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Alcune persone che conosco mi prenderebbero per pazza se sapessero cosa faccio dalle 20:30pm in poi, ogni giorno. Mi conoscono come la fanciulla che corre ogni mattina, prende il suo caffè nel solito bar, il Down, e sbriga le sue commissioni giornaliere, passando il tempo a portare fuori il suo cane e a leggere. Lo stesso vale per le persone che conoscono solo la mia vita notturna.

Sono abituati a vedermi, se così si può dire, completamente vestita di nero, la bandana sulle labbra, il cappuccio sulla testa e le dita sulla console. Nessuno si aspetterebbe di vedermi tranquillamente di giorno. Io, invece, li vedo tutti, li vedo sempre, ma non permetterò che loro vedano me.

Li vedo mentre siedono al parco con le ragazze, i ragazzi, le mogli ed i mariti, e puntualmente quasi ogni sera li rivedo sulla pista, a scatenarsi e ballare contro una persona diversa ogni volta. Se sapessero che sono io ad animare le loro serate, ci penserebbero due volte a venire in questo posto.

Il Black Moon negli ultimi anni è diventato un posto apprezzato da ogni fascia di età, e mi piace prendermene il merito. Ogni sera turisti o nuova gente del posto decide di provarlo per sentire la musica e la carica che riesco a dare, sotto le vesti della Black Queen. Lavoro qui da molto tempo, ma a nessuno, oltre i miei datori di lavoro, ho dato l'opportunità di vedermi in volto.

Per quanto paghino bene, ammetto che a volte è davvero stancante. Le serate iniziano troppo presto e finiscono troppo tardi il più delle volte, e le uniche pause che posso permettermi durano meno di una sigaretta, proprio come ora.

Seduta, sul lurido asfalto fuori dall'uscita di emergenza del locale, la sigaretta a terra a consumarsi. Non ne ho più voglia.

La porta al mio fianco si spalanca, e la testa di Dean, infuriato, si gira di scatto verso di me, lanciandomi addosso il microfono spento. «Alza il culo da lì, il ragazzino nuovo sta facendo un casino, la gente inizia a volersene andare!» Come capo non ha mai smentito il suo ruolo. L'unica cosa di cui si preoccupa è che la gente entri e non esca dalla sua discoteca. Non abbiamo mai scambiato più di qualche parola, e ne sono più che felice, odio che i suoi sputi finiscano sui miei abiti.

Spalanco gli occhi, e mi alzo, seguendolo fino a dietro il palco dove sono posizionate le console. Sento vivamente la musica far pulsare ogni mio organo, quel ragazzino sta facendo un vero disastro. Senza dar ascolto alle lamentele di Dean, che oggi sembra starmi attaccato al culo più del solito, accendo il microfono, tornando a passo spedito accanto al ragazzo che, se non mando via, mi farà perdere dei soldi.

«Allontanati dalla mia console, e vattene da Dean, alla gente ci penso io.» Lo spintono e non ascolto nemmeno cosa inizia a blaterare e stacco la presa delle sue casse. La pista cala nel silenzio, mentre io accendo il microfono, e collego la mia attrezzatura. Mi porto il microfono alle labbra, ed alzo una mano per salutare i presenti.

«Mi scuso per l'inconveniente del mio collega ma, ehi!» sorrido, anche se non possono vedermi, e mi giro di spalle. Un boato di urla mi arriva alle orecchie quando tutti possono vedere la tiara bianca sul retro della mia felpa nera. «La vostra Black Queen è tornata!» E mi basta accendere la mia adorata console, nera pure lei, perché il delirio si fonda con le persone che si scatenano qualche metro sotto di me. I due ragazzi al mio fianco sorridono divertiti, ormai mi fanno da guardia da qualche mese, dopo lo spiacevole incidente della serata di inizio college.

Sono fratelli, Klaus e Jim, e capita che sul tardi li mandi a divertirsi. Mi fanno il favore di tenermi lontano tutti, senza che venga disturbata, si meritano un po' di svago a volte, anche se so che si divertono a vedermi quasi impazzita fare avanti e indietro tra le tecnologie sul banco.

Credo che siano ormai le tre e mezza di notte passate quando inizio ad abbassare la musica. Il telefono vibra nella mia tasca da un sacco di tempo, ma di staccare le dita dal pc non avevo voglia, e lo faccio solo adesso. Lascio che un mashup automatico parta, durerà almeno cinque minuti, e finalmente posso sedermi qualche attimo. Lo spazio vuoto sotto al banco è un piccolo angolo di paradiso in mezzo all'inferno, proprio come l'unica parte del letto fresca nel bel mezzo dell'estate, ed è proprio lì che mi siedo iniziando a scorrere tra la miriade di messaggi che intasanpo il mio telefono. Alcuni sono di Kayla, mia cugina, che mi chiede solo per che ora rientro. 

Amanti del pericolo. -All Monster Are Humans-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora