Burning

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"I've been burning, yes I've been burning. Such a burden this flame on my chest"


Filippo non credeva per niente ai suoi occhi, quel ragazzo con gli occhi azzurri come il cielo era davvero Einar. Si abbracciarono per qualche secondo e Filippo sentì un leggero brivido alla schiena, a cui però non fece molto caso.

-Dove eri finito?- chiese Filippo.

-Io.. Mia madre era andata da sola a Cuba a trovare mio padre, ci aveva trovato un posto nuovo, Brescia, ed era rimasta lì per circa un anno. Mi sono dovuto occupare della famiglia da solo e nel contempo dovevo anche mantenere il lavoro di operaio, quindi non sono mai riuscito ad uscire tanto. Solo che...-. Einar si interruppe e Filippo per un secondo poté notare che l'amico aveva cominciato a respirare più velocemente.

-Che è successo poi?- chiese per spronarlo a parlare.

-Quando era tornata.. non sembrava più lei, lo avevo subito notato. Gli occhi erano più spenti, il più delle volte fissava il vuoto anche mentre cenavamo e non svolgeva nessuna attività, se non quella di rimanere in camera sua ad osservare la finestra. Era morto mio nonno, suo padre, davanti ai suoi occhi- spiegò Einar con un tono di voce basso senza guardare negli occhi Filippo. -Scusami Fil, avrei dovuto dirtelo, probabilmente adesso non vorrai più avere nulla a che fare con me nonostante siamo costretti a passare tempo insieme..-.

Filippo sorrise. Einar non era cambiato di una virgola, era sempre quel ragazzino che faceva tenerezza a tutti con il suo accento spagnolo e col suo sorriso, era sempre quel ragazzino che cercava di risolvere problemi, certe volte anche più grandi di lui, solo per vedere un sorriso sul volto delle persone a lui care. Vedeva ancora quel ragazzino a cui teneva a momenti più della sua stessa vita, perché si era imposto di volergli bene e non smettere mai.

-Non preoccuparti Ein- disse. Einar sorrise, per poi prendere i vestiti, andare a cambiarsi in bagno e non appena uscì continuarono a parlare mentre raggiungevano la hall dell'hotel.
Biondo presentò gli altri a Filippo ed uscirono dall'hotel per andare a fare un giro nella capitale. Mentre camminavano e parlavano, Filippo si trovò a pensare ad alcuni momenti con Einar.

Uscirono verso le 20 e si trovarono nel centro della città, mentre gli anziani erano ai bar a giocare a carte ed i bambini mangiavano il gelato. Einar prese il polso di Filippo e lo portò verso la piazza centrale, dove c'erano un pianoforte ed un microfono che servivano alla banda della città.
-Ein, che facciamo qua?- chiese Filippo.
-Non ti sembra ovvio, amigo? Cantiamo! O almeno, tu canti ed io suono!- rispose Einar che intanto si era seduto sullo sgabello del piano. Filippo decise di assecondare l'amico e si posizionò di fronte al microfono. Sapeva che Einar era bravissimo al piano, lo aveva sentito molte volte a casa sua ed ogni volta rimaneva senza parole.
-Cosa suoni?-.
-Voglio vedere se la riconosci- rispose Einar e cominciò subito a suonare. Alcune persone si erano voltate nella loro direzione.
Riconobbe subito "My heart will go on" di Celine Dion e, sorridendo, cominciò a cantare al microfono. Cantare lo rendeva libero ogni volta che chiudeva gli occhi, come se stesse volando sopra allo spartito delle canzoni che cantava, e sperava di riuscire a trasmettere le sue emozioni, le sue paure ed i suoi sentimenti.
Non appena i due finirono, videro che attorno a loro c'erano persone che li guardavano ammirati e cominciarono ad applaudire.
-Questo applauso è per te- gli disse Einar raggiungendolo da dietro.
-Per noi- corresse Filippo e gli prese la mano per poi alzarle in segno di vittoria.

Arrivarono insieme davanti a San Pietro e si divisero, dandosi un orario ed un luogo preciso di ritrovo. Filippo era con Einar, Biondo ed una ragazza di nome Emma. I quattro decisero di andare a visitare la città, ma non la visitarono molto poiché continuavano a chiacchierare, ridere e scherzare.

-C'avete un culo enorme voi due, 'o sapete?- disse Biondo ridendo.

-Yeah, che fortuna!- continuò la maltese.

-Già, è stata una grande coincidenza!- esclamò Einar circondando le spalle di Filippo col suo braccio sinistro. Di nuovo quel brivido. Ma nemmeno questa volta ci fece caso.

Camminarono ancora per qualche metro, poi decisero di fermarsi ad un bar. Filippo ordinò un caffè lungo, Einar un latte macchiato con polvere di cioccolato, Emma un cappuccino e Biondo un caffè macchiato. Il monzese si trovò a pensare a come potesse identificare le caratteristiche comportamentali delle persone che lo circondavano e anche di se stesso. Per esempio, Einar mostrava un carattere tremendamente dolce ed ingenuo, che però era "macchiato" dalla delusione e dalla tristezza, che in quel momento era rappresentata dal caffè; Emma invece, per il poco che si erano parlati, aveva un carattere deciso nonostante l'aspetto esteriore che faceva presumere fosse la dolcezza in persona; infine Simone era praticamente l'opposto di Einar, cioè che sembrava aver affrontato molte difficoltà ma sempre col sorriso.

-A che pensi Fil?- chiese Simone interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

-Cosa? Oh, nulla, non preoccuparti- rispose sorridendo. Prese un secondo il telefono e vide due chiamate perse da sua sorella, probabilmente voleva sapere come stava andando. Si scusò con gli altri, pagò il suo caffè ed uscì per chiamarla.

-Pronto?- rispose Jolanda dopo tre squilli.

-Ehi!- salutò Filippo.

-Filo! Allora ti ricordi ancora che esisto!- disse sua sorella ridendo.
Filippo rise insieme a lei e rispose alle domande che Jolanda gli fece. Parlò di Simone, di Emma e di tutte le persone che aveva conosciuto. Parlò della sua emozione nell'essere lì e che non ci credeva ancora.

-Ma non sai una cosa- aggiunse.

-Dai, racconta!- lo spronò la sorella.

-Il mio compagno di stanza, oltre a Simone, è una persona che conosci- disse.

-Lo conosco... Ah si?-.

-Già. Ti darò un indizio: non è italiano-. Ci furono alcuni secondi di silenzio e Filippo era convinto che gli avesse chiuso il telefono in faccia oppure che fosse saltata la linea, e proprio mentre stava per chiamarla sentì un verso sorpreso.

-Non mi dire che è Einar- disse.

-Già!- esclamò Filippo più entusiasta di ciò che dimostrava. Jolanda cominciò a chiedergli anche fin troppe cose insieme e si sentì le guance andare a fuoco nel momento in cui sua sorella gli chiese com'era di aspetto fisico e se gli interessava.

-Beh, e-ecco, n-non è brutto.. è diventato più alto, poi...- balbettò, ma venne interrotto dalla risata lieve di Jolanda.
-Perché ridi?-.

-Scommetto che sei diventato tutto rosso in faccia- disse evitando la domanda di Filippo. Ed in effetti era vero, sentiva le guance andare più a fuoco. I due parlarono ancora un po', poi Filippo salutò sua sorella e tornò dai suoi amici e dal suo caffè che si era raffreddato. Parlò con gli altri ma intanto continuava a chiedersi come mai avesse cominciato a balbettare.

Il giorno dopo Filippo si svegliò per ultimo grazie ad un cuscino lanciato da Simone ed Einar che si era sdraiato sulla sua schiena come da piccoli.
-EINAR, NON RICOMINCIARE!- aveva urlato Filippo cercando di sembrare arrabbiato con scarsi risultati e si beccò un altro cuscino addosso.

-Io te l'ho sempre detto che sei comodo- aveva replicato ridendo il cubano.

-Ao, se volete ve lascio liberi eh- disse Simone sempre ridendo. Filippo sentì di nuovo le guance accaldarsi. Ma che gli stava succedendo?

ᴛɪ ᴘʀoᴍᴇᴛᴛo ʟ'ɪɴғɪɴɪᴛo // ᴇɪʀᴀᴍDove le storie prendono vita. Scoprilo ora