È ARRIVATA

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Si sono incontrate. Chi? Lei e la morte.

Sono passati quindici giorni. È domenica mattina, stiamo andando a una mostra fotografica a Torino. Squilla il telefono.
Zia se n'è andata, stamattina. Dice la voce.
Quando pensi faranno il funerale?, chiedo io.
Domani. Come domani? Sì, domani. Qui usa così.
Com'è possibile, solo 24 ore? Provo a darmi una spiegazione. Sarà perché al Sud fa molto caldo, però non approfondisco. Prenotiamo il volo della sera.

Il funerale è alle 17.30 del giorno seguente. Le amiche sono già là alle 8. Io arrivo alle 10. Saluto, mi siedo e osservo. Passano le ore. L'attenzione arriva su una cugina. Mi avvicino a lei e le dico: Signora, lei è bellissima, Posso fotografarla? Lei mi guarda stupita, gratificata dal complimento e mi dice: sì, se ha piacere...
Ha capelli lunghi grigi, raccolti in uno chignon alto, occhi verdi, ottant'anni e rughe lievi, rossetto discreto, abito nero, elegante. Mi chiede: Preferisce che sorrida o rimanga seria? Entrambe, dico io. Raccolgo ancora informazioni su di lei e scopro che recita in una piccola compagnia di teatro e scrive poesie. Ha vinto anche dei premi letterari. Mi avvicino di nuovo. So che scrive poesie, le dico. Mi farebbe piacere me ne regalasse una. Non le ho qui... Se vuoi te la posso recitare. Dice, passando al tu. Una in dialetto. Lo capisci il dialetto? Abbastanza, in ogni caso, adoro il dialetto. Comincia a recitare. Scompare anche quel leggero brusio in sottofondo. L'attenzione è tutta su di lei. Le donne si voltano, due in particolare. Nei loro occhi stupore. Nel copione, di coloro che stanno accanto alla defunta in attesa della cerimonia funebre, questo non è scritto. Le guardo e sorrido. Bello! Dice il mio sorriso. Sorridono anche loro. Dopo qualche attimo... Sì, bello! Dice anche il loro. Poesia e magia nella camera ardente.
Zia Mim se la riderebbe contenta.

Più tardi una delle due donne dal facile stupore, in camicetta bianca, maglioncino blu, capelli corti e occhialini dice:
Meh... ora preghiamo. Apre un libretto e inizia il Rosario. Io ho un'idiosincrasia per il Rosario. Ripetere pappagalescamente, enne volte le stesse preghiere, mi deprime. Mi adeguo. Mi zittisco solo su alcune frasi della Salve o Regina e della Preghiera di Fatima. La Salve o Regina non l'ho mai imparata, forse perché esuli figli di Eva, a te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime... non riesco proprio a dirlo, e anche ... perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno...

Avrei piacere di leggere una poesia in Chiesa, dico alle figliocce che si sono occupate di tutto. Va benissimo. Parlane a Don Michele appena arriva. Arriva Don Michele. Buon giorno, io sono Chiara, la nipote di Torino. Senta...  E lui: Ciao Dammi del tu. Io e te siamo pari... Che cosa vorrà dire? Non importa. Va bene, gli rispondo. Mi farebbe piacere leggere una poesia... Da noi non si usa, dice.  Comunque fammi vedere. La legge. Va bene. Ti dico io quando.

Zia Mim aveva scritto quattro pagine di istruzioni su come si sarebbe dovuto svolgere il funerale. Ho chiesto di poterle leggere. Attenzione a ogni dettaglio, scritte in un italiano elegante, totalmente privo di patetismi.
La foto; i fiori. Lei, si è occupata dei fiori, nel senso che ha voluto un cuscino per ogni gruppo di parenti: nipoti, cognati, cugini e sorella. Sono tutti lontani e questo era il suo modo per sentirli vicini, attraverso la volontà intendo; l'abito azzurro, coordinato a guanti, scarpe e velo; il corteo funebre con tanto di banda musicale. Il corteo non usa più, è occorsa un'autorizzazione. E la banda? Reclutata in un altro paese.

Mezz'ora prima che chiudessero la bara entra Tiziana, una ragazza molto carina.
La sorella dall'America ha mandato un messaggio, vorrebbe le foto del funerale, bara compresa, dice. Cattura l'attenzione di tutti. Ci penso io, le rispondo. Passo in mezzo alle donne. Non vorrei urtare la sensibilità di nessuno, la sorella ha fatto questa richiesta... dico. Con gli occhi chiedo la loro approvazione. Sguardi allibiti. Peccato non essere telepatica. Poi le espressioni cambiano. Quegli sguardi me la danno l'autorizzazione, almeno mi sembra.
Penso all'incipit di Così è la vita di Concita De Gregorio. Fotografo tutto, bara compresa.

Parte il corteo, io sono la parente più prossima, quindi la prima dopo il carro funebre. Parte anche la musica con le marce funebri. Agli angoli delle vie le persone salutano con la mano, mandano baci al feretro, alcuni si asciugano le lacrime. Io e Guido ci guardiamo, quasi divertiti. Abbiamo entrambi lo stesso pensiero: stiamo girando la scena di un film, però non mi viene in mente di quale regista. Guido cita un film dove Totò corre dietro a un carro funebre. No,  dico io, non c'entra con la nostra scena. Almodòvar? No, neanche. Camilleri, sì, la scena di una storia di un Camilleri Pugliese. Vecchine tra i personaggi. Sono troppo belle, anche loro vorrei fotografare. Le guardo e sorrido. Non sono abituate. Mi guardano stranite perché ai funerali si piange non si ride.

Sintetica ed efficace l'omelia di Don Michele. Alla fine della funzione, mi fa un cenno, mi avvicino al microfono - che ha deciso di tenere lui - e leggo la poesia di Charles Peguy. Dico ancora due parole mie. Un applauso. Venga Signora, qui si usa prendere le condoglianze, mi dice l'uomo delle Pompe Funebri.
Si avvicina Lina, un'amica di mio padre. Dal fondo alla Chiesa ho visto i tuoi occhi, gli occhi di tuo padre. Tu sei Chiara, mi dice. Che vista! Penso io. Mi abbraccia, con un abbraccio vero, l'affetto è percettibile.
Poi sfilano gli ex allievi regalandomi parole preziose:
Sua zia mi ha insegnato a scrivere.
Sua zia mi ha insegnato a vivere.
Sua zia è stata una grande insegnante.

Chiara, 22 maggio 2018

Vivere, osservare. E poi, parole.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora