Parte 6 - Epilogo

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Premessa: Approfitto di questo spazio per salutarvi tutti e invitarvi a leggere le note a fine capitolo. Troverete una piccola sorpresa. Vi amo, infinitamente. Grazie per essere arrivati fin qui. Buona lettura!

Londra, pub “The George”, 10 aprile 2018, ore 20

Louis scese dall’auto dopo aver trovato parcheggio e si incamminó verso il pub. Nell’aria umida di Londra, quella sera, piena di foschia e senza stelle, rabbrividí. Aveva scordato sciarpa e beanie per non sentirsi dire da sua sorella che era vestito a casaccio, come sempre. La t-shirt nera semplicissima sotto la giacca grigia, i jeans strappati e le Vans avrebbero forse soddisfatto un minimo il suo senso estetico, tanto da non farla chiacchierare troppo. Non aveva bisogno di parole. Meno dettagli e più alcol possibile. Si passò una mano nei capelli già scompigliati dal vento e spinse la porta del locale. Il cameriere all’ingresso lo invitò ad aspettare la sua ospite al bancone del bar per usufruire delle consumazioni di benvenuto. Non chiedeva altro.

Era già al secondo whiskey quando un turbine di profumo e capelli biondi lo abbracció da dietro avvolgendogli le braccia attorno alle spalle.

“Looooouis!”

“Ciao Lottie…” La ragazza bionda aprí gli occhi e diresse lo sguardo verso il fratello. Alzò un sopracciglio e girò attorno allo sgabello su cui Louis stava con la schiena ricurva verso il basso, per squadrarlo meglio. Il fratello a sua volta distolse gli occhi dal drink per guardarla. Era solare. Sprizzava gioia e voglia di riempire lo spazio attorno a sé di cose belle, di conquistare ogni giornata al massimo delle proprie capacità. Un sorriso caldo spuntava da un dolcevita nero che contrastava coi pantaloni bianchi a campana, ma le vertiginose Loboutin stavano già sbattendo irritate ad un ritmo frenetico sul parquet invecchiato del locale.

“Non me lo hai detto!”

“Cosa non ti avrei detto, Lots?”

“Che stavi così. Dalla voce al telefono ho dedotto stessi male, ma così è ben più che male!”

Louis sbuffó e passò un dito sul bordo del bicchiere pieno di whiskey.

“È… è meno drammatico di quanto sembri. Non c'è bisogno di farne un caso di stato. È solo una merda, come sempre.”

Lottie si sedette sullo sgabello accanto al fratello chinata verso di lui, con una mano sul suo ginocchio: “Parliamone, dai, tanto aspettiamo ancora qualcuno quindi non abbiamo fretta di ordinare.”

“Chi stiamo aspettando?”

“Una mia amica che passa da Londra prima di prendere un volo per New York tra qualche giorno. Era da sola oggi e le ho detto di unirsi a noi. Non ti dispiacerà, vedrai. Allora, quando lo hai visto l’ultima volta?”

A Louis per poco non scivoló il bicchiere dalle mani: “C-cosa… ma io non..”

Lottie sospiró, esattamente come faceva con i fratellini e le sorelline più piccoli quando credevano di farla franca: “Tesoro, tu hai tre facce legate alla persona di cui stiamo parlando: una di pura adorazione, una di rabbia cieca e incontrollata, e questa che hai addosso adesso, e che personalmente è la mia preferita anche se so che è quella che ti fa più male.”

Louis curvò le labbra stizzito: “E sarebbe?”

“La faccia di chi soffre davanti all’idea che parlare con chi ami davvero non è mai semplice. Ed è la mia preferita perché, finché la vedo, so che c’è ancora una fiamma in te, da qualche parte. E che ti fa male perché stai tentando di reprimerla e si oppone. Quindi te lo richiedo, quanto tempo fa?”

Louis abbassó lo sguardo mordendosi la lingua e le rispose in un mormorio: “20 giorni fa, ad Amsterdam.”

“Ok, e stavolta chi ha spezzato il cuore di chi?”

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