3. Sopravvivenza (parte prima)

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Passarono minuti di opprimente silenzio.

Tutt'a un tratto Loki sembrava lottare con la consapevolezza di aver dato un gran magro spettacolo davanti al fratello, e il trovarsi adesso spaurito e tremante al suo fianco – seppur finalmente libero – era evidente lo mettesse profondamente a disagio. Nella vana speranza di darsi un contegno, il dio dell'inganno provò a lisciarsi indietro i capelli con le mani, ma questi erano tanto intricati e sudici da essere al di là di ogni manipolazione. Si arrese, concentrandosi allora sul suo cuore impazzito, il quale gli martellava nel petto con tale violenza da convincerlo che Thor potesse udirlo. Fallì miseramente. Sollevando fugacemente gli occhi sul fratello lo scoprì a scrutarlo angustiato, con una punta di quella che – orrore! – Loki riconobbe come compassione.

Dimentico del malessere che lo attanagliava, scattò in piedi carico di repulsione per se stesso, di risentimento per Thor, di odio per Thanos, di rancore per il mondo intero. Li avrebbe visti bruciare; presto o tardi avrebbe avuto la sua vendetta, e Asgard e Midgard sarebbero state ai suoi piedi. Entrambe! E Thor...

«Loki.»

La voce di Thor lo riscosse dalle sue elucubrazioni – era di nuovo a terra, doveva esser ricaduto a sedere un attimo dopo essersi alzato. «Stai tremando.» constatò Thor – e l'ovvietà di quella affermazione per poco non gli fece sollevare gli occhi al cielo. Studiando con attenzione il fratello per sincerarsi delle sue condizioni, il dio del tuono si tolse la felpa e gliela depose sulle spalle giusto un attimo prima che il dio dell'inganno decidesse di dirgli cosa realmente pensava di lui, di loro padre, degli Asgardiani, del delicato e insulso equilibrio dell'universo.

Quando si trovò avvolto nell'enorme felpa, Loki ammutolì: perso fra il desiderio di avventarsi contro Thor e il senso di insperato sollievo provocato da quel gesto, gli passò ogni voglia di portar guerra in cielo e in terra. Così si limitò a stringersi le braccia attorno alle ginocchia guardandolo di sottecchi, sforzandosi al contempo di non ansimare – respirava a fatica, ma un attimo dopo gli sembrava che la testa gli si saturasse d'ossigeno superfluo; aveva i brividi, ma non capiva se per caldo o per freddo; il tremito nervoso al sopracciglio destro non l'aveva mai abbandonato.

Sospirò e alla fine si arrese, tirando mestamente su con il naso: «Hai corso un rischio enorme a chiamarlo.» «Non m'importa.» risposte il fratello, grondando nobiltà d'animo da ogni fibra del suo essere.

«Dovrebbe importarti invece.» ribatté Loki acidamente «Non è stato così gentile quando l'ho fatto io...»

Così come era stato nobile e cortese a premurarsi che il fratello non avesse freddo, così a quelle parole Thor insorse come un cataclisma: «Che cosa ti ha fatto?» ringhiò, ghermendolo per le spalle.

«Aho! Ma accidenti, lasciami!» protestò Loki colto alla sprovvista.

«Loki, dimmelo!»

«Non...! Thor!» incapace di combattere l'invadenza del fratello, Loki si limitò a chiudere gli occhi esasperato quando Thor gli strappò di dosso la felpa e gli sollevò la camicia, rigirandolo con la facilità con cui avrebbe maneggiato un gattino; a quel punto il dio del tuono restò in silenzio, stordito davanti alle profonde lacerazioni rosse e nere che ricoprivano la schiena del fratello – inequivocabile marchio del bacio della frusta del suo aguzzino.

Loki diede uno strattone, liberandosi dalla sua presa e risistemandosi alla bell'e meglio la camicia lurida: «Ecco, sei contento?» chiese con voce incrinata dall'ira e dalla vergogna.

Il Supplizio di LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora