°Captain America°

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Dopo una doccia rinfrescante in un box lurido e con l'acqua non potabile che andava a scatti, e dopo essermi asciugata tutti i capelli che giuravo di tagliare solo per quanto tempo impiegavo per asciugarli, seguii Thomas di sotto, nel parcheggio. Avevo parcheggiato il pick-up, ma lui mi disse che avremmo preso la sua macchina. Non era il massimo, ma almeno sarei andata via con lui. Questa frase mi riportò alla mente quanto desiderassi passare alcuni momenti circondata da altri che non fosse Marya. Per quanto mi stesse simpatica, era l'unica con cui riuscivo a tenere una conversazione che non finisse con domande retoriche solo per non romanere in silenzio.
Ma con Thomas era diverso. Arrivammo a casa sua e, non dopo una fragorosa imprecazione perchè il motore si era spento troppo presto, salimmo le scale che portavano al suo appartamento. -Qui ci vivo da pochi mesi, ma la sento già un pò casa mia...non mi ci sono ancora del tutto abituato ma...è casa.-
Gli sorrisi, ammaliata. Era dolce, simpatico, gentile ed inoltre mi faceva morire dalle risate.
Aprì la porta numero 72 ed entrò con passo veloce. Era un appartamento non troppo grande ma nemmeno piccolo, con mobili sicuramente scelti da un arredatore e dai colori sobri perfettamente abbinati.
Fece un paio di passi di corsa in falsetto per atterrare con un salto sul divano color tortora del soggiorno illuminato dalle vetrate sull'ala est. Mi sedetti accanto a lui, pronta per vedere il film che tanto aveva esaltato. -Preferisci Capitan America o qualcos'altro?- io ero un pò confusa -Non mi hai portata qui solo perchè "non si può vivere senza aver visto un film della Marvel"?- sapevo benissimo la risposta
-Ehm...non esattamente sai. Volevo solo una scusa per portarti qui. Se non è il tuo genere cambiamo.- Che carino. -No no tranquillo. Ormai mi hai incuriosito.- dissi con tono cantilenante. Parve assolutamente a suo agio quando estrasse da un raccoglitore un vecchio CD tutto impolverato con scritto a grande lettere "Captain America".
-Wow. Di che era archeologica è questo?- lui sghignazzò -Dell'era in cui mio padre aveva un debole per questi film. Me li ha fatti guardare tutti e sento il bisogno di andare al cinema sempre quando ne esce uno. È come una specie di droga.- Io sorrisi -Dai, cominciamo. Vediamo di che morte devo morire.-
Era da anni che non scherzavo con qualcuno, a parte Mary.
Cominciò la lenta sigla, ma fin dai primi momenti si capì che nessuno dei due voleva stare attento al film. Ma io non volevo. Non volevo ritrovarmi in quella situazione. Non volevo che andasse a finire così. Perciò non voltai mai nemmeno la testa. Guardai il film.
Distratta dal suo respiro. Dal suo profumo. Dai suoi sbadigli. Credo che lui se ne accorse. Sentivo il suo sguardo puntato sulla mia tempia, e i suoi occhi squadrare il mio volto quando seguivo la sua catena di sbadigli.
Pensava che fossi diversa? Pensava fossi quella facile? Bè, si sbagliava. Non volevo nemmeno stare lì impalata a fissare uno schermo, perciò mi rilassai. Ero stanca. Molto stanca. Appoggiai la testa sul bracciolo del divano e penso di aver dormito per le due ore sucessive.

Mi risvegliai mezza tramortita, sobbalzando sulla stoffa ruvida del divano. Avevo una coperta bordeaux sopra le spalle e Thomas mi fissava, seduto sull'estremità opposta del divano. -Era ora dormigliona.- Mi disse sorridendo. Ma non era affatto il caso di sorridere. -Perchè non mi hai svegliata?- non pensava fossi arrabbiata -Stai tranquilla, eri solo molto stanca e allora ti ho lasciata riposare...- ma ero molto contrariata -Bè, per domani ho un compito di fisica, e non voglio certo prendere un'insufficienza per colpa tua. Già rischio il debito...- ma lui sorrise. -Io sono un asso in fisica. Davvero un asso.- Io mi interruppi -Che hai detto, scusa?- rise -Solo che...bè. Ti aiuto io.-
Di certo non sembrava il tipo da dieci in fisica, ma quando mi spiegava lui capivo istantaneamente tutto. Raccontava. Sembrava di sentire la prof, solo che lei non la considerava nessuno. Lui era il mio cinema privato. Dopo un paio d'ore di spiegazione, capii cose che non avevo nemmeno mai pensato di poter capire prima.
-Grazie- dissi, veramente riconoscente
-davvero, mi hai salvato la vita- di nuovo quella fossetta. La mia droga personale.
-Tranquilla, vieni qui quando vuoi. Ti accompagno alla tua auto?- era a pochi isolati, ma lo lasciai fare. Con lui mi sentivo ancora bambina, coccolata e curata. Accontentata e accompagnata. Nessuno era mai stato così attento a me. I miei erano quello che erano e...il resto era venuto da se.
Mentre il rombare del motore mi distraeva dai pensieri più oscuri e remoti, lui chiese quello che non doveva chiedere -E, da quanto sei in questa scuola?- io risposi con tono tranquillo, nonostante mi sentissi tesa come una molla.
-Da sempre. O meglio, ho iniziato qui l'università...- lui parve interessato -E da dove vieni?- automaticamente risposi -Oakins.-
Lui cercò spiegazioni nella mia risposta ma non ne trovò. Non volevo spiegare nulla.
-E perchè ti sei trasferita?- odiavo domande su di me -Cosa ti importa?- mascherai la modalità di difesa con una risata, che mi riuscì scarsa di entusiasmo. Passai in rassegna al mio repertorio di scuse, prima di ricevere una risatina di rimando. -Dai, sono serio.- Io lo guardai in volto -È solo che...è difficile.-
Lui, divertito -Ti cannavi?- io lo fulminai con lo sguardo. -Non eri serio?- lui -Certo. Ti ascolto se vuoi parlarmi. Prima di...ecco...far andare avanti la cosa.- Non capivo -Che cosa?- lui aggiunse -Bè il racconto. Non mi stavi raccontando la tua storia? Ho detto, ti ascolto.- Per un attimo mi ero illusa che...no...non importa. -Sì, immagino che dovrò raccontarti la storia. Ma non ora. Non mi fido ancora abbastanza. Penso tu sia un tipo un pò poco raccomandabile, sai?- partì un'altra risata.
-Bè, non hai tutti i torti- disse ridendo sommessamente. Non avevo molto da celare. Solo una storiella che qualcuno avrebbe potuto definire patetica. Ma era la mia storia. Per chi la vive in prima persona non è mai patetica. Prima di arrivare allo tsunami, le acque si ritirano. Questo significa che all'inizio non ti avcorgi quasi di nulla, poi tutto arriva all'improvviso e si riversa su di te.
Un'onda appunto. Ma a lui cosa poteva interessare, del resto? Ero una ragazza come un'altra, con una vita alle spalle, e che voleva rifarsi il mazzo per cambiare strada.
Ce n'erano molte come me. Nessuno che ti dà una spalla su cui piangere. Ma per me c'era Marya. D'un tratto cambiai angolazione.
La vita è troppo breve. Non potevo farmi vedere così, da lui.
-Accosta pure. Siamo arrivati.- dissi non appena notai la sfumatura in lontananza del cancello del college. -Tranquilla, ti lascio al cancello se ti vergogni di me.- Ma scherzava? No, ma dico. Scherzava spero. Lo volevo disperatamente accanto a me. Ma non ero pronta a uno così...-No, allora accompagnami se ti fa sentire più felice.-
Volevo mettere le cose in chiaro. Ma lo volevo veramente? -Senti- fu lui il primo a parlare -se io non ti vado giù fammelo sapere.-
Io sorrisi amabilmente...che falsa. -No, tu mi stai simpaticissimo ma...ecco...- lui sospirò -Non vuoi una cosa seria?- io lo ringraziai infinitamente per la facilitazione della mia impresa, ma solo con il pensiero. -Sì...esatto.-
Lui mi sorrise. Non sembrava convinto ma questo comunque mi diede fastidio. Almeno un pò. -Tranquilla.- Non lo potevo abbandonare così. -Senti...voglio che rimaniamo amici. Ma le tue avance non servirebbero a nulla.-
Rise aspramente. -Quindi mi stai dicendo di non dire apertamente che abbiamo una relazione segreta?- vista la mia faccia cambiò versione -Sì, dai ho capito. A domani...- io gli feci eco -A domani Captain America.-

Lei è mia, io sono suo...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora