Tra vittorie e spazzolini

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Andrea's POV

Sentivo il sudore scendermi lungo la schiena, i muscoli delle gambe tirare ad ogni balzo, la palla che mi danzava tra le mani ad ogni palleggio e la stanchezza che iniziava a farsi sentire. Non le diedi ascolto, continuai a correre con gli occhi focalizzati sul canestro. Le urla dei compagni mi accompagnavano, le tempie mi pulsavano. Saltai. Lasciai andare la palla e ricaddi a terra. Fu una frazione di secondo e mi sentii sollevare: avevamo vinto.

La nostra scuola, o meglio la nostra ex scuola, era appena entrata alle semifinali per la prima volta da quando avevano creato la squadra di basket degli ex allievi, ossia 32 anni. Gli spalti esplosero, urla, pianti, risate, spazzolini, sì.. Mi volò vicino uno spazzolino lanciato da chissà chi. Era appena stata segnata la storia.

La mia ex preside si precipitò sul campo, a metà percorso inciampò, ma il suo entusiasmo la salvò dal cadere. Appena raggiunta la squadra non fece altro che complimentarsi gridando ed esultando. Fu uno spettacolo alquanto strano, dato che era una signora di una certa età molto pacata che in tutti gli anni passati a scuola non l'avevo vista scomporsi nemmeno in un'occasione. Non riuscivo a realizzare, ce l'avevamo fatta, dopo mesi di duri allenamenti ce l'avevamo fatta. I ragazzi della squadra ancora non mi avevano rimesso a terra, ma bensì continuavano a farmi saltare in mezzo alle grida.

Vidi da lontano il mio amico Riccardo esultare, cercai di divincolarmi per farmi rimettere a terra. Afferrai una borraccia e corsi da lui, o almeno ci provai, era pieno di ragazzi che mi fermavano continuamente per complimentarsi e festeggiare. Dopo una trentina di strette di mano e una paresi al viso per la troppa gioia finalmente lo raggiunsi.

- Sei stata grande!! L'ultimo canestro è stato epico!

- Si dai, non è andata male, ce la siamo cavata – Mi pavoneggiai.

- Non fare la finta indifferente, tutti questi applausi non fanno altro che accrescere il tuo egocentrismo

Risi, era vero. Avevamo raggiunto un traguardo sensazionale, che nessuno mai si sarebbe aspettato. Guardai verso il campo, dove tutti si erano affollati continuando a saltare e ad abbracciarsi l'un l'altro, adoravo come lo sport creasse una tale complicità, era più soddisfacente che vincere. No okay, era quasi più soddisfacente.

- Andrea comunque io devo andare, tra un'ora mi inizia la lezione di genetica. È troppo importante per il prossimo esame.

- Sisi vai, tranquillo. Ci vediamo domani da Jo alla solita ora.

Ci salutammo e tornai dalla mia squadra insieme a tutti i festeggiamenti. Durarono ore, tornai a casa giusto in tempo per l'ora di cena, ero completamente distrutta.

Entrai in casa e passai dalla cucina afferrando il piatto che mia madre mi aveva preparato prima di andare a lavoro, insieme al solito bigliettino "Torniamo tardi non aspettarci in piedi". Buttai il biglietto, scaldai il piatto di pasta nel microonde ed andai in camera mia buttandomi sul letto. Mi addormentai appena finito di mangiare, feci appena in tempo a spostare il piatto, che il sonno prese il sopravvento.

***

La mattina dopo fu una tragedia. Tutto il mio corpo doleva, le gambe erano praticamente in coma. Solo vestirsi fu un'impresa, stavo quasi per rinunciarci, ma poi pensai che era indispensabile per essere socialmente accettabile.

Dopo aver quindi indossato la mia solita maglia da basket e i soliti jeans strappati ed essermi legata i miei lunghi capelli neri, uscii di casa. L'università era ad un paio di isolati, quindi come tutte le mattine la raggiunsi a piedi. Entrai nel parcheggio e vidi la mia professoressa di lettere uscire dall'auto con una pila di libri e fogli in mano che sovrastava completamente la sua statura di un metro e un pinolo. Ovviamente, come volevasi dimostrare, fatti tre passi, tutto le finì a terra, attirando le risatine di mezzo cortile.

- Professoressa buongiorno. Le serve una mano?

- De Stefani, passa lei e accadono disgrazie.

- Su prof, non dica così, sono la sua salvezza.

La professoressa come di routine sbuffò, mentre io la aiutai a raccogliere tutto portandolo dentro il suo ufficio.

- Prof dovrebbe trovarsi un'assistente.

- De Stefani so benissimo come organizzare il mio lavoro, non deve preoccuparsi. Comunque la mia assistente inizia domani, alla lezione delle 11 la conoscerà.

- Vede prof? Ho idee spettacolari.

- De Stefani se ne vada, mi sta solo facendo perdere tempo.

La salutai e ridacchiando raggiunsi l'aula del professor Lupin, o almeno era questo il soprannome che tutti gli davano, dato che era fisso a mangiare cioccolata. Appena entrata vidi Azzurra sedersi al suo solito posto, quindi la raggiunsi e mi sedetti accanto a lei. Eravamo amiche dalla seconda liceo, quando io cambiai scuola passando dal tecnico al classico. All'inizio non scorreva buon sangue tra noi, soprattutto perché lei pensava che mi piacesse il ragazzo che lei frequentava da circa un anno, capì ben presto che non rispecchiava i miei interessi. Azzurra era quasi l'opposto di me: adorava lo shopping e vestirsi bene per ogni occasione, il trucco era un requisito fondamentale per mettere piede fuori di casa ed in più faceva danza classica. Due gocce d'acqua.

- Ehi bella bionda! – la salutai

- Non sono bionda – rispose tirando fuori il suo notebook dallo zaino

- Per quello non sei neanche bella, ma ti voglio bene lo stesso.

- Se questo è il tuo modo di dare il buongiorno alla gente ti consiglio di rivedere il tuo repertorio.

- Ma smettila! Non aspetti altro la mattina

  Azzurra fece per rispondere, ma il professore entrò in aula richiamando il silenzio.  

- Che la lezione di storia moderna abbia inizio. – Le sussurrai.

- De Stefani si sieda – Mi riprese Lupin

- Si, mi scusi prof.

- Riesci, per una sola mattina, a non attirare l'attenzione dei prof su di te? – Mi stuzzicò la mia amica

- Non ne possono fare a meno.

 Lei alzò gli occhi al cielo e prese ad ignorarmi per il resto della lezione, che risultò alquanto interessante.  

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lau9933

La diversità ci rende similiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora