5. L'evento motore più atroce del mondo (2/2)

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«Senti, ma come hai fatto a portarmi qui?»

Flaminia e Hope stavano camminando nel bianco più totale, mentre Kyle e Caleb proseguivano qualche passo più avanti. I due stavano battibeccando, e l'argomento della conversazione ovviamente era Hope.

La ragazza trasse un profondo sospiro e scosse la testa.

«Non fanno altro che litigare, in continuazione» sospirò Hope.

Guardò Flaminia dall'alto in basso, e la ragazzina pensò che quel personaggio fosse molto presuntuoso per essere solo un mucchio di dati dentro a un chip.

«Comunque, hai presente quelle cuffie che indossavi?»

Flaminia annuì.

«Ecco, le ho usate per entrare nel tuo cervello.»

«Nel mio... cosa?»

«Cervello. Dev'essere sorprendente per te scoprire che ne hai uno!»

«Non sei molto gentile. E come hai fatto a hackerarmi il cervello?»

Hope rise con fare saccente e Flaminia strinse gli occhi fino a ridurli a due fessure.

«Che c'è di così divertente?» sbottò, incrociando le braccia sul petto.

«Non sai proprio un bel niente della tua società!»

«E cosa dovrei sapere?»

«Avete tutti dei chip installati poco dietro l'orecchio destro, collegati direttamente alle zone di percezione del vostro cervello. Come credi fosse possibile connettervi a programmi di realtà virtuale come questo senza un supporto nel vostro corpo?»

Flaminia arrossì. Non era molto esperta di informatica e, a essere sinceri, non ne sapeva molto neanche del mondo esterno. L'unica cosa su cui si fosse mai focalizzata era scrivere il suo romanzo, ma la nonna, con cui aveva passato la maggior parte del suo tempo, le aveva proibito di avvicinarsi troppo alla tecnologia. A differenza dei suoi genitori, Fedra non era una donna di mondo: rientrava nella categoria degli scrittori Low-Seller, che avevano venduto talmente poco che nessuno si sarebbe ricordato di loro, e preferiva vivere da eremita, ai margini della società.

«Certo che so del chip! Ma non sono mai entrata in una realtà virtuale.»

Hope sollevò le sopracciglia.

«Davvero? E come hai fatto a non morire di noia?»

«Beh, ho fatto altre cose.»

C'erano così tante faccende di cui occuparsi nella casetta della nonna, vicina alle mura esterne di Romanzia. Fedra cercava di vivere coltivando il terreno e vendendo il formaggio prodotto dalle sue capre. Erano state l'unico regalo che aveva chiesto a papà: capre. Che faccia aveva fatto Leopoldo, quella volta!

"Capre? Ma perché non vieni a vivere con noi?"

"Mi piacciono gli animali. E poi compiere dei lavori manuali mi mette di buon umore."

"Ma mamma, possiamo darti tutto quello che vuoi nella villa! Andiamo..."

"Ti chiedo solo delle capre, Poldino. Poi non ti darò più fastidio, promesso."

E capre furono. La nonna prima o poi otteneva sempre quello che voleva.

Papà la riteneva una parente imbarazzante e, per quanto fosse sua madre, cercava di parlarne il meno possibile. Tuttavia Leopoldo e Dalia lasciavano spesso Flaminia a casa della nonna, altrimenti non avrebbero potuto condurre la vita festaiola da Bestselleriani che avevano sempre sognato.

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