6. Voglio solo te

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Era stato abbastanza sbadato da dimenticarsi per l'ennesima volta le chiavi della stanza. Non era neanche più una novità per lui, dal giorno in cui la produzione gliele aveva affidate, tutti si erano accorti di quanto fosse difficile per Einar ricordarsi di metterle nella tasca della giacca e non tornare in hotel con l'ulteriore preoccupazione di riuscire o meno ad accedere alla propria camera. Simone aveva anche avuto la grande idea di legarci un braccialetto di colore giallo acceso attorno al gancio dove ne si leggeva il numero; anche egli era stanco di dover continuamente alzarsi, ad orari improponibili della notte o del giorno, per dover semplicemente sbloccare la maniglia. C'erano state anche diverse occasioni in cui, un po' arrivato allo stremo, aveva detto al compagno che, forse, vista la situazione, era meglio non chiudere affatto. Poi avevano notato che alcuni oggetti avevano iniziato a sparire misteriosamente e, a suo malgrado, il cubano se ne era uscito con l'ennesimo cazziatone da parte del compagno e la rimuginata promessa di impegnarsi con il fatto delle chiavi.

Quella mattina però, forse per l'emozione dell'imminente incontro con Valentina, forse per il suo essere continuamente sovrappensiero, non aveva tenuto fede alle sue parole. Che la cosa che più lo faceva sorridere era che lui, il posto in cui si trovavano le sue chiavi, lo sapeva perfettamente: aveva preso l'abitudine di inserirle nel suo quadernetto nero, quello su cui appuntava varie correzioni ai testi delle canzoni e frasi random che aveva sentito ripetere nei mesi trascorsi nella scuola. Teneva una specie di diario segreto dove ci appuntava un pezzo di ogni persona che aveva incontrato e attraversato con lui la strada, in modo da non potersene mai dimenticare.

«Simo, lo so che sei qui dentro. Ti prego, apri.», con la coda un po' tra le gambe si era infine deciso a bussare alla porta della camera delle ragazze dove dormiva Emma e, dove era sicuro, avrebbe trovato anche il suo amico.

Era certo avesse sentito la sua richiesta d'aiuto ma, che per ripicca al non averlo ascoltato, non ci stesse prestando attenzione. Fu così che, passati dieci buoni minuti senza aver ricevuto la minima risposta, il ragazzo aveva dato un pugno forte alla porta per poi urlare «Apri la porta, coglione.», ed era poi rimasto lì, con la mano a mezz'aria e la faccia incazzata, indeciso sul da farsi, se andarsene una volta per tutte o continuare ad aspettare.

Era una giornata no, una di quelle che non sai perché, ma sei così. Necessitava una doccia bella calda in grado di cancellargli tutti i brutti pensieri ed aiutarlo ad essere carico per la diretta pomeridiana. Il talent era l'ultima cosa a sfiorare la sua mente e, la voglia di sedersi al suo banco in prima fila ed aspettare che la gente venisse eliminata o meno quel pomeriggio, gli sembrava una vera e propria istigazione al suicido.

«Coglione a me non lo dici.», disse una voce, che ebbe il potere benefico di distrarlo dai suoi pensieri. Era Biondo, aveva fatto lo sforzo di buttarsi un po' d'acqua fredda in faccia e mostrarsi con lo sguardo ancora molto assonnato, ed Einar non si era manco accorto della serratura che era scattata. «T'ho detto mille volte che te devi ricorda' la chiave. Cristo, me sembravi più sveglio.»

Il ragazzo, mortificato, non seppe come controbattere a quella affermazione così veritiera, si limitò quindi ad abbassare lo sguardo e fissare la punta delle sue scarpe. Fu allora che Simone sbottò con un «Vuoi entra' a prenderle o te devo trascina'?».

Nel camminare all'interno della camera passò vicino ad una manciata di letti vuoti, quello di Emma compreso, e la presenza di Biondo in quel posto si fece immediatamente a lui dubbia.

«Le ragazze dove sono?»

«So' annate via ieri sera. Dopo che io e Emma abbiamo litigato.»

«Hai litigato con Emma? Perché?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 29, 2020 ⏰

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