6. Don't Walk Away

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Scesi dal letto e lui si alzò, rivestendosi. «Resta qui» mi intimò, puntandomi un dito contro. «Non emettere fiato. Vado a vedere se riesco a mandarlo via.»

Annuii e lui lasciò la stanza, chiudendo lentamente la porta. Mi passai una mano tra i capelli, incrociando le gambe e guardandomi attorno. Le pareti erano nere, le lenzuola rosso scuro proprio come il tappeto del soggiorno, e c'era una scrivania in un angolo e un armadio nell'altro. Il letto era affiancato ad entrambi i lati da due comodini bianchi con i pomelli neri. All'improvviso sentii il bisogno di aprirli per vedere che tipo di roba potessero contenere, ma mi trattenni. Sarebbe stata invasione della privacy. Tuttavia il primo cassetto era leggermente aperto e io, da bravo ficcanaso, mi sporsi in avanti per guardarci dentro.

Di quanti preservativi può aver bisogno una persona?

Sogghignai. Almeno non sarebbero finiti se tra di noi fosse successo qualcosa. Ooh, che bella immagine. Ops.

Al sentire le loro voci alzarsi di tono sobbalzai, richiusi il cassetto e mi alzai, per poi avvicinarmi piano alla porta e aprirla di pochi centimetri. In quel modo potei sentire il rumore di uno schiaffo, seguito da qualche istante di silenzio.

«Vattene» mormorò Gerard.

Sentii la porta d'ingresso sbattere e mi precipitai da Gerard per controllare come stesse. Era in cucina: mi dava le spalle e potevo vedere le sue mani poggiate sul ripiano.

«Gee? Stai bene?»

«Sì.»

«Io... Ho sentito uno schiaffo... Chi-...»

«Ero io. E tu dovresti andare via.»

«Ma–...»

Si voltò, mostrando un segno rosso sulla sua guancia. «Perché cazzo ti importa? Sei solo un ragazzino, non dovresti neanche stare qui! Vai via e fottiti qualcun altro, visto che sembra essere la cosa che ti riesce meglio!»

Mi accigliai. «Bene. Ma non venire da me quando vorrai scopare. Trovati qualche altro studente disposto a succhiarti il cazzo.»

Presi lo zaino e uscii, sbattendo la porta dietro di me più forte che potessi. Cercai di contrastare le lacrime che combattevano per scendere, perché piangere mi avrebbe solamente fatto sentire debole. Mi avrebbe fatto stare peggio di quanto già non fossi. Gerard aveva espresso a voce quelli che io pensavo da settimane. Mesi. No, anni. Mi aveva praticamente dato della puttana e detto da lui, doveva per forza essere vero. A quanto pare ero la peggiore delle puttane, essendo vergine. Ma fare sesso non c'entra con l'essere una puttana, no?

In ogni caso, non m'importava. Ero comunque una puttana. Lo pensavano tutti.

~

Mi stava tormentando. Ogni volta che pensavo qualcosa di negativo su me stesso, quel pensiero si stanziava nella mia mente e non voleva andare via. Il giorno seguente ero sommerso in un mare di autocommiserazione, e credo che i ragazzi se ne accorsero perché Brendon mi fermò dopo la scuola.

«Stai bene?» mi chiese, poggiandomi una mano sulla spalla. «Non hai parlato per niente oggi, sono abbastanza preoccupato.»

Scrollai le spalle. «È tutto okay. Niente di cui preoccuparsi.»

«Vuoi che venga a casa tua?»

«Se proprio vuoi.»

Mi circondò le spalle e mentre raggiungevamo il cancello, passammo accanto a Gerard. Lo ignorai totalmente, mantenendo la testa alta, nonostante non volessi fare altro che picchiarlo, piangere su di lui o limonarci. Era una situazione molto confusa. E poi mi rendeva triste sapere che il suo fidanzato l'aveva picchiato, ma non erano affari miei. Dopotutto, ero solamente un ragazzino.

Tell Me I'm A Bad Man [traduzione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora