Goodmorning sunshine

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Una canzone si diffonde nei miei sogni, ma è la sua interruzione brusca che da vero inizio al mio risveglio.

Apro gli occhi, sentendo movimenti accanto a me sul letto.

Non è la mia stanza del dormitorio. Il fascio di luce che entra dalle tende un poco aperte mi acceca per un momento, mi sollevo a sedere stropicciandomi gli occhi con i pugni e finalmente mi guardo intorno.

Non è stato un incubo allora...

Lui si è alzato mentre io riprendevo contatto con il mondo e resto solo nella stanza per qualche minuto, indeciso su cosa devo fare visto che non mi è stata data nessuna indicazione. Sono davvero patetico.

Sollevo lo sguardo sul padrone di casa che rientra portando la mia divisa scolastica e appoggiandola al letto con cura.

«Usa pure il bagno della camera, la mattina faccio la doccia nell'altro.»

Annuisco e aspetto che prenda dall'armadio i vestiti per se ed esca.

Non ho un cambio di biancheria, ma sento un bisogno incredibile di imitarlo e tuffarmi sotto il getto d'acqua della doccia per tirarmi via di dosso la stanchezza di una notte assurda e la previsione di una giornata ancora più strana.

Esco, mi asciugo e prendendo in mano la camicia mi accorgo che profuma di fresco. L'ha lavata?!

Mi vesto e cerco di piegare meglio possibile quanto ho indossato per dormire, lasciando il tutto sul lato del letto che mi è stato assegnato.

Non so bene quanto ci ho messo, ma quando esco dalla stanza mi accorgo che una delle porte del corridoio è aperta e guardo dentro curioso. Deve essere l'altro bagno, lo specchio ha ancora l'alone di umido sui bordi e si sente il profumo del professore.

«La colazione.»

Oddio mi ha scoperto!

Guardo verso il fondo del corridoio, ma non c'è nessuno... la voce arrivava dalla cucina solo per chiamarmi. E poi non stavo facendo nulla di male, perché mi sono spaventato come se fossi un ladro o chissà cosa?!

Lo raggiungo e mi ritrovo davanti una situazione simile a quella della scorsa notte, con però apparecchiato solo il mio posto. Mi siedo in silenzio e mi viene messo sotto il naso un piatto con tre pancake uno sull'altro.

Ha fatto i pancake... avrò pancake a colazione!

Rimango a guardarli come fossero un miraggio, ma il profumo dolce è reale.

«Sciroppo d'acero, crema al cioccolato, miele, zucchero o niente?»

Lo guardo confuso e incredulo. Chi accidenti è questo tizio?!

«Sciroppo d'acero.»

Fa tutto lui, prende la bottiglia dal frigo e la lascia vicino al mio piatto, facendo lo stesso poco dopo con un bicchiere di latte. Mi sento trattato come un bambino. Mi sento un bambino. Un bambino felice per una colazione come non ne vedevo da tante.

«Grazie...»

Riesco a malapena a mormorare una parola prima di cospargere i pancake di sciroppo e iniziare a mangiare. Sono più buoni di quanto ricordavo fossero.

Ne finisco uno prima di riuscire ad alzare di nuovo gli occhi e rendermi conto che il professore se ne sta in piedi, appoggiato al bancone della cucina vicino al frigo, con solo una tazza in mano, forse di caffè, vicina alle labbra.

«Tu non li mangi?»

Non avrà mica drogato la colazione, vero?!? Ci sono cascato di nuovo!!

«Prendo solo il caffè, ci sono le ciambelle fresche ogni mattina in sala insegnanti.»

Torno a guardare il piatto con gli altri due pancake e un po' incerto mi preparo un altro boccone. Quindi li ha preparati solo per me...

«Sono buoni?»

Annuisco e sbircio la sua reazione, sperando non mi veda. Sorride prima di prendere un altro sorso di caffè, sembra soddisfatto.

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Usciamo dall'appartamento e mi fa cenno di chiamare l'ascensore mentre lui chiude a chiave. Non ho neanche fatto caso a quando l'apriva, come forse avrei dovuto, ma ero troppo preso dal guardare ancora una volta il panorama al di la delle finestre della sala.

Entriamo in ascensore, ma il tempo di scorrere un paio di piani e preme il pulsante di stop.

Ora ho paura...

Trattengo il respiro e mi ritrovo incatenato dal suo sguardo, serio e freddo come se stesse per impartirmi una qualche lezione sulla vita.

«Non dirai nulla su quanto è successo, vero?»

Indietreggio appoggiandomi con la schiena alla parete dell'ascensore, scuotendo la testa. «N-no.. nulla.»

«Alla fine delle lezioni mi aspetterai vicino all'ingresso, vero?»

Parla lentamente, sottolineando l'ultima parola. Il cuore riprende a battermi forte, la voce mi muore in gola e fatico a rispondere.

«S-sì...»

Fa ripartire l'ascensore e mi scocca uno sguardo compiaciuto.

«Bravo il mio cucciolo.»

Riprendo a respirare e spero che nessuno in quel palazzo abbia premuto il pulsante di chiamata, non riuscirei a fingere se mi chiedessero se sto bene ora.

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Entrando a scuola non mi dice nulla, non mi saluta, non mi fa altre raccomandazioni. Persino la strada è stata percorsa nel totale silenzio. Sono confuso e me ne vado lentamente in classe, sedendomi al mio posto, incrociando le braccia sul banco e affondandoci in mezzo la faccia.

Sono così stanco che vorrei poter dormire, ma in testa ancora si affollano i ricordi della notte appena trascorsa più quanto successo la mattina e non riesco a capire nulla.

Innocent SinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora