No feelings

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Erano passati alcuni giorni. Giorni che Jane aveva trascorso aiutando Eliza e, soprattutto, cercando di evitare la banda: c'era riuscita, almeno fino a quel momento. La lezione di letteratura era appena terminata, e la ragazza si era avviata verso il suo armadietto per recuperare l'occorrente necessario per la lezione successiva. L'apertura con combinazione del lucchetto era stata una bella sfida per lei, abituata com'era ad una casa in cui le serrature erano un fatto puramente estetico (chi mai sarebbe entrato a rubare qualcosa in una fattoria nel bel mezzo del nulla?), ma finalmente aveva imparato ad usarla: quella mattina il meccanismo scattò al primo tentativo e l'anta dell'armadietto si aprì con un movimento fluido. Jane era sul punto di esultare, ma poi si ricordò cosa era andata a prendere, e quella piccola conquista non le sembrò più così grandiosa.

"Che voglia di fare matematica adesso! Ma chi me lo fa fare? " Pensò amaramente mentre si infilava il libro di algebra sotto braccio. "La cosa più frustrante è che non ho neanche molte occasioni per uscire e liberarmi da questo inferno chiamato liceo, e tutto per colpa di quel tiranno. " Il pensiero di suo padre la fece fremere di rabbia, rabbia che Jane sfogò chiudendo l'armadietto con forza. Non fece in tempo a sentirsi meglio che vide una spiacevole sorpresa aspettarla proprio dietro l'anta che aveva appena chiuso.

"Hey Jane!" Esclamò la spiacevole sorpresa, facendola sobbalzare. "Ti vedo carica." Richie la stava fissando con quello che doveva essere uno sguardo affascinante e penetrante. Ma se c'era una cosa che Richie Cunnigan non possedeva, era sicuramente il fascino. Era appoggiato con un braccio all'armadietto accanto al suo, in una posa tipica di un giocatore di football intento a sedurre una cheerleader. Ovviamente lui non era neanche lontanamente simile a uno sportivo, e lei non era una cheerleader. Camicia larga, rossa e a quadri, lasciata sbottonata per mostrare una maglietta nera, dalla fantasia psichedelica, jeans troppo grandi, e scarponcini enormi: uno dei tipici outfit del ragazzo, di cui Jane non riusciva a trovare un singolo pregio.

"Hey Richie, che... bello vederti qui, dietro al mio armadietto... davvero una gioia." Rispose lei, esibendo il sorriso più falso della sua vita.

"Volevo chiederti... dove sei finita?" Le chiese lui, posizionandosi esattamente davanti a lei e bloccandole ogni via di fuga.

"Sono qui."

"Questo lo vedo, ma sono dovuto venire a cercarti io. Di solito è il contrario. Sono le ragazze a cercare me."

"Davvero?" Chiese in risposta Jane, senza riuscire a mascherare l'incredulità a quell'affermazione. Davvero non riusciva ad immaginarsi delle ragazze che cercavano Richie. Con le basette, i capelli unticci, l'acne e quell'insopportabile tono da saputello, non poteva certamente essere il sogno di molte, soprattutto considerando il resto della popolazione maschile di quella scuola.

"Ma certo. Io suono la chitarra e, tra parentesi, sono il migliore qui dentro a farlo. E poi lo sai cosa si dice sui chitarristi..." Rispose lui ammiccando leggermente.

"Sì, certo. Oltre a sapere esattamente che cosa si dice dei chitarristi sono anche sicura che tu non sia l'eccezione che conferma la regola." Disse lei, con un'ironia pungente nella voce. Non vedeva l'ora di levarsi quell'individuo di torno. "Senti Richie, sono in ritardo e devo andare a lezione, quindi dimmi che cosa vuoi e fallo in fretta."

"Abbiamo scritto una nuova canzone, ci piacerebbe che venissi a sentirla. Dopo quella prima volta non sei più venuta nella tana. Perché?"

"Perché sono in punizione. Ed è lo scantinato del negozio di dischi del signor Smith, non una tana. Fidati, in Australia di tane ne ho viste tante, e quello non lo è."

"Ah. E perché?" Chiese ancora Richie, perplesso.

"Perché sono in punizione o perché non è una tana? Per la prima la risposta è: perché mio padre è uno stronzo e un despota, per la seconda perché è una stanza incredibilmente pulita, ordinata e priva del caratteristico odore di pelo succido ed escrementi." Disse lei, spingendo Richie ed aprendosi la strada verso il corridoio. Mentre camminava udì alle sue spalle il ragazzo urlare:

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