"Gucci?"
Il ragazzo seduto sulla lunga panchina di legno interruppe la fuga di Harry dal tribunale. L'avvocato sapeva che quello che gli aveva appena parlato era il ragazzo della copertina del giornale, e nonostante l'avesse immaginato in modo diverso, non era deluso nel vedere i suoi occhi blu muoversi dalla sua acconciatura fino alle Oxford lucide. Il riccio si limitò a guardare verso il basso, e non appena intravide quell'orribile macchia si sentì sprofondare nel terreno dalla vergogna.
"Sapevo facesse cose strane, ma camicie con macchie di caffè fin'ora non ne avevo viste. Complimenti sei il primo."
Le sottili labbra del giovane si chiusero in una smorfia compiaciuta mentre le braccia ritornarono conserte come precedentemente. Harry si sentiva come in una bolla: la testa era stranamente leggera e qualcosa gli stava stringendo lo stomaco fino a farlo sentir male. Era ancora lì immobile a fissare il modo in cui le sue labbra si muovevano ad ogni parola, stava facendo la figura dell'idiota. Pensò velocemente a come poter ribattere, socchiuse leggermente le labbra e tentò di dire qualcosa.
"Non.. perchè.."
Le parole uscirono in modo completamente sconnesso e disordinato che neanche Harry riuscì a darne un senso compiuto. Quest'ultime vennero accompagnate da uno sguardo di sottecchi da parte del giovane seduto. Senza pensarci due volte girò su se stesso e si avviò verso l'uscita, desiderando di scomparire il più velocemente dalla vista di quel ragazzo. In meno di mezz'ora si ritrovò fuori dal suo appartamento, mentre aspettava che il suo coinquilino Aaron gli aprisse la porta.
"Devi smetterla di dimenticarti le chiavi sul tavolo."
L'amico lo rimproverò subito dopo aver incontrato il suo sguardo cupo.
"Che succede?"Riprese subito dopo il giovane. Non era solito di Harry avere quell'espressione sul volto; Harry è sempre stato un ragazzo tranquillo e il suo viso trasmetteva la maggior parte delle volte serenità. Invece che intraprendere un discorso, il riccio gli rispose con uno sbuffo esausto, si allentò il nodo della cravatta e lanciò la ventiquattrore sul divano al centro della stanza.
Si lasciò colmare la mente dall'idea di dover riparare la sua moto nuova di pacca che aveva avuto l'occasione di usare ancora poche volte. Odiava prendere la metropolitana, ma al momento preferiva risparmiare i soldi del taxi per riparare quest'ultima. Si cambiò velocemente e scese nel garage del condominio dopo aver afferrato la cassetta degli attrezzi, non curante del fatto che Aaron era ancora davanti alla porta in attesa di una risposta da parte dell'avvocato.
Dopo diverse ore passate sotto in serbatoio della moto, Harry, sentì i passi furtivi del coinquilino avvicinarsi a lui. Quest'ultimo incrociò le braccia al petto e tossì ripetutamente.
"Allora mi dici che succede o devi fare l'Edward Cullen della situazione?"
Il riccio spostò la testa verso la sua sinistra, inclinandosi leggermente per poter raggiungere lo sguardo di Aaron.
"Edwin Qwallen?""Ma ce la fai! Edward Cullen per Dio! Gesù cosa gli farei a quel ragazzo.."
Il coinquilino ammiccò nella direzione di Harry, il quale fece una smorfia di disgusto e ritornò ad avvitare il bulloni posti sotto la marmitta."Fatto sta.. che non so neanch'io cosa sia successo.." Harry cercò di spiegare la situazione, e più che ad Aaron a sè stesso. Cosa gli stava succedendo?
"Come sta andando con Lisa?"
Aaron cambiò velocemente discorso, cogliendo il riccio di sorpresa.
-Cazzo!- imprecò mentalmente Harry; avrebbe dovuto scriverle com'era andata la cena di famiglia..
"Uuff, beh diciamo che.."
"Direi che -uuff- sia abbastanza." Interruppe bruscamente il coinquilino alzando le mani al cielo. "Non ho mai pensato che foste fatti per stare insieme, Harry.. Hai bisogno di qualcuno che ti prenda, cazzo! Ti sei scelto una che non sa neanche cosa sia la Vodka. Cristo amico, hai bisogno di fare delle cazzate con la tua metà, non di fare cene del cazzo e seratine al cinema."
Harry sorrise un po' al pensiero di una persona che gli avrebbe fatto provare l'adrenalina che aveva represso per tutto quel tempo. Alla fine erano questi gli anni dove gli era concesso fare cazzate, dove non c'era ancora il pensiero di una famiglia fissa.
"Credo che tu abbia ragione.."
Il riccio si spinse faticosamente verso il basso, cercando di togliersi il serbatoio della Honda da sopra il petto. Si asciugò con il polso la fronte imperlata di sudore e, involontariamente, si sporcò maggiormente di grasso quest'ultima."Zio Aaron ha sempre ragione, dolcezza.. Ti vedrei bene con un bel teppistello."
"Aaron forse dimentichi che sono etero."
Harry scoppiò in una fragorosa risata mentre utilizzò il bordo della la maglia bianca per pulirsi le mani."Per favore Harry.. Sei la persona più potenzialmente gay che conosca."
Il ragazzo si fermò incredulo dopo quell'affermazione: non si era mai immaginato da gay.. insomma, non lo era. Lui era etero, fine della discussione, non si era mai ritrovato a pensare ai ragazzi in quel modo. Tranne quando il suo compagno delle elementari Nelson gli regalò un lego azzurro e lui decise che quello sarebbe stato il suo nuovo fidanzato.. ma da bambini non conta: tutti da bambini non sanno quello che fanno e si divertono trovando nuovi fidanzatini e baciandosi sotto agli scivoli.. o almeno credeva.
"Dai forza.. ora di cena, piccolo"
Il coinquilino si girò frettolosamente ed iniziò a muovere le gambe verso le scale per raggiungere l'appartamento. Forse era lui che con i suoi pensieri da gay vedeva tutto il mondo come tale, pensò il ricciolo. Non che Harry odiasse i gay, anzi, li trovava.. carini..
-ma a che cazzo sto pensando!- scosse la testa e sospirò profondamente riprendendosi da quegli stupidi pensieri e seguì il coinquilino in casa per preparare la cena.
Quella sera la sua mente rimase fissa sul ragazzo dai capelli lisci e color caramello visto la mattina stessa; non aveva voglia di chiamare la sua ragazza nè tantomeno di farsi chiamare da lei: quest'ultime erano infinite, e spesso molto noiose, passate a vederla pettinarsi o a parlare di quanto fosse stata interessante la sua giornata priva di impegni..
Forse il suo coinquilino non aveva tutti i torti a dire che aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a svagarsi, e non a fargli venire voglia di suicidarsi.