Capitolo 11

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JUSTIN's POV

Mi sveglio improvvisamente sentendo le urla di Allyson,  mi ci vuole qualche secondo per mettere a fuoco dove mi trovo.

Sbatto qualche volta le palpebre e guardo la bellissima ragazza che ho a fianco.

Si sta dimenando e sta urlando qualcosa di incomprensibile.

"Hei piccola svegliati, ci sono io qui con te" la scuoto un po e finalmente apre gli occhi.

Si stringe forte a me e scoppia a piangere.

"Shh" sussurro e le accarezzo dolcemente i capelli.

Sembra calmarsi leggermente ma le lacrime continuano a rigarle il volto.

Le prendo il viso tra le mani e la sposto per guardarla negli occhi

"Calmati e dimmi cosa succede" annuisce e si asciuga le lacrime.

"ho avuto un incubo.."

annuisco e la cullo tra le mie braccia come una neonata

"ne vuoi parlare?"

"io..non so.." balbetta

"fai ciò che ti senti piccola"

si scosta dalle mie braccia per guardarmi negli occhi

"è difficile per me parlarne, però v-voglio dirtelo, mi fido di te"

si fida di me, quelle quattro parole mi arrivano dritte al cuore, cavolo come ho fatto a non accorgermi prima di come sia dolce e tenera questa ragazza?! Mi risveglio dal mio stato di trans momentanea quando riinizia a raccontarmi il suo passato

"ormai sono due anni che mi sono trasferita qui a Manhattan,  tutti pensano a causa del lavoro di mia madre, in parte è vero ma la verità è un'altra..." prende un bel respiro prima di continuare "quattro anni fa mia madre si ammalò,  inizialmente pensavamo fosse una stupidissima febbre, passarono tre settimane ma non cambiò nulla, così mio padre la portò da un medico e dai risultati delle analisi si scoprì che aveva un tumore. Il dottore disse che l'unico modo per salvarla, oltre a un sacco di farmaci era un intervento. Mia madre accettò anche sapendo che era pericoloso. L'intervento andò abbastanza bene ma sfortunatamente mia madre finì in coma, passavano i mesi ma lei non si risvegliava. I medici consigliavano tutti i giorni mio padre di autorizzarli a staccare i tubi dell'ossigeno, per loro era morta. Mio padre rifiutava sempre finché un brutto giorno finì per firmare i moduli. Eravamo in sala d'attesa, io avevo spiato tutto, non potevo crederci e non lo faccio tuttora. Corsi nella stanza in cui si trovava mia madre piangendo e urlando come una pazza, non potevano lasciarla morire. Mio padre cercava in tutti i modi di staccarmi da lei, gli infermieri chiamarono addirittura le guardie di sicurezza. Due di loro mi presero in braccio per trascinarmi fuori dalla stanza, avevano già aperto la porta quando una voce mi chiamò,  era mia madre, si era risvegliata.  Passavano i mesi e lei stava sempre meglio, si era ripresa e la fecero tornare finalmente a casa. Sembrava andare tutto per il meglio finché un giorno tornando da scuola vidi mio padre con le valigie, ci stava abbandonando. Aveva così tanti rimorsi e non voleva sentire ragioni, pensava che io e la mamma non lo avremmo mai perdonato, si sbagliava,  lo avevamo già fatto. Ci abbandonò e così mia madre decise di trasferirsi, le avevano offerto un lavoro come stilista qui e sperava che andandoce i ricordi non ci avrebbero più tortutato. Non è così,  io sogno ogni notte l'addio di mio padre.."

ascolto tutto senza fiatare, sono abbastanza sconvolto dalle sue rivelazioni, non mi sarei mai aspettato tutto quello che mi ha detto.

Istintivamente la abbraccio forte forte asciugandole le molte lacrime che le sono scese.

My neighbor's friendDove le storie prendono vita. Scoprilo ora