringe nelle spalle, senza distogliere lo sguardo dalle stelle. «Non è arrivato dopo la morte, anche se cerco di convincermi che è così. Sarebbe più semplice pensare che è la conseguenza del trauma, ma la verità è che si tratta di una sorta di errore genetico che è sempre stato in me.»
«La diversità non è un errore.» scuoto la testa. «E senza di essa non saresti tu. Tutti abbiamo un aspetto del nostro carattere che non riusciamo a definire, che magari non sappiamo nemmeno di avere. Non va represso, ma valorizzato perché è una cosa che hai solo tu. Tipo poeta sexy tormentato, mi spiego?».
Blake sorride e, con mia immensa sorpresa, una lacrima solitaria gli riga la guancia. Mi sposto a fianco a lui e allungo un dito verso il suo viso. Blocco la corsa della lacrima verso il suo mento e gli sfioro con estrema delicatezza quelle guance piene da bambino, quel naso piccolo e perfetto, quella fronte sempre coperta da riccioli neri di capelli troppo lunghi che gli conferiscono un'aria sbarazzina.
«Ricordi quando ti ho chiesto di chi sarei dovuta andare in cerca per salvarti?» sussurro.
Blake inclina la testa nella mia direzione e annuisce. Riesco a sentire il suo respiro gelido e innaturale sulla mia fronte.
«Penso di essere in grado di farlo io.»

Oh my ghost// Blake Richardson New Hope ClubDove le storie prendono vita. Scoprilo ora