«Battlefield»

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{One Shot; Rating giallo. Liberamente ispirata all'Iliade, e al libro "la Canzone di Achille". Protagonisti: Ismael ed Elías (OC)}

 Protagonisti: Ismael ed Elías (OC)}

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È così che voglio essere ricordato.

Come quel bambino di qualche anno più grande di te, che comunque sembrava un moccioso al tuo fianco. Lo stesso bambino che ti odiava con tutto se stesso per la perfezione che racchiudevi in te.
Lo stesso che decidesti di aiutare, quella mattina, senza alcun motivo.
«Perché io ho sempre saputo che eri tu», dicesti. Non esitasti un secondo davanti a tuo padre, e con la sicurezza di un uomo esclamasti «Ismael sarà il mio compagno d'armi d'ora in poi!»
Avevi solo otto anni.
Quella tua innata sicurezza non ti abbandonò nemmeno davanti agli dei, davanti a tua madre. Se ci ripenso, sento ancora le gelide mani di Teti sulla mia gola.
«Elìas diventerà un Dio» mi disse, con lo sguardo colmo d'odio. Sin dal nostro primo incontro mi ripeté quanto fossi inadatto per starti accanto, che ti avrei rovinato. E adesso, dopo più di diciassette anni, posso dire che aveva ragione.

Un eroe invincibile, più grande di suo padre. L'Aristos Achaion, migliore dei greci, così ti chiamavano. Eppure una debolezza la avevi, e lo sapevamo entrambi.
Ero io il tuo punto debole. Io la causa di ogni tua sofferenza. Io, e soltanto io, anche adesso mentre mi tieni tra le tue braccia continuo ad esserlo. Vorrei così tanto stringerti ora, sussurrarti che va tutto bene, che non serve piangere. Vorrei soltanto poter consolare il mio piccolo eroe come ho sempre fatto, ma non ne ho la forza.

Ricordi quella notte, amore mio?

Quando soli, sotto le stelle del Monte Pelio, le nostre labbra si sfiorarono dopo anni di attesa. Non serviva nasconderci lì. Potevo finalmente stringerti, toccarti, baciarti. Potevamo fare ciò che volevamo, che sognavamo! Eravamo come Dei all'alba del mondo.
Avevi solo tredici anni, e sembravi già così grande. Un vero uomo, il mio uomo.

Sapevamo come sarebbe finita. «Se Elìas andrà a Troia, avrà gloria ed onori. Sarà il guerriero più forte di tutti i tempi, il suo nome verrà ricordato per secoli.» Ricordo ancora il tono della voce di tua madre. Per la prima volta, non era lì per uccidermi. Non mi stava parlando da Dea, non era lì come Teti: era lì per chiedermi aiuto. Voleva che ti proteggessi, amore mio, ed ho fallito. «Se partirà, Ismael, lui non farà ritorno.»

«È nato per questo» era ciò che volevo dirle, guardandola accanto a me seduta sulla riva del mare. Ma da egoista quale ero e sono, risposi soltanto «Non posso accettarlo».

Non riuscii ad accettarlo nemmeno quando, approdati ad Aulide, migliaia di soldati provenienti da tutta la Grecia urlarono a squarciagola il tuo nome. «È arrivato il principe di Ftia, l'Aristos Achaiondicevano. Sembravi brillare di luce propria, e sapevo che era merito di tua madre. Ti stava dando la gloria che meritavi, per un sacrificio tanto grande. Ed eri così felice, così appagato da quella situazione che preferii restare in disparte, a guardarti da lontano. E nonostante tutto ti voltasti, cercando il mio sguardo di approvazione, e non appena sorridesti mi parve di vedere il sole.

«È soltanto un'arma.»

Sedici anni, e già agli occhi dei greci eri diventato questo. Ancor prima di toccare le sponde di Troia.

«Gli eroi non dovrebbero amare, sono nati solo per compiere le loro imprese ed essere semplici pedine nelle mani degli Dei. Lui non sarà mai un'eccezione, né tanto meno la tua eccezione. Vi distruggeranno entrambi.» Le parole di Odisseo quella volta mi colpirono così profondamente, che ancora adesso ne soffro. Di nuovo, ero la tua rovina. Ma ciò che più odiavo di quella situazione era la superficialità con cui parlavano di te.
Per tutti eri un eroe spietato, il migliore; nulla di più. E dimmi, mio principe, quando tutto questo sarà finito, chi oltre me saprà della tua umanità? Chi altro potrebbe parlare del tuo sorriso, delle tue paure? Chi altro potrebbe raccontare delle notti insonni che abbiamo passato, delle lacrime che ti ho asciugato?

Sono io l'unico a conoscere il vero Elìas, e non avrò mai il tempo di raccontarlo a nessuno.

Nove lunghi anni sul campo di battaglia, e sin dal primo giorno capii di aver perso il mio piccolo. La prima volta che ti chiamai in questo modo, la ricordi? Non smettevi di chiedermi di ripeterlo. Ti faceva forse sentire protetto? Lontano dalla realtà, da tutte quelle enormi aspettative che gravavano su di te a soli sedici anni?

Eppure mi resi conto di non aver più davanti un bambino quando scagliasti la tua prima lancia contro i troiani. A metri e metri di distanza, lì da dove nessuno sarebbe riuscito a centrare un nemico, tu lo colpisti dritto al petto. E poi un altro ancora, e poi un altro, fino alla loro prima ritirata.
Te ne accorgesti, del mio sguardo distrutto. La verità mi era stata sbattuta in faccia nel modo più violento possibile: tu eri nato per combattere e io avevo rotto l'equilibrio. Ricordo ancora le lacrime che versasti sulla mia veste, quando restammo soli. «Sei cresciuto» fu l'unica scusa che riuscì ad usare per giustificare la mia freddezza, e tu scoppiasti in lacrime. «Non smettere di considerarmi il tuo piccolo! Non odiarmi, continua ad amarmi nonostante ciò che sto diventando!» rispondesti, facendo crollare anche me.

Non serviva chiederlo. Ti ho sempre amato, e continuerò a farlo. Anche nell'Ade.

Forse me la sono cercata; ho disobbedito agli Dei pur di restare al tuo fianco, ho scatenato l'ira di Apollo e chissà quanti altri mandando in fumo i loro piani.
Eppure quanto vorrei chiedere loro solo un altro giorno, solo un briciolo di vita in più a cui aggrapparmi.
È ancora così presto. Hai solo venticinque anni.

So già che se muoio io, tu non sarai distante. L'ho sempre saputo, e non te l'ho mai detto. Perché vivere nell'angoscia e nell'attesa è la sensazione peggiore al mondo.
Probabilmente adesso stai ancora peggio? Avrei dovuto dirtelo?

Ricordi quando mi dicesti che saresti stato il primo eroe felice, Elìas?

Ci ho sperato fino alla fine, ma guardandoti adesso mi rendo conto di quanto stupidi siamo stati. Sarebbe stato bellissimo.

E invece, ti sto trascinando giù con me.

Perdonami se non sono stato alla tua altezza. Forse quel giorno di diciassette anni fa, non avresti dovuto scegliere me con così tanta sicurezza.

Ti prego, sorridi. Sorridi solo per me, un'ultima volta.
Non voglio che sia questo l'ultimo mio ricordo di te.

Riesco ad asciugarti le lacrime un'ultima volta, con le ultime forze che mi rimangono. Le tue mani sono sporche del mio sangue. Stai tremando.

Non volevo.

Riesco a sentire le tue labbra sulle mie, un'ultima volta. Poi ti guardo, in silenzio, sentendo la vita scivolarmi via.

Promettimi che non mi dimenticherai.

Stringimi, Elìas.
Un'ultima volta.






Questa one shot la dedico alla mia migliore amica Viviana.
Ti amo amore mio.♥

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