"Poco manca ch'io non bestemmi il e la che par che m'abbiano messo in questa a bella posta perch'io soffrissi."
-Giacomo Leopardi
La ragazza esce dal grande palazzo di pietra grigia, facendo attenzione a non sbattere violentemente il grande portone di legno perfettamente lucidato. Lo accosta piano, per poi girarsi, verso il viottolo che costeggia l'intera costruzione della sua università. Un'università vecchia e rinomata, dalle pareti esterne interamente di quel fastidioso grigio neutrale, che cozzava con la personalità della ragazza, ma anche solo col suo modo di vestire.
Era sempre stato alquanto strano vedere soggetti particolari entrare in quell'edificio, soprattutto dalla parte di medicina, uno degli indirizzi ai quali andavano ancora quei pochi eletti che riuscivano a passare l'esame, o semplicemente dei cosiddetti "Figli di papà", che ci andavano in giacca e cravatta se possibile. Quindi, vedere una ragazza, che esce da quel posto, con Jeans strappati e larghi, crop top nero, infradito rosa acceso e una bandana hippie, dalle tonalità rosa e blu pastello in testa, non era assolutamente all'ordine del giorno.
La ragazza guarda la facciata del palazzone triste che si ritrova alle spalle e sussurra semplicemente: "Ancora solo un anno...", mentre guarda la targa dell'università, prima di voltarsi e camminare via a passo svelto, nonostante il caldo cocente delle prime giornate di Giugno.
Dopo aver preso parecchi pullman, e aver perso almeno due treni, la ragazza arriva al paese nel quale è nata, non molto lontano dalla grande citta nella quale ha sempre frequentato le scuole. Si incammina per le scomode strade sterrate, maledicendosi per non essersi portata un cambio di scarpe dietro la mattina quando è partita. Inforca gli occhiali da sole e poco prima di arrivare alla sua agognata meta sente il telefono ,nella grande borsa a tracolla marrone, che ha per i libri di corso, vibrare. Frugando disperatamente, riesce a trovarlo poco dopo. Legge la notifica del messaggio del suo ragazzo, che la informa che stasera dovrà trattenersi a lavoro più del solito, e quindi di non preoccuparsi. Gli scrive un frettoloso "va bene" per poi lanciare di nuovo il telefono nella borsa, sapendo che la prossima volta che suonerà, o che le servirà, si pentirà di non averlo messo in tasca.
Arriva finalmente alla casa che stava cercando, sorride alla vista delle colorate persiane verdi, che stonano con i muri esterni di un beige chiaro. Correndo per gli ultimi passi che la distanziano dalla casa, raggiunge la porta col fiatone. Si tira su gli occhiali sulla testa, lasciando la fascia colorata in bella vista, e un segno rosso di sudore dove gli occhiali erano poggiati. Vede il campanello e senza esitazione ci schiaccia il dito sopra, senza staccare, creando un baccano assurdo nella casa con quel fastidioso e allucinante trillo. "E basta, ho sentito il campanello...", dice una voce maschile irritata da dentro casa, la mora riconosce subito la voce del suo migliore amico, e sorridendo, toglie il dito dal campanello, aspettando che arrivi a aprirle il ragazzo. Sente dei passi pesanti avvicinarsi alla porta, e più i passi si avvicinano più il sorriso sul volto della ragazza diventa ampio, quando alla fine la porta si apre, le appare un ragazzo alto, dai folti capelli neri, ora anche leggermente lunghi, dato che gli arrivano poco sotto la mandibola, pelle candida spezzata solo dal contorno della bocca rosea, il naso arricciato, in una smorfia di disappunto e gli occhi, di taglio asiatico, con una espressione irritata. L'intero volto si distende alla vista, da parte del ragazzo, di chi aveva suonato, "Ste-ah!", grida quasi lui con un sorriso, quando la riconosce, si avvicina a lei e con un braccio la abbraccia e la solleva leggermente per poi riposarla a terra, "Tae-ie", gli dice lei in riposta abbracciandolo forte. Una volta distaccati, il sorriso della mora si spegne, rimpiazzato da uno sguardo interrogativo, "Ehi, che ci fai con una lametta in mano?", gli chiede, insospettita dal fatto che la lametta non si trovi attaccata al supporto che si usa generalmente per radersi, ma sia tra le mani nude del ragazzo. Lui segue lo sguardo di lei posarsi sul contenuto delle sue mani e sorride distrattamente, "Ma nulla... Stavo per farmi la barba...", dice, quasi nemmeno convinto. "Davvero? Che strano, ti conosco da dieci anni e credo di non averti mai visto peli di alcun genere crescerti in viso... Novità strabiliante", dice lei sarcastica, portandosi l'indice al mento e guardando in alto come per pensare, "Piantala scema", dice lui guardando altrove e spostandosi, indicandole l'interno della casa. "Vuoi entrare o rimani sulla soglia tutto il pomeriggio?", dice lui, col tono offeso, se l'era presa un po' per il commento della ragazza. "Certo grazie, lascio qua le ciabatte giusto? Ok, i tuoi non ci sono?", chiede Stefania, accortasi del fatto che il ragazzo ora è irritato, in effetti poteva risparmiarsi quel commento dato che sa benissimo che Tae è un ragazzo permaloso alle volte. "Ma prima...", dice la ragazza prima di afferrare la lametta e lanciarla dietro di se, "Queste sono pericolose..." conclude, ignorando i versi di disappunto dell'amico. Si avvia velocemente vero il salone, senza nemmeno chiedere, dato che quella casa la conosce quasi meglio della sua. Si volta verso il ragazzo dietro e lo guarda, squadrando ogni mossa che viene fatta, cercando di captare qualche segno di cosa stia pensando Taehyung.
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Aspetta ancora un altro po' |Kim Taehyung BTS FF|
Fanfiction"Sarete ancora in grado di volermi bene anche quando non ci sarò più?", disse il ragazzo tremante. "Certo, però ora preferirei volerti bene mentre ti batte il cuore" Fanfiction su Kim Taehyung, V dei BTS. contiene temi forti. leggete a vostra discre...