Verso l'ignoto

691 38 5
                                    

«Prendimi la mano»

Tu assomigli moltissimo
all'idea
che mi sono fatto
della felicità.

-Gio Evan

A tentoni cerco di afferrarla, è un tantino difficile. Non so cosa stia accadendo ma ho una strana sensazione.

Quando prendo la sua mano trattengo per un attimo il respiro. Ha una presa salda, forte. Non è la mano di un mostro. Sono in preda all'ansia e lui l'ha capito, credo se ne sia accorto appena ho iniziato a tremare. Mi aiuta a tirarmi su e quando sono in piedi, barcollo per un momento, poi però riprendo il controllo del mio corpo. Ci stiamo ancora tenendo la mano, come se ci fossimo appena presentati.
«Tranquilla, non mordo» dice mentre sento che si sta tirando in dietro, togliendomi prima lo scotch dalla bocca. Finalmente. «Grazie» il mio è appena un sussurro, spero sia riuscito ad ascoltarlo.

Quando non percepisco più la sua presenza nelle vicinanze, faccio un passo alle mie spalle per tornare dai miei compagni, facendo attenzione a non inciampare nei miei stessi piedi. Sono piuttosto imbranata - da bendata poi, figuriamoci. -
È nuovamente il profumo di George a invadermi le narici. È un buon segno. È ancora qui, perciò mi avvicino a lui e quando non sento più quel peso attanagliarmi l'animo, posso finalmente tirare un sospiro di sollievo. Sollievo che dura poco, perché interrotto da un altro aggiornamento: «Un minuto e quaranta secondi» Gli allarmi che si erano interrotti sono tornati e al momento ci stanno distruggendo i timpani, ma nonostante questo, noi ostaggi restiamo in un silenzio più rigoroso di quello precedente.

«Harry si è spostato, prima»
«Ora dovrebbe essere più o meno davanti le uscite della sala» Emmanuel e George ci stanno aggiornando. Non sono nient'altro che sussurri ma riusciamo a sentirli perfettamente. Un pazzo. Un folle. Ecco cos'è Harry. «Il piano sta andando alla grande» dice il francese, per continuare poi «E tutto per merito tuo, Genoveffa, sei stata di grande aiuto.»
A testate. Vorrei prenderlo a testate.

«Grazie per avermi fatto atterrare sul morbido» dico, ironica. Emmanuel inspira profondamente prima di parlare «Non c'è di che, Genoveffa» Vorrei avere una mazza da baseball, in questo momento. Giuro, non ho cattive intenzioni. Magari anche spinata.

«Finiscila.»
«Altrimenti che fai, chiami la prof? Al momento è impegnata, non può dar di certo retta a te, Effa» Harry è tornato e si è appena piazzato tra me ed Emmanuel. Ci alziamo spesso le mascherine per controllare la situazione, siamo molto attenti a non farci scoprire.

«Dovreste smetterla di essere così infantili» Dice George. Oggi sembra essere il mio angelo custode ma pensandoci, lo è sempre stato da quando lo conosco.
Harry lo guarda con sufficienza e successivamente risponde alle domande degli altri.

«Quindi? La prof sa che ci sono delle uscite?»
«Non ho fatto in tempo a parlarle che mi stavano puntando le armi contro»
«Shh» Ottavio ci fa segno. «Sta per accadere qualcosa e quelli non fanno altro che fissarci, grazie Mr. Simpatia. I guai te li vai proprio a cercare, eh?» Benedetto ragazzo, praticamente è il mio Grillo Parlante.

«Ci siamo, andrà tutto bene.» Berlino. Non sono ancora riuscita a vederlo bene in volto. Hanno aperto le porte e si sentono delle sirene in lontananza. È l'unico che sta cercando di rassicurarci. «Trenta secondi.» prosegue.

Le sirene sono sempre più vicine e in un paio di secondi accade l'impensabile. I rapinatori escono con i borsoni pieni e si mettono a sparare all'impazzata verso le volanti. Qualcuno di loro è ferito, insieme a dei poliziotti. Gli spari continuano e non sembrano finire mai. Noi ostaggi ci accasciamo a terra in preda al panico e al terrore; alcuni non riescono neanche a muoversi. Grida. Grida.
Tante grida. Sono orripilanti. Il silenzio di prima sembra quasi un'utopia adesso. Gli spari cessano tutto d'un tratto, ma la folla continua a urlare imperterrita. Insieme agli spari terminano anche gli allarmi e le porte si richiudono; il loro rumore è inconfondibile. Loro sono ancora qui, a pochi metri da noi, con il respiro affannato.

Qualcuno mi afferra per la caviglia e allora inizio ad urlare anche io. Mi fa male la gola ma continuo, come gli altri. Ho paura.

La mascherina è diventata umida e mi accorgo di star piangendo. Lacrime che fredde oltrepassano il nero e si depositano sulla mia guancia. Voglio tornare a casa.

La presa diventa sempre più forte sulla caviglia, probabilmente altri lividi usciranno da qui a breve, così inizio a muovermi. Qualcuno mi sta trascinando via e il pavimento è molto freddo. Non ho il coraggio di voltarmi e sinceramente, non ne ho alcuna intenzione. Mi circondo la testa con le braccia, sono talmente stanca che smetto di urlare e smetto di continuare ad ascoltare tutte quelle voci. Non ho più forze. Mentre vengo trasportata chissà dove mi accascio su un fianco. Chiudo gli occhi. Non ne voglio sapere più niente di questo inferno.

Perdo i sensi.

Looking for you "LaCasadiCarta"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora