Prologo

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Ecco il mio regalo per voi...

24 anni prima

Patricia Dark percorse a passo svelto il corridoio dello studio Meder&associated, facendo sbattere rumorosamente i tacchi delle sue Loboutin sul pavimento.

Era un po' agitata ma non l'avrebbe dato a vedere a nessuno. Lei, ormai, faceva parte della famiglia Dark, una delle famiglie più ricche di San Francisco, e doveva mantenere quel contegno che la sua posizione richiedeva.

Non un turbamento, non un'emozione passavano sul suo volto quando bussò alla porta dell'ufficio del dottor Meder.

"Avanti" sentì dire e aprì lentamente la porta, entrando con un sorriso finto e richiudendola dietro di sé con garbo.

«Dottor Meder, che piacere. Come sta?» esordì avanzando verso di lui con la mano tesa per salutarlo.

«Bene, signora Dark. Prego, si accomodi» rispose lui stringendole la mano e invitandola a sedersi.

Patricia ubbidì, posizionandosi su quella comoda poltrona con sicurezza.

«Allora, dottore, mi ha fatto chiamare. C'è qualcosa di cui vuole parlarmi? Perché sa, ho talmente tante di quelle cose da fare, l'organizzazione del compleanno di Timothy, il comitato di beneficenza e...».

«La fermo subito. Non l'avrei fatta disturbare se non fosse stato importante» la riprese lui guardandola torvo.

«Va bene, sono qui, mi dica».

Patricia ostentava una sicurezza e una tranquillità che dentro di sé non aveva. Sapeva benissimo per quale motivo era lì, ma doveva apparire forte agli occhi degli altri, imperturbabile. Niente poteva scalfirla: era questo che dovevano pensare le persone che la incontravano.

«Signora Dark, si tratta di suo figlio, Logan» esalò con difficoltà il dottore, quasi come se avesse timore di continuare.

«Oh, lo so benissimo. Mio figlio viene qui da lei da più di tre mesi, per quale altro motivo avrebbe dovuto farmi chiamare?» rispose lei con una serenità che sbalordì il dottore. Possibile che quella donna non fosse minimamente preoccupata della salute del figlio? In fondo lui era uno psichiatra e Patricia aveva portato Logan lì per capire cosa avesse.

E adesso che lui stava per darle le risposte che voleva, prendeva tutto col sorriso e con leggerezza?

Cosa voleva dimostrare? Perché non si calava giù la maschera della donna dura e forte e tornava ad essere semplicemente quella che era? Una madre. La stessa madre che era entrata nel suo studio tre mesi prima, con aria preoccupata, insieme a quel bimbo dagli occhi scuri e dallo sguardo smarrito.

Il dottor Meder ricordava ancora quello sguardo. Gli era entrato dentro trafiggendolo e lì, aveva subito capito che c'era qualcosa che non andava... qualcosa di serio.

«Signora Dark, ho indagato a lungo sul comportamento di suo figlio. Era venuta qui da me dicendo che d'improvviso Logan era diventato taciturno, triste, che si isolava dai compagni e che, spesso, di notte soffriva d'incubi».

«Sì. È corretto» annuì lei senza batter ciglio.

«Credo di avere le risposte che mi ha chiesto» commentò il dottore aprendo una cartellina.

Patricia sbatté forte gli occhi. Non voleva sapere. Non poteva sapere. Aveva una strana sensazione dentro e non voleva che il dottore la confermasse.

«Dottor Meder, probabilmente mio figlio è solo un po' stressato. Sa, la scuola, le lezioni di piano, i vari sport che segue e...»

«Signora Dark, qui non si tratta di stress, qui c'è molto di più». Il dottore si fermò un istante e prese un bel respiro. Era il suo lavoro e non era la prima volta che vedeva casi come quello e madri che negavano l'evidenza o si rifiutavano di voler credere.

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