Capitolo Nono

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                                                                    Reach out underneath and tear down all the walls

Dopo essermi lasciata alle spalle gli sguardi complici di Peter e Shonda alla vista di me ed Aeden tornare a casa insieme, avevo cercato di rendere il tragitto in metro il meno imbarazzante possibile. Cosa che non si poteva dire altrettanto di lui, che non aveva fatto altro che scannerizzarmi i pensieri.

Giunti nel mio vialetto sembrava che fosse rimasto colpito dai fiori che abbellivano il giardino. Dunque, un naturalista.

<< Mia madre coltivava i ciclamini. Diceva che le suscitavano allegria, solarità. >> aveva detto, osservandoli con aria nostalgica.

<< Ora non lo fa più? >> gli avevo chiesto frugando con le mani nella borsa in cerca delle chiavi.

Aveva atteso qualche secondo per rispondermi e, quando l'aveva fatto, per poco non mi erano cadute di mano.

<< È venuta a mancare quattro anni fa. Cancro ai polmoni. >>

L'aveva detto tutto d'un fiato, con una tale glacialità da far gelare anche me stessa. Non avrei mai immaginato che potesse essere questa la prima cosa che avrei scoperto di lui.

Istintivamente mi ero voltata a guardarlo. Sul suo volto non v'era alcuna espressione, sembrava assente. Gli avevo sussurrato che mi dispiacesse, ma non avevo ricevuto risposta.

Gli avevo poi fatto strada in soggiorno cercando di risultare cordiale e ospitale, in modo da soppesare quanto accaduto. Generalmente ero in imbarazzo anche solo sapendo di averlo nella stessa stanza, figuriamoci dopo avergli riportato alla mente un ricordo così doloroso.

<< Ti chiedo scusa, Amelia. Non era mia intenzione farti sentire a disagio. >>

Aveva accolto la mia riflessione, ma questo di certo non mi aveva tranquillizzata.

<< Non devi scusarti, sono io che dovrei. >> Mi ero sentita improvvisamente triste, forse la mia era solo un'inutile pretesa. Ci saremo dovuti limitare alla ricerca, non ai fantasmi del passato.

<< No, affatto. In ogni caso, non potresti cambiare le cose. Nessuno può. >> riuscivo a percepire un lato di Aeden che non avevo ancora mai visto. Un'amara, incredibile violenza dei ricordi lo aveva reso cupo, inquieto... sensibile. Aveva dei sentimenti e forse, questa volta, non intendeva dissimularli.

<< Che cosa ti andrebbe per pranzo? >> avevo interrotto l'amarezza del nostro discorso.

<< Delle omelette. >> aveva alzato nuovamente lo sguardo lasciando che il suo viso si distendesse in un'espressione serena.

<< Vedo che hai le idee chiare! >> gli avevo risposto sorridendo, ma mentre stavo per recarmi in cucina, aveva sfilato una corsa bloccandomi il passaggio.

<< Che fai? Non ti vanno più? >> avevo reagito non comprendendo il suo gesto.

<< Cucino io. >> aveva detto con sicurezza.

<< Ma... sei tu l'ospite... >> avevo cercato di replicare, ma Aeden aveva già deciso.

Chi l'avrebbe mai detto che in un solo giorno avrei scoperto così tante nuove sfaccettature della sua persona! Dovevo ammettere che stesse crescendo in me una tale curiosità che quasi mi faceva paura. No, non poteva essere violento. Lo avevo capito dai gesti con cui aveva preso le uova dal frigorifero. Le aveva aperte con l'uso di una singola mano, colpendole leggermente sul guscio. Era ammaliante il modo in cui le aveva poi sbattute con la frusta. Sapeva esattamente dove fossero gli ingredienti, ma non era risultato invadente, sembrava solo... diverso. Più rilassato, meno... impostato.

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