ParanoidQuel pomeriggio dopo la scuola ero rientrata a casa in stato a dir poco confusionario. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che Aeden, che per me era decisamente un mistero, fosse a conoscenza del mio nome. Forse ero solo paranoica. In fondo, poteva averlo sentito qualche minuto prima da Peter, o da John... eppure, questo pensiero mi sembrava sempre meno realistico, anche perché, nessuno in classe, se non i professori, era solito chiamarmi così. Per tutti ero sempre stata Amy. Certo, non ci voleva un genio per intuire quale fosse il nome completo, ma avrebbe potuto essere "Emily", o chissà quale altro. Non avevo mai creduto alle coincidenze, figuriamoci ora. Bastava ricollegarvi anche l'episodio dei biscotti per destare in me ulteriori sospetti.
<< Tesoro, va tutto bene? Non hai praticamente toccato cibo stasera... >> mi aveva chiesto mamma durante la cena. Dato il mio usuale appetito, effettivamente, dovevo averla fatta preoccupare, ma non avevo intenzione di parlare della giornata che avessi avuto. Semplice, mia mamma era un avvocato e, in quanto tale, avrebbe pensato subito al peggio. "Tesoro potrebbe essere uno stalker!"
No, non gliene avrei parlato di certo.
<< Sì... è solo che... sono un po' stanca, non mi sento molto bene. >> mi ero limitata a risponderle.
<< Forse è il caso che tu ti metta a letto, piccolina. Non hai un bell'aspetto... sei pallida. >> aveva risposto papà ponendomi dolcemente una mano sulla fronte.
L'unico a non essersi bevuto la mia recita, naturalmente, era Marco. Delle volte ero convinta che, in parte, avesse un dono anche lui. Scherzando mi aveva sempre detto "Certo, il dono del sangue-del-tuo-sangue!". Mi aveva lanciato un'occhiata veloce, ma in cuor suo, aveva già deciso di chiedermi di cosa si trattasse. Avevo dato ascolto a papà ed ero salita in camera. Dopo aver preso il portatile mi ero messa sul letto. Avevo intenzione di scoprire vita, morte e miracoli di Aeden. E se non ci fossi riuscita con il dono, avrei trovato un altro modo. Sarei ricorsa a quello più semplice, il più banale: i social network. Mi ero resa conto di non essere a conoscenza del suo cognome, ma ero anche sicura che ciò non avrebbe costituito un problema. Avevo digitato su google i termini "Aeden", "New Jersey" e "Scuola di fotografia". Come in ogni ricerca, avevo trovato milioni di risultati. Poi mi era però caduto l'occhio su un articolo di un giornale locale. Aveva la data del ventitré settembre. La testata riportava la frase "Ragazzo di diciassette anni coinvolto in una rissa scolastica." Qualche riga più avanti c'era scritto "Denunciati i genitori. La madre del ragazzo picchiato dichiara: << Mio figlio poteva perdere un occhio! >>"
Turbata da quanto avevo appena letto, riportavo alla mente ciò che aveva detto il professor Pierce quando lo aveva presentato a noi ragazzi. "Non si trovava bene in quell'ambiente", "Per favore cercate di farlo sentire a proprio agio." Era lui ad aver massacrato di botte un ragazzo e noi dovevamo fare in modo che non si sentisse a disagio? Non riuscivo a comprendere il motivo della sua azione. Non ero in condizioni da poterlo giudicare, poiché in effetti, non sapevo come realmente fosse andata la vicenda, ma ne ero ugualmente impressionata. Quale poteva essere stato il motivo di tale violenza?
Ma prima che potessi cercare di darmi una risposta, Marco aveva bussato alla mia porta.
<< Toc toc... posso entrare? >>
Ero consapevole che prima o poi sarebbe venuto a chiedermi spiegazioni. Non era un problema, gli avrei raccontato tutto. Ero certa che non avrebbe spifferato nulla a mamma e papà e che, anzi, sarebbe stato mio complice nello svelamento di questo mistero.
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Powerful
RomanceLe vite di due ragazzi, Amelia ed Aeden, non si sono mai incrociate per diversi anni, ma sono sempre state destinate ad intrecciarsi, complice una singolarità comune. Una singolarità che, durante le loro separate esistenze, ha rappresentato una debo...