Capitolo 4

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Non ho mai provato un senso di libertà. Mi sono sempre sentito come se fossi stato chiuso dentro una gabbia per troppi anni e sentivo il bisogno necessario di uscire ma non ci riuscivo. Ero impotente, come lo ero sempre stato. Tornare a scuola ogni giorno era straziante, sia perchè la scuola di per sè faceva ribbrezzo, sia perchè l'ambiente faceva schifo. Troppi fatti che accadevano e troppa gente che ne rimaneva indifferente. Ho frequentato per sei anni la Liberty High School e l'unica cosa decente di quella scuola era la struttura estetica. Tutto il resto era da buttare. Non capivo come mai quell'ammasso di mattoni reggesse ancora e fosse ancora funzionante, perchè anche se dall'esterno non si vedeva, dentro era un vero e proprio inferno vivente, l'unica cosa che mancava era Lucifero in persona. Il nome dell'edificio ovviamente era tutto l'opposto di quel che si provava, si chiamava Liberty ma di libertà non c'era nemmeno l'aria, quindi immagina come ci si stava dentro. Per via delle mie brutte e continue esperienze, ho pensato vivamente di cambiare scuola moltissime volte ma l'ho sempre detto e mai fatto, perchè provavo vergogna. Avevo un problema psicologico dentro di me che mi spingeva a vergognarmi per ogni minima cosa. Dopo tutto quello che provavo e subìvo, forse era da comprendere il mio essere troppo chiuso e vergognoso. Se cambiavo scuola temevo di essere preso di mira dai bulli nuovamente, quindi tanto valeva che rimanevo li dove mi trovavo. La pensavo così, l'ho pensata così per tutti e tre gli anni in cui mi vennero queste crisi, ma sottolineo che l'ho solo pensato. Ed ero convinto del mio pensiero, tant'è che niente mi dissuadeva da esso, niente mi distoglieva da quel mio concetto fisso e costante. Tutti, non sapendo dei miei problemi, mi dicevano di cambiare scuola convinti del fatto che non mi piacessero le materie, ma non era così. Avevo paura, ero spaventato anzi terrorizzato dal fatto di cambiare posto e cambiare persone. Ero arrivato al punto che vedevo tutti uguali, visto come si comportavano lì dentro mi fissai che anche al di fuori di quelle quattro mura di armadietti fosse tutto identico. Le persone facevano schifo, sia fuori che dentro, all'interno della Liberty High School. La parola chiave di quella "scuola" era bullismo, tutto girava intorno a quello, i professori che facevano i finti moralisti con le solite frasi psicoanalitiche e il preside che mascherava tutto per mantenere alto il nome della scuola, perché quello contava, la salute mentale delle persone no. Bello schifo, seriamente. Persone come me li dentro soffrivano, ogni giorno subìvamo qualche minaccia o qualche aggressione, ma nessuno faceva niente, i bulli comandavano e non ci fu niente di peggiore. Le cose peggiorarono drasticamente dopo. Damon dovette andarsene, e io rimasi completamente solo. Non avevo nessuno eccetto lui, il mio unico vero amico, il mio migliore amico. Per circa tre mesi dalla sua assenza rimasi isolato il più delle volte, ogni tanto facevo qualche visita dallo psicologo per farmi una chiacchierata con qualcuno, con la speranza che capisse qualcosa di me che io non capivo. Non sapevo più cosa fare e con chi. Dovevo farmi nuovi amici ma fu un'impresa colossale. Dopo che alcuni fecero un gruppo contro di me insultandomi e deridendomi, di chi altro potevo fidarmi? Per fortuna trovai qualcuno, si chiamava Ashley, una ragazza della mia stessa età che frequentava i miei stessi corsi. Diventai suo amico quasi subito, parlando scoprimmo di essere quasi uguali e così ci capivamo l'un l'altro, lei mi raccontava dei suoi problemi e io dei miei, i miei infiniti insulsi problemi da povero sfigato - così mi definivano - Potevo fidarmi davvero, e lo sentivo, lo sapevo che almeno lei non mi avrebbe fatto del male. Capitò un giorno che al corridoio un branco di bulli ci vide insieme parlare, e questo fu la goccia che fece traboccare il vaso. Iniziarono le prese in giro, i peggio scherzetti da bambini di quinta elementare. E io? Beh.. io spariì completamente dentro, ero vuoto, la mia anima era come morta, il cervello pure, volevo morire. Finite le derisioni e gli attacchi verbali, iniziarono quelli fisici, e da lì rimasi impassibile. Non sapevo se raccontare tutto per l'ennesima volta o lasciar perdere, perchè tanto non cambiava nulla. Preso dalla depressione, dalla stanchezza, dall'ansia e forse un po' anche dalla rabbia, decisi di non andare più a scuola per circa 4 mesi, e così persi l'intero anno scolastico. Mi bocciarono, non andando più a scuola per svariati mesi rimasi a casa a riflettere su tutto ciò che stavo attraversando, a cosa fare, se togliermi la vita o continuare a piangermi addosso. Soffrivo e non potevo fare altro. Non avevo nessuno. Quando mi bocciarono rimasi sotto un certo aspetto contento, ne ero consapevole di quel che avevo deciso di fare, i miei si incavolarono ma non me ne fregava assolutamente nulla, c'era in gioco il tirar fuori il "me" che rimaneva sempre nascosto e chiuso dentro il guscio. Magari cambiando compagni forse qualcosa sarebbe cambiato, iniziavo poco a poco a pensare diversamente, ero sempre negativo e per una volta volevo provare a pensare positivo. La nuova classe non era niente di che, solita classe con gruppetti nerd, gruppetti dei bulletti e gruppetti delle ragazze vanitose e bulle altrettanto. Ancora una volta era il solito schifo. Dovevo farmene una ragione, inutile che ci speravo tanto non cambiava nulla. Pensare positivo non serviva assolutamente a nulla. La negativtà aveva preso il sopravvento. Decisi quindi di rimanere solo, senza dare fastidio a nessuno perchè forse ero di troppo io. Questo essere continuamente escluso mi faceva solo che stare male, ma non sapevo che altro fare. Me ne stavo per i fatti miei, in corridoio, vicino l'armadietto, fino a che due bulli, Jack e Davis, mi vennero incontro ed iniziarono ad insultarmi senza motivo. Poi mi presero per il colletto della polo, mi alzarono, iniziarono a picchiarmi e a sbattermi agli armadietti. Lì volevo davvero morire, lo desideravo fortemente. Provavo sia rabbia che dolore. La rabbia per non riuscire a difendermi per la mia crescente debolezza, e dolore perchè ne provavo tanto, di ogni tipo. L'unica cosa che desideravo davvero era vedere Damon che li prendeva a cazzotti tutti e due. Lui che faceva provare a loro il mio dolore. Lui ci sarebbe riuscito, io no. Lui era forte, io no. Ma lui non c'era, ero solo, estremamente solo. Tutti guardavano ma nessuno mosse un dito. Dopodichè mi rialzai a fatica, un po' sanguinante, ma continuavo a rialzarmi, facendomi forza da solo perché mi rimaneva solo quello da fare. Non arrendersi mai era una bella verità, se ci pensavo però provavo fatica, tanta ma tanta fatica. Essere da soli di fronte al mondo che ti guarda, immagina come deve essere.

Nicolas:
Questo capitolo è abbastanza duro, forte con parti forte, ma volevo farvi capire quanto deve essere estremamente dura tutto ciò. Siete mai stati vittima di bullismo? Se sì, vi è mai successo qualcosa sopra citato?

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