CAPITOLO 7

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Newt's POV
Raggiungemmo Riley in meno di due minuti dopo aver convinto Minho e Teresa a tenere Gally
sott'occhio per qualche minuto.
Ero sicuro che se Gally si fosse presentato mentre io e Thomas cercavamo di parlarle, Riley
avrebbe chiuso immediatamente la conversazione.
Era sdraiata sul letto a leggere un libro quando irrompemmo nella stanza.
«Che volete?» si mosse subito alzandosi in piedi e puntandoci quello sguardo raggelante addosso.
Balzò in avanti, come se volesse spingerci fuori dalla porta con una sola mano e sapevamo che
adesso era in grado di farlo.
Tommy, che era di fronte a me, scattò indietro pestandomi un piede. «Scusa Newt.» biascicò
impacciato, poi tornò a voltarsi verso Riley che stava immobile, con le mani sui fianchi, a fissarci in
cagnesco.
«Siamo venuti per parlare.» annunciai superando Tommy che ancora non sembrava aver digerito
la storia dei "poteri". A dire la verità, parve molto spaventato da sua sorella.
Riley assottigliò gli occhi neri e si avvicinò di più. «O a raccontare altre bugie.» disse senza
domandarlo, la voce era bassa e nervosa.
«Mentirti non mi porta a nulla, tutto quello che ti ho raccontato è la verità.»
«No, quella che mi ha detto Gally è la verità. Non so per quale motivo tu abbia voluto far passare
mia madre per un'assassina. Lei vi ha salvati, vi ha salvati tutti.»
«Cosa!?» esclamò Thomas sconcertato. Io lo ero altrettanto, ma volevo vedere fino a che punto
Gally le aveva mentito. «E in che modo ci avrebbe salvato, Riley?»
«Ha costruito il Labirinto!» ringhiò lei lanciando fiamme dagli occhi.
Anche Thomas alzò la voce. «Il Labirinto era un esperimento, maledizione! Non lo capisci? Nostra
madre lo ha costruito per trovare una cura a un virus che lei stessa aveva creato!»
«Queste sono bugie, lo ha creato per salvarci dalle eruzioni. E ora è morta! Non c'è nessun virus e
tu non sei mio fratello!»
«Ma andiamo! Davvero crede a quello che dice quello stronzo di Gally?» Thomas si mise le mani
tra i capelli in un totale stato di confusione misto a rabbia. Riuscivo a capire come si sentiva, mi
sentivo così da giorni e non sapevo come consolarlo perché non riuscivo a consolare nemmeno
me stesso. «Cosa le sta facendo?» chiese rivolgendo a me gli occhi marroni pieni di disperazione.
Ricordai l'ultima e unica volta in cui lo avevo visto piangere, quando l'anno prima gli avevo
consegnato la lettera che Riley gli aveva scritto prima di morire.
Aveva lo stesso sguardo adesso, perso e sconvolto.
«Non ne ho idea Tommy.» risposi ad alta voce, come se lei non fosse nemmeno li.
Riley's POV
Perché continuavano a mentirmi? Ora conoscevo la verità, perché volevano a tutti i costi
cambiarla?
Nemmeno per un secondo presi in considerazione l'idea che quello che mi avevano detto fosse
reale. Perché mai Ava Paige avrebbe dovuto diffondere un virus e poi volerne trovare la cura? E
perché avrebbe voluto uccidere suo figlio per salvarne un'altro? E Rachel? Per quale motivo mia
madre avrebbe dovuto farmi credere di avere una sorella invece di un fratello?
La cosa non stava in piedi. La loro teoria perdeva acqua da ogni parte, quella di Gally invece era
una versione alla quale potevo credere.
«Cosa sta succedendo?» Una voce dal corridoio mi destò dai pensieri. Tirai un sospiro di sollievo
e finalmente riuscii a rilassarmi quando Gally entrò a spintoni per raggiungermi. «Ti hanno fatto
qualcosa?» mi sussurrò sporgendosi verso di me in modo protettivo, tirandomi a se con un
braccio.
Newt's POV
Sbuffai quando vidi quel pezzo di sploff con le lentiggini.
Minho mi avrebbe sentito per averlo lasciato andare tanto facilmente.
«Non le faremmo mai del male.» Una smorfia animalesca si disegnò sul viso di Thomas che, con
disprezzo, guardava il sorriso macabro di Gally allargarsi sulle labbra secche. «È mia sorella.»
«E la mia ragazza.» aggiunsi io.
Inconsciamente, il mio sguardo si spostò su Riley che a quelle parole aveva stretto gli occhi in
modo sospetto. Non credeva affatto a quello che dicevo, aveva la diffidenza stampata in volto. Un
volto che un tempo avevo imparato a leggere così bene e che nonostante tutto sapevo leggere
ancora.
Cercai di trasmetterle il mio malessere tramite lo sguardo, ma lei si voltò immediatamente dandomi
le spalle.
«Per quanto mi risulti...» ribbatté Gally beffardo, gli occhi che luccicavano di divertimento. «Riley
non ha alcun fratello. Ne un ragazzo.»
Volevo prenderlo a pugni in faccia quel pive dei miei stivali. Le mani mi prudevano dal desiderio di
vederlo sanguinare, per Thomas era lo stesso, glielo lessi negli occhi.
Ma se lo avessimo fatto davanti a Riley, lei non ci avrebbe mai perdonati.
«Le hai raccontato un mare di balle, è ingiusto farle piangere una donna che ha odiato per tutta la
vita. O farle credere che il virus che ha ucciso suo padre e milioni di persone non esista. Che
diamine ci guadagni, tu Gally, a dirle questo?» Fui curioso di sentire cosa avrebbe replicato. Ci
mise qualche minuto, in cui incrociò le braccia e guardò me e Thomas in alternanza, poi proruppe
in una risata soffocata.
«Siete divertenti, davvero.» Tentò di posare la sua sudicia mano sulla mia spalla, un gesto che mi
fece irritare al solo pensiero, mi scansai. «La vostra immaginazione è fervida e la vostra storiella
molto dettagliata, ma mentire non vi aiuterà a trovare il perdono di Riley. Tutto il male che le avete
fatto nella Radura...» Gally scosse la testa fintamente indignato dalle sue stesse parole, sicuro che
Riley stesse ascoltando.
«Vaffancaspio Gally, chiudi quella fogna!» intervenne Minho, che spuntò dal corridoio. C'era anche
Teresa con lui.
La stanza cominciava a diventare stretta e non sembravo l'unico ad essersene accorto, perché
Riley biascicò un: «Comincia a fare caldo qui.»
Ancora voltata di spalle, Riley aveva le braccia strette attorno al corpo. Pensai che fosse strano
visto ciò che aveva appena detto.
Le parole di tutti i presenti furono inghiottite dal silenzio e qualunque litigio prima fosse in corso, fu
messo da parte.
«Riley.» Thomas fece un passo avanti, tese un braccio verso la sorella, beccandosi una fulminata
di Gally che però non lo fermò. «Stai bene?» chiese con la voce incerta.
Lei scosse la testa e quella fu l'unica risposta che ricevemmo. Stava ricurva su se stessa, le
braccia ancora attorno al corpo, i capelli che ciondolavano in avanti, a coprire il viso.
Alle mie spalle, sentii Teresa muoversi e avvicinarsi all'orecchio di Thomas. Gli disse qualcosa e
seppur fossero tutti muti in quel momento e non ci fosse brusio a coprire la voce, non riuscii a
sentirla.
Questa volta provai io parlare. «Riley.»
Mi avvicinai di un passo. Lei gemette in silenzio, come se stesse soffrendo. Mi avvicinai ancora e
mentre lo facevo, notai Gally allontanarsi con una strana emozione negli occhi. Non era paura, era
repulsione, ripudio allo stato puro.
«Non avvicinarti!» mi avvertì Riley quando fui a pochi passi, il suo tono forte intriso di rabbia
avrebbe dovuto incutermi terrore secondo le sue aspettative, ma non lo fece. E continuai ad
avvicinarmi.
«Voglio solo aiutarti. Lasciati aiutare.» sussurrai mostrandole uno sguardo supplichevole, inghiottii
la saliva a fatica. Pregai che mi ascoltasse, che si facesse aiutare da me, dai suoi amici, quelli veri.
E così Riley voltò la testa indietro, verso di me. Era madida di sudore e gli occhi neri erano ancora
più neri se possibile, i capelli le si erano appiccicati sulla fronte e sulle guance.
Protesi le mani per accoglierla tra le mie braccia. Avrei risentito il suo profumo entrarmi nelle narici,
l'avrei riavuta indietro e avrei finalmente potuto cancellare quell'ultimo infernale anno di solitudine
dalla mia memoria.
Non mi ero mai sentito tanto solo, neanche dopo che mi erano tornati i ricordi e avevo scoperto
che i miei genitori e mia sorella erano morti per mano della WICKED.
Ero a un millimetro dallo sfiorarla, quando Teresa urlò: «Non toccarla Newt!»
Corrugai le sopracciglia, infuriato perché l'atmosfera era svanita e Riley si era rinchiusa, di nuovo,
nel suo guscio. «Perché diavolo non dovrei toccarla? Non mi farà del male!» abbaiai fissando i
miei amici con la certezza che no, non l'avrebbe fatto.
«Come ti pare.» rispose la ragazza mora scorbutica e se ne andò con una scrollata di spalle.
Avrei voluto richiamarla, per scusarmi, ero stato una testa di caspio a gridarle in faccia in quel
modo e poi ora volevo davvero sapere cosa non andava in Riley. Perché non potevo toccarla?
Lo scoprii subito dopo, quando accidentalmente mi urtò il braccio mentre scappava fuori dalla
porta come un fulmine.
«Ahi!» mi lamentai, un dolore acuto si espanse sul braccio destro. Notai una chiazza rossa
sull'avambraccio nell'esatto punto in cui il gomito di Riley aveva sfiorato la mia pelle. «Mi ha
bruciato.» dissi alzando il capo, sconvolto, mostrando agli altri la bruciatura.

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