Le grida disperate del ragazzo risuonarono nella radura, mentre le sue mani continuavano invano a scuotere il corpo di Elisabeth, morta tra le sue braccia. La pioggia continuava a scendere incessante, mescolandosi con le lacrime e il sangue che macchiava loro i vestiti.
Susanne guardava la scena da lontano, nascosta dietro ad un albero al limitare del bosco. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Elisabeth si era uccisa. Si era pugnalata senza alcuna esitazione.
Il suo volto fu contratto da una smorfia di compassione. Era troppo debole, Susanne lo aveva sempre saputo. Sapeva che da sola non sarebbe riuscita a fare nulla, aveva sempre avuto bisogno di lui, per qualsiasi cosa. Sapeva che non avrebbe mai portato a termine ciò che le era stato detto di fare. Ryan era troppo importante per lei, nessuno, nemmeno la sua mente, poteva spingerla ad ucciderlo.
Ma d'altronde lei non sapeva la verità. Invece Susanne sì. Lei aveva deciso di ascoltare e non era ancora impazzita del tutto. Ora, stava per scoprire se ciò che le era stato rivelato dalla sua stessa mente era vero.
Uscì allo scoperto e si fiondò verso la casa senza farsi notare dal ragazzo, che continuava a rimanere aggrappato al corpo inerme di Elisabeth.
Entrò dalla porta principale e accese la lanterna. Sebbene le stanze fossero vuote, Susanne venne pervasa da una sensazione maledettamente familiare. Fece scorrere la mani sulle pareti, mentre una lacrima salata le rigava il volto.
Giunse davanti ad una rampa di scale e le salì a fatica. Le gambe le bruciavano per la corsa e le tremavano. Ma non aveva paura, no. Lei era più forte di Elisabeth. Lei avrebbe affrontato la verità senza perdere la testa. Avrebbe fatto quello che andava fatto.
Salì i gradini uno ad uno, cercando di mantenersi lucida. Quando giunse al piano superiore notò una scala che conduceva a quella che doveva essere la soffitta.
La raggiunse, posando la lanterna su uno dei gradini in legno. Appoggiò la fronte alla scala e chiuse gli occhi per un istante. Respirò a pieni polmoni e si impose di mantenere il controllo.
"Qualsiasi cosa scoprirò là sopra, non devo perdere la testa. Sei forte, Susanne, tu sei più forte. Puoi farcela."
Appena mise piede in soffitta, un senso di nausea le attanagliò lo stomaco. La testa le pulsava e le gambe erano attraversate dai brividi mentre avanzava facendo luce con la debole fiamma della candela.
All'improvviso una melodia invase la stanza. La ragazza sussultò e si mosse in direzione di quel suono. Giunse davanti ad un letto ai cui piedi si trovavano due vecchie borse sgualcite, il lenzuolo bianco giaceva ammucchiato a terra. La melodia proveniva da un carillon impolverato posato su un cassettone in legno accanto al letto.
Dei brividi improvvisi le trafissero il corpo come schegge di vetro e una voce ridotta ad un sussurro si insinuò lentamente dentro la sua testa. Susanne si guardò intorno, illuminando in ogni direzione. Non era sola.
"Il diario, Susanne. Devi leggerlo. Lì si trova la verità."
"Quale diario?"
"Quello di nostra madre. Avanti, leggilo!"
La ragazza si sedette sul letto e aprì il cassetto del comodino. Il diario era lì, davanti a lei.
Fece scorrere le pagine tra le sue dita tremanti, analizzando ogni parola con occhi colmi di lacrime. Il diario di sua madre. All'improvviso i ricordi le si riversarono addosso come una secchiata di acqua gelida. Quei ricordi che erano rimasti nascosti nella sua mente per tutto quel tempo.
Vide i suoi genitori che visitavano entusiasti quella casa che desideravano comprare. Vide gli occhi azzurri di sua madre che sprizzavano gioia.
Vide la sua famiglia, felice, il primo giorno. Sua madre che teneva per mano lei e sua sorella, mentre le accompagnava nella loro camera.
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Left (#Wattys2018)
Mystery / ThrillerHereford, Inghilterra, 1871. Elisabeth, rimasta orfana a cinque anni, viene chiusa nell'orfanotrofio della piccola cittadina di Hereford. La sua vita è ormai segnata. Sa che passerà il resto dei suoi giorni in quel vecchio edificio, sfruttata e mal...