3. Non pronto a lasciarti andare

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Era andato a prendere la metro, la linea B di Roma. Direzione? Neanche lui veramente lo sapeva. Con una fretta innata era corso fino alla stazione più vicina e, mentre Simone, con qualche goccia di alcol nei pensieri e nel corpo gli dettava l'indirizzo della discoteca, il cantante aveva passato i tornelli e non aveva prestato attenzione né all'orario né alla solitudine del posto. Dentro un vagone, in piedi accanto alle porte, c'era un signore ubriaco. Nelle tasche davanti della giacca, due bottiglie chiuse, probabilmente con dentro dell'alcol. Uno qualsiasi. A parte loro due, nessuno su quella tratta. Einar alla metro non si sarebbe abituato mai, un po' per la puzza, un po' per la solitudine che essa gli recava. Non sapeva cosa gli stesse succedendo: erano giorni che non sapeva esprimere cosa provava dentro e si sentiva terribilmente solo. Aveva un enorme vuoto a lacerargli il cuore, faticava a dormire o, addirittura, non dormiva proprio. Tutto quello che voleva dire lo aveva bloccato dentro, nella tasca destra dei jeans, scritto a mano in un pomeriggio come tanti.

Non riusciva ancora a spiegarsi del perché Filippo fosse arrivato a tanto, ubriacarsi e chiamarlo, quasi incazzarsi con lui. Perché era scattato così? Lo aveva ferito con le parole poche ore dopo averlo fatto sentire amato da un bacio, e non riusciva a capacitarsi di come quegli atteggiamenti potessero provenire dalla stessa persona, fossero due lati della stessa medaglia. Lo aveva sempre difeso, nonostante tutto e tutti.

«Smettila, meriti di meglio.», è ciò che gli aveva detto Carmen dopo aver visto il modo prepotente in cui Irama aveva lasciato la conversazione a cena. Lui non era mai stato bravo a gestire i sentimenti, e forse la ragazza aveva ragione nel dirgli che non era in grado di mantenere un "certo tipo di rapporto", soprattutto vista la situazione a casa. Aveva anche ragione quando gli aveva detto, sempre quello stesso giorno, "secondo me neanche tu sai quello che vuoi". Vero. Verissimo. Era da sempre un'indeciso cronico. Ma su una cosa non aveva dubbi: lo voleva. Lo voleva e lui il giorno seguente avrebbe potuto lasciare il programma o essere smistato nella squadra opposta. Certo, era felice all'idea che finalmente avrebbe potuto continuare a studiare per poter realizzare il suo sogno, ma non lo era affatto per l'eventualità di una separazione.

Sentiva di conoscersi bene, lui e la sua paranoia, accompagnata dalla gelosia, aveva paura fosse in grado di uccidere un rapporto, il loro. Già vedeva Filippo uscito dal programma, pieno di fama, con qualcun altro mentre velocemente lo lasciava perché, semplicemente, quella persona era lì ed Einar no. "Non funzionerà mai", continuava a ripetersi, passo dopo passo, in direzione del locale. E ancora non capiva come avesse davvero incalzato la strada col cuore in mano per quella che sembrava una relazione impossibile. Aveva bisogno di vederlo, di capire se stava bene o meno, capire se un po' lo odiava; in fondo, bastava una sola occhiata per analizzare un suo stato d'animo. Il cubano sentiva l'angoscia dentro quando notava con immenso dispiacere che l'altro era triste, che c'era qualcosa che non andava. Il ventiduenne fumava e beveva di più in quelle situazioni, aveva notato anche quello. Era invece davvero felice quando notava che l'amico stava bene.

Volevo dirti che il caffè lo preferisco zuccherato, che quando piove mi dimentico sempre l'ombrello, sono sbadato ma alla fine mi piace sentire la pioggia che mi scorre sul viso. Vorrei dirti tante cose, vorrei dirti che forse non sono la persona dolce e carina che vorresti, sono distratto, lunatico, mi innervosisco spesso e quando lo faccio inizio a toccarmi i capelli in modo molto irritante. Vorrei dirti che non mi sento così sicuro di me come pensi e che mi tremano le gambe ogni volta che canto una canzone. Vorrei dirti che dico di non credere ai desideri ma in realtà ne esprimo in continuazione, tanti, diversi, sempre più impossibili. Vorrei dirti che sto bene da solo, ma in realtà non è vero, perché da soli non si sta poi così bene, vorrei dirti che amo le cose semplici, vorrei dirti tante cose di me e ti prometto che ti dirò tutto, ma promettimi che mi aspetterai, come io aspetterò te.

Fidati ancora di me. « EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora