▫️Capitolo XLIX

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Questo capitolo è terribilmente importante. Mi è costato enorme fatica, dico davvero. E lo dedico a WinterSBlack 🦄

Sono in ritardissimo, sì.

Scusate se ci ho messo un po', ma mi sono goduta la mia prima settimana di vacanza senza impegnare troppo la mente🔔 e in seguito ho dovuto riprendere in mano i libri :(

Dell'università, ovviamente.

Sì, AD AGOSTO sono iniziate le mie vacanze. E poi... questo capitolo è stato difficile da stendere. Penso capirete perché.

Remider: Andy e Beth, fuggendo dal Principe Azzurro, incontrato nella chiesa macabra, dove hanno anche rivisto una Abbey un po' diversa, sono piombati in uno strano luogo che emana odore di morte, una specie di cratere nero...

Beh, divertitevi a leggere🦄

Un Vulcano morto, un cratere nero, o forse l'impronta di un meteorite: potrebbero essere ciò che ci troviamo sotto ai piedi. Un signor Vulcano, circondato da altri vulcani più piccoli, color ossidiana, proprio come il loro padre.

L'allegra famiglia lavica mi sta dando qualcosa che non comprendo appieno. Sento di essere tornato a respirare. Non appena atterrati sul signor Vulcano, ho percepito i polmoni riempirsi. Sono pieno, non so di cosa, ma sono pieno, per la prima volta ora da molto tempo.

È una ventata di aria fresca, paradossalmente. Mi sento più vivo ora, sì ora, ora che respiro la morte.

«Andiamocene» sussurra d'un tratto Thompson, ponendo le mani a coppa davanti al volto turbato. Scherza?

No, lei non sa scherzare. Non ha ricevuto questo dono.

«Lo senti? Lo senti il terreno? Non è stranissimo?» commento, ignorando il suo patetico tentativo di schiodarmi da qui. Passo una mano sulla roccia scura che incrosta il cratere. Ho un brivido. È bollente, ma la sensazione reale è quella di rimarne ustionato dall'eccessivo gelo.

Osservo la mia mano: è nera.

«Sento la tua follia, testa di latte» sibila Thompson. «Siamo appena sfuggiti alla morte, te lo ricordi? Hey? Andrew?»

Le faccio cenno di tacere, portandomi un dito alla bocca. Mi suona familiare. «Silenzio, com'è bello.»

Questo luogo mi dà silenzio, il silenzio che bramo.

«È impazzito!» gracchia, rivolgendosi a qualcuno che o non posso vedere, o non esiste. «Questo posto è sempre silenzioso!» urla poi, rossa in volto.

Odiosa. Ma dov'è il suo spirito esploratore? Ciò che tira l'animo umano oltre i confini, il laccio, la molla, la spinta. Dov'è?

«È un silenzio diverso! Non capisci?» ribatto, frustrato. Cerchiamo di farle capire. «È un silenzio di qualcuno che c'era ma ora non c'è, un silenzio per... sottrazione. Quello di Drowl, invece, di solito è un silenzio per addizione, ecco. C'era silenzio, c'è silenzio e ci sarà silenzio. Si aggiunge, si aggiunge. Capito?»

È un silenzio da risucchio, che toglie, ma a me dona qualcosa. Si vede che lei non capisce, non sente.

Thompson mi guarda con gli occhi accesi da chissà quale emozione. Fa per dire qualcosa, ma ci ripensa, saggiamente, e si limita a camminare sulla dura roccia proprio come stavo facendo io.

La imito, tenendomi comunque a una buona distanza dal grande foro centrale. Probabilmente ospita un panorama ancora più oscuro e buio di questo.

Nella mia testa ha assunto le fattezze di un buco nero, pronto a risucchiarci. Thompson mi lancia di tanto in tanto degli sguardi strani. Lei è strana. Non importa, non importa: le passerà.

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