Ça va aller - Finale

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Conte sentì qualcuno entrare nel bagno e fermarsi ad appena qualche passo da lui. Non aveva dubbi che si trattasse di Macron. "Perché lo hai fatto?" Mormorò appena, cercando tutta la forza che gli era rimasta per respingere le lacrime.
Ma fu una voce femminile a rispondergli, dal forte accento tedesco. "Non sei niente per lui"
Quando si girò vide una bassa ragazza vestita completamente di rosso, i capelli a caschetto biondi. E gli stessi occhi celesti di Macron, tuttavia il suo sguardo non era affatto altrettanto dolce. Nei suoi movimenti traspariva una freddezza pungente. "Chi sei?"

"Angela. Merkel. La ragazza di Macron"

Il ragazzo restò in silenzio. Per un momento sentì il proprio cuore smettere di battere e crollare a pezzi. O forse sperò soltanto che accadesse. "Come, la ragazza?"
La perplessità dell'altro sembrò divertirla, ma pareva incapace di sorridere lo stesso. Gli si avvicinò, portandosi le mani ai carnosi fianchi. "Sì. E prima o poi mi sposerà pure. Non l'hai capito? Voleva solo divertirsi. Eri una sua curiosità. Tutto qui. Quindi ora lascialo in pace"
Conte, lottando contro quell'idea, scosse la testa. Le magre guance erano ancora umide dal pianto di poco prima. "No, siamo stati bene insieme! Non potrebbe mai fare niente del genere, Manu"
"E pensi di conoscerlo?"
Non rispose. Si voltò verso lo specchio, cercando nei suoi stessi occhi una risposta.
"Te lo dico io, caro. E' peggio di quello che sembra" Detto questo uscì dalla stanza, lasciando l'italiano da solo, ma più che mai circondato dai pensieri. Accerchiato, e sconfitto.
In quel momento gli arrivò un messaggio. Anche se avrebbe voluto lanciare il telefono dalla finestra, abbandonandosi alla rabbia, controllò di chi si trattasse. Era Macron.

"Ho sbagliato, Conte. J'ai suivi mon coeur"

Serrò i denti, gli occhi di nuovo umidi.

Tornò a casa verso le quattro, dopo aver girato in lungo e in largo alla città, cercando di scappare dai suoi stessi pensieri.
Trovò nel salone i genitori e il nonno, che ancora erano intenti al mettere apposto l'attrezzatura per pescare. "Avete preso qualcosa?" Chiese, sedendosi sul divano vicino a Mattarella.
Quest'ultimo, osservandolo, si accorse della sua espressione particolarmente intensa. "Stai bene?"
Conte scosse appena la testa, cercando di scacciare le lacrime, per poi posare la testa sulla spalla del nonno e lasciarsi avvolgere in un abbraccio. Sia Salvini che Di Maio lo guardarono preoccupati, avvicinandosi a lui.
"E' stato quel Emmanuel, vero? Che ti ha fatto?"
Non diede conferma, ma dal modo in cui quel nome lo colpì a fondo e lo fece scoppiare definitivamente a piangere, la situazione era ben chiara.
"Io lo dico, che non c'è da fidarsi degli stranieri. Qualcuno mi ascolta? No!" Si sedette accanto al figlio, cingendolo anche lui tra le sue braccia, e facendo segno al nonno di lasciarli un attimo soli, loro tre.

Luigi si mise al suo posto, incerto su come comportarsi. "Che ha fatto, questo francese?"
Vedendo che Conte era restio dal rispondere -se per la troppa fatica che gli costava pronunciare una parola in mezzo a quei singhiozzi, o per altro, era difficile capirlo-, l'uomo con la felpa verde lo strinse ancora più forte, scombinandogli dolcemente i capelli. "Va bene, non importa. Sai, anche io ho dato del filo da torcere a tuo padre, quando eravamo giovani. I miei amici poi, non ne parliamo... l'ho dovuto salvare da loro a una festa"
"Ero io il tuo straniero, no?"
Salvini sorrise, annuendo. "Sì, sì. Il mio terrone"

Si chiusero in un solo abbraccio, tutti e tre, mentre Conte, pian piano, riuscì a tranquillizzarsi e a fermare le lacrime. "Pa'?"
"Sì?" Risposero all'unisono, come accadeva spesso.
"Vi voglio bene"
"Vedrai Giuseppe, andrà tutto bene"

Fine

Andrà tutto bene, amore || MacronxConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora