Capitolo 10

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Era un appuntamento. Come poteva negarlo, quando Louis gli aveva tenuto la mano mentre camminavano verso Rockefeller Plaza, gli aveva versato del vino a pranzo e gli aveva chiesto se avesse un fidanzato?

Naturalmente era un appuntamento.

Uno meraviglioso, che gli faceva battere il cuore e seccare la bocca e suscitava speranze senza nome dentro di lui. Eppure...

Non avrebbe portato da nessuna parte. Si trattava solo di un giorno. Un appuntamento unico. E quando Chase fosse tornato il giorno seguente, lui e Louis si sarebbero occupati di affari e il riccio non l’avrebbe mai, mai più rivisto. 
Il che era un bene, si disse in tutta fretta, perché a dispetto di quanto Louis poteva essere affascinante in quel momento, i rotocalchi non mentivano poi così tanto. Le fotografie che aveva visto erano vere: lui era pur sempre un playboy con una donna o un uomo ad ogni braccio, che frequentava casinò e club delle città più mondane d’Europa. Non era certo il genere di uomo di cui poteva innamorarsi. Per non parlare dell’intera faccenda dell’essere di sangue reale, il che lo poneva definitivamente al di fuori della sua portata. 

<<Perché sei così accigliato?>> gli domandò Louis. 
Harry udì il divertimento nella sua voce e si girò verso di lui, ancor più accigliato. <<Non lo sono.>>
<<Sì, lo sei.>> Gli passò un dito in mezzo alla fronte. <<E si vede bene qui, c’è una linea di preoccupazione.>>
<<Sto solo pensando>> rispose il  ragazzo, e l'altro scosse il capo. 
<<Meglio smettere. Pensare è pericoloso.>>
<<Detto da un accademico...>>
<<Pericoloso almeno per oggi. Godiamo di noi stessi, Harry.>>

Annuì lentamente, rendendosi conto che lui stava stabilendo le regole. Quel giorno era per gioire, divertirsi e godere. Ovviamente Louis non voleva altro da lui. Così, perché doveva preoccuparsi del domani?
<<Okay>> annuì, e il liscio gli strinse più forte la mano.

Alcuni minuti dopo erano entrambi sul ghiaccio. Harry non pattinava da anni, forse decenni, così era incerto sulle gambe, almeno finché Louis non l’afferrò per la vita. Il riccio avvertì il calore del suo corpo contro di sé, e con il supporto del suo braccio si unì alle sue scivolate.
<<Pattini come se l’avessi sempre fatto>> notò. 
Il castano sogghignò. <<Ricordi la casa tra le montagne dove sono cresciuto?>>
<<Sì.>>
<<C’era anche un lago.><
<<Ah. Capisco.>>
<<Anche tu non sei male, comunque>> osservò lui, e prima che il ragazzo potesse rispondere l’aveva fatto roteare in un circolo, ed Harry lasciò uscire un piccolo grido poco virile.
<<Louis...>>
<<Penso che sia la prima volta che hai detto volontariamente il mio nome.>>
<<Non stavo pensando...>> confessò.

Il principe rise piano, tirandolo verso di sé così che lui dovette sollevare il capo per guardare il suo viso sorridente. <<Adesso hai capito.>>
<<È davvero così negativo pensare?>> domandò Harry, e si meravigliò di quanto suonasse a corto di fiato.
<<A volte.>>
<<Quando per esempio?>> Dischiuse le labbra mentre aspettava la sua risposta, e gli occhi di lui si oscurarono in un grigio cupo.
Sollevò una mano per afferrargli il viso, che fece piegare un poco sotto il proprio.

<<Adesso>> affermò, e lo baciò.

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