III.

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Bella varcò l'ingresso principale dell'Hospital Materno-Infantil di Málaga esattamente alle dieci del mattino.
Il portiere dell'hotel con cui si era fermata a parlare in attesa del taxi le aveva dato istruzioni sui vari ingressi dell'ospedale.
Lei, ovviamente, non si era lasciata sfuggire nessun dettaglio; se c'era una cosa che le interessava più di tutte le altre in quel momento, era riuscire ad ottenere qualcosa del suo passato.
Anche solo la certezza di essere nata in quell'ospedale le bastava.
"Mi scusi, l'ufficio anagrafe per i nuovi nati?" chiese cordialmente al portiere che rimaneva dietro il bancone con tutte le sue scartoffie e i telefoni che squillavano ogni due secondi.
Se solo avesse fatto quel lavoro, Bella sarebbe impazzita.
"Ascensore numero otto, secondo piano, appena esce il corridoio a sinistra, lo segua fino in fondo." le rispose lui prima di rispondere ad uno dei tanti telefoni rossi che aveva.
Lei ringraziò con un cenno del capo e si avviò verso gli ascensori.
Quell'ospedale era pieno di gente che camminava su e giù cercando ambulatori e reparti che magari non erano nemmeno in quel plesso.
Aveva visto almeno tre edifici prima di entrare e sicuramente non era facile ambientarsi in quella realtà.
Isabella pensava già al fatto che un giorno avrebbe lavorato in un'ospedale simile se non più grande, il cuore le cominciò a battere forte prima che la sua sbadataggine e il suo stare ta le nuvole non la fecero urtare contro una persona.
Si girò per chiedere scusa mentre raccoglieva il cellulare del malcapitato che era caduto a terra.
"Mi scusi, s-se si è rotto glielo ricompro." disse lei "Sono mortificata e troppo sbandata."
Per quell'attimo in cui lei rimise nelle mani del malcapitato, il cellulare, le loro dita si sfiorarono e lei sentì una strana sensazione.
Lui alzò lo sguardo su di lei che lo guardò ancora più imbarazzata.
Era un ragazzo non troppo alto con i capelli neri come la pece e gli occhi marroni ma profondi come il mare.
Il suo sguardo su di lei l'aveva messa in soggezione e si accorse solo dopo di essere arrossita.
Lui teneva in braccio un bambino, avrà avuto circa due anni, forse tre.
Non aveva una bella cera e per lei che stava studiando proprio per diventare pediatra, riconobbe i segni di quella che in Italia era conosciuta come "sesta malattia".
Aveva un eritema dal collo in giù, non portava la maglietta forse perché gli prudeva troppo e probabilmente aveva anche la febbre.
"Stia tranquilla, non c'è bisogno di ricomprarlo, funziona ancora." le rispose lui con altrettanta gentilezza "E comunque non glielo avrei permesso, non è stata colpa sua." continuò.
"Sì ma la prego, ho ventitré anni, non mi dia del lei." rispose lei ridendo "Piacere, Isabella." si presentò e non seppe nemmeno il perché, magari a lui nemmeno interessava sapere il suo nome.
"Piacere, Francisco." le rispose lui stringendole la mano "Mi chiamano tutti Isco." continuò.
Lei si avvicinò al bambino e gli fece una carezza.
"E tu invece?" gli chiese.
Lui la guardò con occhi dolci e la salutò con la mano.
"Si chiama Isco jr. e non dire che non abbiamo avuto fantasia con il nome..." rise lui.
Bella davanti a quella risata rimase quasi incantata, penso che Francisco aveva davvero un bellissimo sorriso e non riuscì a non sorridergli in risposta.
Quei bermuda bianchi e la t-shirt semplice nera con uno squalo disegnato, gli stavano dannatamente a pennello.
Nel frattempo però, pensava anche di averlo visto da qualche parte, o magari era solo la sua immaginazione che lo faceva assomigliare a qualcuno che lei conosceva già.
"Cos'hai piccolino?" chiese ancora.
La sua passione per la medicina la portava a fare domande ogni volta che vedeva qualcuno stare male, in fondo lei voleva solo aiutare.
"Non si sa, siamo venuti qua apposta." rispose il padre "Stamattina si è svegliato con tutte queste macchie e la febbre alta..."
"Quanto ha di febbre?" chiese Bella iniziando ad insospettirsi.
"Stamattina aveva quasi trentanove ma credo si stia alzando." rispose lui con tono preoccupato.
"Questa è la sesta malattia, o almeno in Italia la chiamano così..." le rispose sempre utilizzando quel suo spagnolo perfetto.
Francisco la guardò strana e fece una strana espressione, come a domandarsi chi in realtà fosse Isabella.
Si chiese anche se il suo soprannome fosse "Bella" perché le si addiceva davvero tanto.
Aveva i capelli neri tanto quanti i suoi e gli occhi di un marrone tendente al verde che lo avevano letteralmente rapito fin da subito.
Quella mattina portava i capelli sciolti, una pinza le teneva solo i capelli che le ricadevano davanti agli occhi.
Aveva un paio di shorts bianchi e una camicetta di maglina a fiori.
"Sei italiana?" le chiese lui.
"Sì, è una storia lunga..." le rispose lei, sarebbe stata lì a parlare con lui per ore anche solo per non correre il rischio di lasciarlo andare e non rivederlo mai più.
"Ora scusami, ma devo proprio andare..." disse ancora.
"Tranquilla, anche io, è stato un piacere conoscerti." le rispose lui e quasi maledì gli impegni che avevano entrambi dopo quello scontro.

Isabella si avviò verso l'ascensore numero otto e non si rese conto che Francisco aveva preso la sua stessa direzione, tanto di accorgersene solo quando premette sul pulsante per occupare l'ascensore, lo stesso.
La ragazza si disse che se tutta quella era una casualità dovevano assolutamente svegliarla ma i loro sorrisi sulle labbra durarono poco, fino a che Isco jr. non iniziò a tremare tra le braccia del padre.
Isabella se ne accorse subito e appoggiò una mano sulla fronte del piccolo mentre il padre si stava preoccupando.
"Appoggialo a terra disteso poi vai dall'infermiera, chiedi la tachipirina e un cuscino." gli ordinò lei.
Bella si inginocchiò di fianco al bambino e lo girò su un fianco.
Le convulsioni febbrili le aveva già studiate, sapeva come trattarle.
Solitamente i bambini perdevano conoscenza e le braccia e le gambe iniziavano ad avere degli spasmi incontrollabili.
Quando Francisco tornò, Isco jr. non aveva ancora smesso di tremare.
"Ma chi sei tu?" chiese a Bella inginocchiandosi accanto al bambino con lei che stava ancora tremando.
Il ragazzo accanto a lei appoggiò il cuscino sotto la testa del piccolo che dopo pochi minuti si calmò, così Isabella riuscì a dargli la tachipirina.
"Non sono nessuno in particolare, solo una semplice studentessa in medicina che vuole diventare pediatra." rispose lei semplicemente.
"Non saprò mai come ringraziarti." disse lui e lei fece di no con la testa ma poi ebbe uno scatto di coraggio.
"Un caffè andrà bene." disse con un sorriso.

Quando il bambino che era ancora steso a terra si riprese del tutto, Bella li salutò con un sorriso per poi andare per la sua strada, non aveva ancora scoperto nulla del suo passato.
Prima che potè prendere l'ascensore, Isco la richiamò e le sorrise ancora.
"Al bar dell'ospedale tra due ore?" chiese.
Bella annuì e sorrise per poi premere il tasto con il numero due e vedersi scomparire il sorriso di Isco mentre le porte si chiudevano.
Solo quando le porte si furbo chiuse e l'ascensore iniziò a salire realizzò che Francisco non l'aveva invitata per un caffé, ma a pranzare con lui, due ore dopo sarebbero state le una passate.

Por fin te encontré. | IscoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora