» take me back.

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22:30.
16 / 06 / 2017.

Non sono un amante della stagione fredda, delle lunghe notti e i capelli bagnati dalla pioggia.
.. Beh, soprattutto perché l'acqua piovana causerebbe una gran perdita di colore dalla chioma che fiero sfoggio ogni giorno.
Ciononostante, qui mi trovavo, affrontando l'incubo chiamato inverno.
Non ero neanche sicuro del perché fossi fuori casa quella sera, noncurante delle possibili conseguenze.
Passeggiai da solo, con i miei skinny jeans con due strappi su ambedue le ginocchia, converse e giacca di pelle, usurpato dalla pioggia acida.
Non vi era la benché minima preoccupazione di procurarmi un ombrello, appena messo piede fuori casa, anche se a conoscenza del meteo.
Certo, Michåel!
Tu sai sempre tutto e non te ne preoccupi mai, suggerì una voce sfocata nella mia mente.
Ormai le uniche entità con cui avevo contatti erano libri, strumenti musicali e specchi.
E sarebbe divertente giustificare la solitudine con qualcosa di banale, un po' come "Ho avuto dei problemi, voglio stare solo" .
Sì, come fanno tutti.
Non vi è la necessità di giustificare ogni minima mossa?
Non siamo abituati a lavare via ogni colpa?
Eppure io non ne sono mai stato in grado, per questo non mentirò.
Non soffro di malattie psicofisiche, nè mentali, nè motorie.
Mi limito a osservare, tenere la verità per me e stare in disparte.
Mi piaceva in questo modo, il mio modo.
La mia routine.
Dopotutto sono un uomo di scienza, non potrei mai dar conto a insulse valanghe di emozioni o addirittura pensieri.
Non avrei mai svolto un'attività senza prima ricevere una spiegazione logica, perfettamente funzionante e ben strutturata.
Cosa ci spinge a dar conto al cuore? Cosa ci frena dall'accettare la verità quando necessaria?
Perché abbracceremmo una persona bugiarda, noi umani, pur di non ascoltare la verità? Il semplice ordine delle cose?
Ahimè, finiva sempre così.
Ogni singolo momento passato fuori casa, tralasciando biblioteca o scuola, lo passavo in questo modo.
Sovraccaricavo la testa di domande, enigmi e paradossi incredibili fino a scoppiare.
Finché la notte non mi avrebbe preso con sè, come ormai premurava ogni giorno, solo per qualche ora.
Non ero solito dormire molto, a proposito, tutt'ora non lo sono.

Parlo al passato, sì, ma perché?
Quale vicenda sto narrando, poi?
Che sciocco, Michåel.
Ripetevo fra me e me, inciampando di tanto in tanto in una pozzanghera, mentre il verde acceso dei miei capelli scorreva lungo le pallide gote, un po' arrossate dalla bassa temperatura.
Arrivai fino al ciglio della strada, lì dove non vi era popolazione, solo alcuni semafori e auto parcheggiate, illuminate da un solo lampione.
Un sorriso accompagnò alcuni secondi del mio viaggio, rimembrando il caldo di New York.
Oh, sì, giusto.
Sono un Australiano, il mio cuore batte solo per Sydney.
E .. fa freddo, eh?
Vi narro di Giugno, all'incirca, dove dall'altra parte del mondo non scorgeva traccia di un raggio solare in cielo.
Ovunque passavano le giornate in spiaggia, a scottare la pelle e bere Mojito ghiacchiati, peccato che a casa mia non vigesse tutta questa accoglienza, in questo periodo dell'anno.
Ma che dire?
La natura deve fare il suo corso e in cambio, avremmo goduto di sette mesi di puro calore.
Chiunque mi conosca sa bene quanto la mia temperatura corporea sia bassa, sempre fredda, cullata dal pallore della pelle e il ghiaccio nei miei occhi, nonostante le mie labbra rosse fornissero contrasto.
Sono / ero, un amante del caldo, dell'estate, del bel sole che senza timore avanzava dopo settimane di allenamento, solo per noi.
Lo direste mai, guardandomi? A primo impatto? Quale sarebbe la prima impressione?
Magari un po' scorbutico, legato ai colori scuri a coprire il corpo e l'aurora boreale fra le ciocche, nessuno affilierebbe il sole a me, tranne il sottoscritto.
Se ne avessi avuto il potere, chissà come avrei bandito il freddo dall'Universo.
Eppure, eppure, eppure ..
Solo pensare alla vastità di animali che traevano beneficio da esso, mi si ghiaccia il cuore.

Arrivai alla conclusione di dovermi sedere da qualche parte.
Scovai uno scalino posto ai piedi della porta d'ingresso di qualcuno, supposi un vicino e presi posto lì.
Incurvai la schiena verso il basso, col volto chinato e le punte dei piedi a scontrarsi.
Incrociai le braccia al petto e serrai le palpebre per un attimo, un lieve e veloce secondo prima di tornare alla realtà,
l'uggiosa realtà.
Non saprei come definire la mia fantasia ;
se colma di idee, larghe vedute e fuochi d'artificio o pari all'inchiostro di una penna nera.
Mia madre dice sempre che sono intelligente, o meglio, lo dice il quoziente intellettivo superiore alla norma stabilito da test attendibili, ma penso che la sua opinione conti di più.
Dice anche che godo di ottima creatività .. eppure a volte mi sento vuoto, pronto a scappare dinnanzi una parete bianca, anziché dipingerci su.
Quella sera, quando chiusi gli occhi, non vidi nulla.
Mi sforzai addirittura di immaginare qualcosa, ma l'unico modo di percepire un'emozione era una delle tante gocce lungo la fronte.
Va bene, non è la serata giusta.
Così, ormai arreso dai miei pensieri malfunzionanti, mi alzai con uno slancio delle dita dal gradino dov'ero seduto, pronto a tornare a casa.
Infilai entrambe le mani nelle tasche laterali del jeans, stavolta con lo sguardo rivolto chissà dove.
Osservavo le finestre lungo il mio cammino, dalle quali si potevano osservare ombre di persone nelle loro stanze, alcune dietro delle tende, le più riservate.
Ci fu una persona fra le tante a catturare la mia attenzione ;
un mio compagno di corso.
Non ricordavo il suo nome, l'unico segno che mi diede modo di identificarlo fu la chioma bionda sempre colma di lacca, rivolta all'insù.
Si intravedeva ben poco, non ero neppure a conoscenza abitassimo nella stessa via.
Credo stesse leggendo un libro, ai piedi della finestra, con le spalle poggiate ad essa.
Un sorriso sghembo si piazzò sul mio volto, che scenetta da film.
Decisamente disgustosa.

Scossi il capo quella sera, riprendendo il sentiero verso casa.

Clap With Me // Muke Clemmings ♡ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora