Ciao a tutti, come va? :)
Spero proprio che non vi siate presi un bello spavento nel leggere la notifica per la pubblicazione, da parte mia, di un nuovo capitolo di questa storia!
In realtà, non era già deciso nemmeno che scrivessi questo quinto capitoli...
È Natale? vi chiederete voi... e chissà per quanto ancora!
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Con l'indice accarezzo i manga che ha rigorosamente ordinato per volume nella libreria a scaffali su cui prima, distrattamente, appoggiavo qualche libro che necessitavo di continuare a leggere, l'orologio che ho sempre al polso se non di notte e altri bracciali, le molle per legare i capelli in una lunga e sciatta coda quando sono nervosa, i vestiti che non avevo voglia di sistemare nell'armadio e lanciavo a caso nella stanza, se dovevo uscire e niente che già possedevo mi appariva adatto all'occasione.
Sulla scrivania, fogli volanti macchiati per intero di parole, un pc portatile nero e un porta penne. Lo stesso in cui io sistemavo le matite per gli occhi e roba simile. Mentre sul comò di fianco a letto, ricoperto da lenzuola e piumoni blu, che nella fantasia la quale vi è cucita sopra ricordano lontanamente quelli che lavava quasi ogni giorno la moglie del mio capo per me, è ancora accesa una piccola lampada.
Essa riflette la sua minuscola ombra su uno dei quattro muri passati con la vernice eventualmente da poco, perché ricordavo qualche graffio ottenuto con lo spostamento dei mobili, eppure oggi, le pareti ne sono prive.
Quindi, dopo essermi aggirata un po' nel corridoio e poi aver visitato la mia vecchia stanza che, non capisco come, ospiterà nuovamente le mie urla quando con il lavoro arriverò ad un punto morto, con gli occhi che luccicano, ricordando un passato a cui sono stata strappata e una vita che si è fermata contro il mio volere per qualche tempo, mi soffermo a cogliere qualunque particolare non riesca a sfuggirmi. Finché, preceduto da una serie di strani cigolii, Shinohara, con la fronte sudaticcia, entra nella camera da letto di suo nipote, cercando si sostenere una brandina pieghevole su cui presumo dormirò d'ora in poi. Da sistemare proprio accanto a colui che, senza nemmeno conoscermi, mi ha usata per salvarsi e si è dimenticato di aiutarmi a fare lo stesso, lasciandomi marcire all'ospedale. Come fece qualcuno di cui so perfettamente il nome, prima di lui.•••••••
È presto ora di cena e dopo aver ridimensionato la sala degli ospiti, ora adibita anche alla mia presenza, siamo tutti seduti dinanzi ad una tavola imbandita di cose buone. Allungo più volte la mano per servirmi, e troppo spesso mi sembra impossibile ignorare la garza che avvolge una porzione di avambraccio: mi rammento maggiormente del punto del mio corpo che le infermiere collegavano a strani tubi sottili e trasparenti, attraverso cui viaggiavano sostanze liquide di diverso colore, piuttosto che della ragione per cui, per mesi, ciò è continuato ad avvenire.
Se devo ripensare al passato, mi viene abbastanza difficile non essere triste, nonostante abbia completamente rimosso molte cose che gli appartenevano.
Ricordo il campo di battaglia, due giovani Ghoul dalle fattezze molto simili, forse gemelle. Ci attaccarono all'improvviso e colpirono entrambi, ne sono certa. Nell'essere scaraventata contro il suolo, sbattei la testa: mi faceva molto male.
Juuzou avrebbe potuto benissimo contrattaccare quelle mosse tanto mal articolate e difendermi, ma non lo fece. E rimase a terra a contemplare il pavimento freddo come capitò anche a me. Eppure, mentre io non ebbi scelta, lui la possibilità salvarmi.
Mentre mi risultava difficile respirare, per via del foro nel torace scavato dalla kagune di uno di quei mostri che ha attraversato per intero il mio busto, quelle due sussurravano con malizia frasi che riuscivo a vedere con gli occhi, susseguirsi sulla loro bocca, ma non a percepire attraverso il suono. Le orecchie sconnesse, infatti, catturavano gemiti e lamenti di altri feriti, eppure il suo volto, disteso com'era, non mi dava niente. Né tantomeno l'albino piangeva, perché non era ferito. E mentre morivo da sola sul tetto di quell'edificio, d'un tratto si mise a piovere. Prima di chiudere gli occhi stavo talmente male, che mi parve di vedere inginocchiato al mio cadavere un esile investigatore dai capelli neri come la pece, che si sparge sulle corde di un violino per meglio farlo suonare.
E anche se non c'è altro a cui pensare o di cui abbia chiara memoria, la mia riflessione è spezzata dalle parole della signora Shinohara. Vedo la sua bocca muoversi e sono nuovamente sul pianeta terra, ma scuoto la testa perché non ho esattamente colto il significato di quello che ha detto.
Poi, è il braccio di suo marito a sistemarsi sulle mie spalle, facendomi sussultare.
"Invece, io penso sia più appropriato che tu non vada da sola, a riprenderti i tuoi effetti personali."-mi suggerisce l'investigatore e io comprendo subito di cosa si tratta. Per telefono, mi era stato già anticipato che avrei dovuto riprendere tutte le cose che avevo lasciato alla CCG perché, per qualche mese, mi sarebbero serviti per il lavoro in casa.
Provo a trovare dei lati positivi in ciò che mi è stato ordinato e alla fine mi convinco che sia meglio aver ottenuto, senza averlo chiesto realmente, il permesso di abbandonare la parte pratica del lavoro di chi cattura mostri per guadagnarsi da vivere: ora come ora, non ho né forze né voglia per sperare di poter adempiere al mio dovere.
"La compagnia di Isamu ti farà bene. In fondo, è qui perché ha promesso di aiutare, dico bene?"-continua il castano, calcando le ultime due parole esalate assieme ai respiri, e io smetto di annuire, con la fronte abbassata e lo sguardo rivolto ad un piatto in cui la mano con la forchetta impugnata rimugina per creare un boccone da deglutire, soltanto quando mi è ben chiaro il significato delle sue parole.
Spero di aver capito male, ma in poco tempo provo a me stessa che non serve a nulla ripetere nella testa ciò che non desideri che avvenga, perché la fortuna lava sempre le orecchie prima di combinare casini. Anzi, se sei sfortunato, esattamente come me, ti capita persino di peggio.
Quindi, non soltanto il bel tenebroso, a proposito di cui non riesco ad immaginare la ragione della sua permanenza qui, deve scortarmi alla famigerata meta, ma, a quanto pare, dobbiamo anche andarci a prendere un gelato insieme per fare conoscenza,
Non sto nella pelle! Magari mi lascerà da qualche parte, penso. Poi lo guardo bene, mentre lui, ricevuto l'ordine dello zio, mi scruta col sopracciglio alzato, contrariato: potrebbe addirittura stuprarmi, inizio a temere, con l'indice e il pollice che incorniciano il mento.
Ma, come se andasse tutto bene, dopo un po', sfodero un simpatico pollice in su al mio capo. E sorrido alla sfortuna come farebbe una stolta.
Tanto oramai sono brava con i casi umani: è come se avessi una laurea invisibile!•••••••
Non ci mettiamo troppo, a piedi, a raggiungere il maestoso edificio che sono abituata a vedere ogni giorno. Troppi ricordi affiorano in un attimo e mi pare di rivivere lo scorso anno, quello della mia promozione!
Ma prima di quel momento, io e il corvino restiamo semplicemente in silenzio. E gli unici suoni che non ci fa paura produrre restano per tutto il tempo quelli prodotti dalle suole delle scarpe che incontrano la strada appena asfaltata.
I fari delle macchine e la luce della luna sono gli unici bagliori che permettono ai nostri visi di essere ben visibili. Ma, ugualmente, nessuno dei due ha interesse nell'avvicinarsi al compagno per concentrarsi su quello dell'altro.
E non riesco a non pensare a quanto sia fastidioso convivere con i respiri e l'aria che entra ed esce dai polmoni di una persona che non pronuncia una sola parola, in grado di mutare quel noioso e consueto ritornello. Perciò, tento di convincere Isamu ad aspettarmi giù, dato che credo sia, invece, inopportuno mandarlo semplicemente a quel paese, come meriterebbe, senza successo.
E proprio in quel momento, la mia mente ha l'onore di archiviare tra gli altri il suono della sua voce, che mi regala una sonora seconda persona singolare dell'imperativo del verbo tacere.
Eppure, non riesco a gioire troppo della mia fortuna, che la vita mi da' l'occasione di bestemmiare ancora per la mia sorte: effettivamente, è difficile rimanere moralmente integri se ti ritrovi di fronte alla compagna di scuola che non vedevi da tanto tempo. Quella a cui, ai tempi dell'asilo, rubavi le matite e, per poco, non tiravi i capelli, sempre più belli dei tuoi. La prima della classe che era sempre un passo avanti a te, persino coi ragazzi e che, evidentemente, continua a guardarti dall'alto, in quanto, seduto accanto a lei, dinanzi la tua vecchia scrivania, c'è uno Juuzou pronto ad eseguire qualunque suo ordine, con gli occhi a cuoricino.
Quando siamo sull'uscio del loro studio, non fatico così tanto ad infastidirmi per il fischio del corvino di fianco a me, alla vista della minigonna indossata dalla castana, ma non lo faccio notare.
"Mirai? Non dirmi che sei proprio tu!"-chiede Etsuko, forzando un sorriso a trentadue denti e fingendo gioia. Mentre il suo amico è davvero stupito di vedermi: non appena mi si posiziona davanti per salutarmi, rimango stupita del nuovo colore dei suoi capelli.
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Ho bisogno di te
FanfictionSEQUEL DI "MI SONO INNAMORATA DI TE" •A Juuzou Suzuya x OC fanfiction/ A Tokyo Ghoul fanfiction• ~Ambientati in un arco temporale non preciso, gli avvenimenti narrati non sempre coincidono con ciò che accade nel manga o nell'anime. Sono presenti al...