Appelle-moi!

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“Est-ce que tu es Conte?”

“C-come scusa?”

“Sei Conte?” Chiese il giovane ragazzo dagli occhi celesti, che nella loro chiarezza innaturale e tagliente -sebbene mitigata dalla dolcezza nello sguardo- intimorivano leggermente il suo interlocutore. L’accento con cui parlava era ben lontano dall’essere indistinguibile, essendo la presenza del francese ancora forte.

“Ah, sìsì” In un movimento imbarazzato raccolse i suoi appunti in una cartellina, per poi metterla nello zaino. “Mi chiamo Giuseppe” Precisò poco dopo, come fosse un dettaglio di vaga importanza che gli era sfuggito.

L’altro gli sorrise, alzando leggermente il sopracciglio in quel gesto tipico di chi già sa più di quanto gli viene detto. “Ho sentito. All’appello” Avrebbe voluto aggiungere qualcosa, articolare meglio per fare colpo, tuttavia qualsiasi buona volontà non poteva rimediare alla sua mancanza di lessico.

Come spesso accade quando qualcuno ci conosce, e pretende quindi che noi ne sappiamo altrettanto su di lui, Conte non aveva idea di quale fosse il nome di quel suo gentile compagno di classe. Si limitò pertanto a sorridere impacciato, a metà tra il cercare una via di fuga da quel posto, e una possibile conversazione da iniziare.

Ma tutta questa preoccupazione non era necessaria. “Mi chiamo Emmanuel. Qui mi chiamano Manu. O qualche volta 2006, non so perché”

“Macron?” Chiese spontaneamente Conte, ricordandosi di quell’appello a cui non era nemmeno stato attento. Con una dolce sorpresa, scoprì di aver centrato in pieno. Anche l’altro ne sembrò contento. “Pensavi fossi uno dei francesi, prima?” Si lasciò scappare una piccola risata, per poi indicarsi il volto. “Non ho i lineamenti da francese. Non penso, almeno, no?”

Anche Emmanuel ridacchiò del suo stesso errore, scuotendo la testa. “No, no. Decisamente italiano” Poi controllò l’orologio, e come ricordandosi di qualcosa di fondamentale, si alzò dalla sedia e si mise lo zaino in spalla. “E’ tardi, devo andare. Dato che abbiamo i banchi vicini… ecco il mio numero” Lasciò al proprio posto un bigliettino scritto. “Appellami!”

Mentre stava per valicare l’uscio della stanza, Conte, dal secondo banco, esclamò: “Si dice chiamami!” Ma ricevette soltanto una rapida occhiata, che gli lasciò intendere di non essere stato compreso. Si infilò il pezzo di carta in tasca e sorrise tra sé e sé, tornando a guardare la rossa cartellina nello zaino.

Andrà tutto bene, amore || MacronxConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora