chapter eight

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Dicember, 16, 2002

Caro Diario,
Louis non vuole proprio parlarmi, e non so nemmeno io il motivo, ma ci sto male.
Anche se so che in realtà non posso starci male, Louis non è nulla per me.
Louis non dovrebbe essere nulla per me.

Il problema è che non riesco a smettere di pensare a lui, è come se si fosse impossessato della mia testa.
Ormai nemmeno il pianoforte riesce a distrarmi, a scuola qualche volta mi rintanavo nell'aula di musica durante la ricreazione, ma dopo l'altro giorno, quando Katya è entrata mentre facevo una sinfonia di Beethoven, non penso ci tornerò.

Ho sempre voluto prendere lezioni di piano seriamente, visto che sono stato autodidatta, soprattutto in questo periodo mi potrebbe aiutare molto, ma non trovo mai il tempo, con il lavoro part-time e la scuola sarebbe impossibile.

A volte mi capita di scrivere delle canzoni, ma mi sono accorto che l'ultima è dedicata a qualcuno senza volerlo.
Non riesco a farlo uscire dalla mia testa, aiuto.
In più ieri stavo sfogliando appunto questo quaderno dove scrivo le mie canzoni e ho visto che in una di quelle è stata strappata una delle frasi più importanti, cioè "please don't leave".

Ma la cosa più importante è che Louis ha strappato quella parte, perché prima che ce l'avesse lui il mio quaderno, la frase c'era ancora.
Quel ragazzo è complicato davvero.

Quella canzone l'ho scritta in un momento di solitudine, quando non mi sentivo capito da nessuno. E forse è anche il mio stato d'animo attuale.
Non so a chi stessi scrivendo quel "please don't leave". A nessuno direi questa frase ora come ora, perché ho imparato che l'essere umano è meschino. Le persone dicono "ci sarò sempre", ma al momento in cui dovrebbero esserci si tirano indietro, perché hanno paura, paura dell'altro.

L'essere umano ha bisogno di mettersi in mostra, di sentirsi sul piedistallo. È la sua natura, non ci si può fare nulla. Le persone sono tutti psicologi. Le persone pensano di aiutare, quando magari sono proprio loro la causa del danno.

Le persone dicono "dimmi cos'hai" quando vogliono ascoltare le parole, ma non hanno ancora imparato ad ascoltare i silenzi, a capirli.

L'essere umano chiede "come stai?". Quando viene risposto "bene", la conversazione va avanti, ma quando viene risposto "male" è buona educazione chiedere "come mai?" anche se non importa molto. Allora ci si limita a rispondere "bene" anche quando ci si sente vuoti dentro.
E purtroppo questa è la natura, non c'è nulla che può impedirlo.

L'essere umano la maggiorparte delle volte è stupito, e non si fa molti problemi a dimostrarlo.

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