1. Al buio e senza maschera

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Violento, come quando un tappo di sughero viene espulso da una bottiglia di champagne, il mio sperma si perse nella sua gola, dritto sulla strada di un viaggio senza ritorno, alla conquista della sua anima, quella più intima, sfrenata e perversa, che da sempre restava custodita in quel corpo tenero e mai troppo sfruttato.
La sua schiena nuda spingeva contro il cruscotto della mia auto, il suo corpo poggiava tutto il suo peso sulle ginocchia, come quando andava a pregare in Chiesa. Fino a quel frammento di eternità, vedevo solo una folta chioma di capelli neri tra le mie gambe, ondeggiare come come il mare in tempesta, e come le onde che si infrangono sugli scogli sentivo le sue labbra infrangersi alla base della mia asta, risucchiata nell'oceano di passione che risaliva dall'origine del mondo, il suo mondo.
"Mi sei venuto in bocca" disse, con gli occhi spalancanti, tra stupore e vergogna, mentre gocce del mio seme le colavano ai lati della bocca. Era la prima volta che un uomo esplodeva il suo orgasmo nelle sue faringi. Nella mia mente si perpetuava l'esplosione di piacere a scapito di una risposta, che lei, sapeva benissimo, non sarebbe mai arrivata. Presi le sue mani tra le mie, le accarezzai e poi le utilizzai per tirarmi su dal sedile sdraiato, la fissai un attimo e poi la baciai, chiuse gli occhi e si lasciò andare, preda dei miei desideri e delle mie trasgressioni. La luna piena si infiltrava dal parabrezza, luccicava sul suo corpo nudo, mentre lei prendeva il mio posto sul sedile. Mi tuffai tra le sue gambe a gustare la sua palude, affondando un paio di dita nella sua fica rasata ma con una striscia di peli corti al centro, dilatata e quasi pronta all'orgasmo. Pompavo e succhiavo il suo clitoride, affamato, nonostante avrei dovuto essere sazio del recente orgasmo. Sentii stringere le pareti della sua vagina intorno alle mie dita, mentre mi squirtava, leggermente, in bocca. Strinse forte le gambe e mi spinse via, tremava col bacino e con le mani, l'orgasmo fu lungo e molto intenso.
Nell'abitacolo della mia auto, quella sera, tra l'odore intenso dei nostri umori e le note dei Radiohead, esplose tutta la sua bellezza. Il suo viso post orgasmo era di una bellezza angelica, estasiante, al punto che, secondo me, era lei a dare luce alla luna in quel momento. I suoi occhi brillavano di piacere e, soprattutto, non erano nascosti dai ray ban aviator che indossava di solito, a qualsiasi ora, e mi dicevano che, l'eternità è in quell'attimo vissuto senza pensare al successivo, è un microframmento di tempo, in cui realizzi che, la vita è fatta di passione, desideri, adrenalina, e non è una gabbia dorata in cui proteggersi da paure di plastica.
Maria, decise liberamente che sarei diventato la sua gabbia di libertà, mi scelse come suo padrone, forse, perchè ero l'unica persona che non si era mai permesso di giudicarla.
Mi disse "ti amo", le misi un dito nel culo ed iniziai a baciarla, fingevo disinteresse mentre il cuore prendeva a pugni lo stomaco.
Sentivo i suoi seni premere sui miei pettorali e il suo respiro caldo e sensuale sul mio collo, mentre le dicevo che il mattino dopo sarei ripartito per Roma. Mi strinse forte a sè, come a voler creare il calco del mio corpo sul suo, in modo da prolungare il ricordo di quel momento durante l'arco di tempo che ci avrebbe tenuto lontani. Ero ben consapevole che, le notti sono infinite quando per il mattino successivo è previsto un evento che non ci aggrada, e lo ero ancora di più, sul fatto che, lei l'avrebbe trascorsa in bianco, come il colore delle pagine della nostra storia, ancora tutta da scrivere.

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