QUOTIDIANE PRESENZE

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Il parcheggio è quasi deserto. L'asfalto è imbiancato, fa molto freddo.
Gli alberi oggi sono di cotone. Un velo di azzurro purissimo ricopre ogni cosa.
Mancano le quotidiane presenze.

Alle 8 c'è silenzio, è strana la sensazione. A quell'ora  ogni mattina Giovanni lo rompe il silenzio. Chiudo la portiera e lui mi viene incontro. Non saluta, non sorride, mi chiede soldi. Non glieli do e lui inveisce contro gli avvocati con sproloqui di ogni genere. Per lui io sono un avvocato. Una mattina ha esagerato.
"Ci vuole talento anche nel fare il suo non mestiere, e lei ne è totalmente sprovvisto. Anche un saluto, un sorriso alle persone che incontra ogni mattina le costano fatica..."
Ha borbottato ancora qualcosa. Da quel giorno non mi ha più parlato.

All'ora di pranzo c'è Stefano. E' alto, robusto, due piccoli cespugli le sue sopracciglia, zoppica, ha una stampella. Un berretto di lana blu in testa, dal quale escono i suoi capelli lunghi. Ha anche una grande borsa dove tiene, tra le varie cose, il cibo per il pranzo che consuma al sole, seduto sugli scalini di una casa, su un pezzo di cartone.
Solitamente mi viene incontro:
"Buongiorno Signora, oggi formaggio francese. Sa, una volta ogni tanto..."
Oppure:
"Stia attenta all'abbonamento, la data di scadenza è nascosta. Oggi sono passati, l'hanno notato..."
O ancora:
"Quest'auto non fa per lei, è più bella la sua", avevo l'auto di cortesia, una mini rossa.
È protettivo.
Stefano i soldi non li chiede, almeno non a me. È talmente piacevole la sua presenza che non ha bisogno di chiedere.
"Stefano, perché non va a mangiare in mensa? Starebbe al caldo!" Gli ho detto un giorno.
"Per carità Signora, lì fanno il mangiare dei bambini. Guardi..." tira fuori dalla borsa pepe, peperoncino e condimenti vari. "Non riesco a mangiare il cibo della mensa."
Gli ho domandato alcune cose della sua vita. Ha raccontato.
Stefano è un gigante buono, l'alcol ha rovinato la vita a lui e alla sua famiglia.

All'ora di pranzo, oggi mancano le opere d'arte contemporanea: quattro ragazzi che mangiano sotto il portico,  seduti per terra. Verdi, blu e fucsia i colori dei loro capelli. Piercing in abbondanza sui loro visi. Gli abiti? Neri, sempre. Odore di erba che si sente da lontano.
L''epilogo del nostro primo incontro è stato al di sopra delle aspettative. C'erano lattine e cartacce sparse ovunque.
Ho detto loro sorridendo:
"Questa via è anche un po' nostra. La frequentiamo ogni giorno, mi aiutate a tenerla pulita?"
Mi hanno solo guardata. Temevo una risposta feroce, invece no, hanno raccolto tutto.
Ogni giorno, durante il loro pranzo, io passo e sorrido.
"Buongiorno ragazzi." E loro "Buongiorno."
Oppure:
"Ciao ragazzi, buona giornata!" E loro: "Ciao, buona giornata."
Mi piace incontrarli. Alternativi e ribelli.
Che colore avrà il loro mondo interiore?

E poi ci sono loro: una coppia di ragazzi quotidianamente uniti da baci interminabili. Adoro i baci. La tentazione di fermarmi a guardarli c'è l'ho ogni volta. Non l'ho mai fatto. Non li ho mai visti parlare, si baciano e basta, sempre nella stessa posizione, sembrano parte integrante dell'arredo urbano.
L'immaginazione va oltre. Cosa sta succedendo all'interno di quei corpi? Mi piace pensare alla vita che scorre al loro interno, come un fiume in piena. Fuori arredo urbano, dentro un cataclisma. Vorrei fotografarli i baci, collezionarli.
Non l'ho ancora fatto.

Delle quotidiane presenze, oggi, ho sentito la mancanza.

Chiara, 13 marzo 2018

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