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              La prima vittima

La stanza da letto di Paola, era completamente immersa nel buio e silenziosa.
Di tanto in tanto, nella stanza, si udiva il fruscio delle lenzuola e gli sbuffi di Paola, che non riusciva a dormire.
Paola si stropicciò gli occhi arrossati e guardò la radio-sveglia sul comodino di fianco a lei, segnava le 23.10.
Non riusciva a dormire, era inquieta per il lungo viaggio che avrebbe dovuto affrontare il giorno dopo.
Decise di andare in cucina, a prepararsi qualcosa di caldo che l’avrebbe aiutata a dormire meglio.
Non accese la luce del comodino e tentoni cercò la vestaglia.
Al buio, attraversò la stanza e il corridoio, illuminato solo dalla luce dei lampioni, che filtrava dalle tapparelle abbassate.
Camminare al buio le piaceva, la faceva sentire protetta.

Seduto al posto di guida, l’uomo osservava il palazzo di fronte a lui e pazientemente aspettava il momento giusto per agire.
Sul sedile del passeggero, era appoggiato un piccolo borsone nero da palestra.
D’un tratto vide accendersi una luce, all’ultimo piano del palazzo che stava osservando.
Il momento era arrivato, afferrò il borsone e scese dalla macchina parcheggiata nell’ombra, attraversò la strada e si avvicinò al portone.
Aveva messo appunto un piccolo trucco per aprire con facilità il portone, semplice ma efficace.
Un piccolo trucco, che usava sin da bambino, quando veniva punito dal padre.
Silenzioso come un gatto, l’uomo salì tre rampe di scale.
Nascose il borsone in cima alle scale, che portavano al vano ascensore del palazzo, indossò un nuovo paio di scarpe e il cappello, lisciò la divisa e si preparò per la messa in scena.

Paola accese la luce del cucinino e dalla credenza prese una tazza, la riempì d’acqua e ci versò alcune gocce di tranquillanti, che sperava, l’avrebbero aiutata a dormire meglio, e rimise la boccetta nella tasca della vestaglia.
Infilò il filtro della camomilla nella tazza e la mise nel microonde.
Dopo alcuni minuti sentì il campanellino che indicava che l’acqua era pronta.
Aprì lo sportellino e stava per prendere la tazza, quando sentì suonare il campanello.
Perplessa guardò l’orario, le 23.20 chi poteva essere a quell’ora?
Si affacciò nel corridoio e accese la luce, che le ferì gli occhi, verdi come smeraldi.
Si avvicinò alla porta e guardò dallo spioncino.
Alla porta c’era un uomo in divisa da poliziotto; il cuore le balzò in gola, aveva già vissuto quella tragica esperienza e la cosa non le piaceva per niente.
Il poliziotto suonò nuovamente.
Paola allora si sistemò i capelli, ancora arruffati e schiuse la porta, bloccata dal ferro di sicurezza.
Il poliziotto la guardò dritta negli occhi e con tono calmo e deciso le disse - Buona sera, mi perdoni il disturbo, lei è la signora Paola Cairoli? –
Paola fece un cenno di assenso con la testa. – Signora Cairoli, lei conosce una certa... Teresa Locatelli? – Paola si sentì cedere le gambe, poi fece un altro cenno di assenso con la testa, il poliziotto allora si sistemò il cappello e in tono grave le chiese di farlo entrare. Paola chiuse quindi la porta, tolse il ferro di sicurezza e la riaprì.
Le mani le tremavano, terrorizzata all’idea di quello che avrebbe potuto sentire.
Il poliziotto entrò in casa e Paola, lo fece accomodare su una delle sedie della cucina.
Si sedettero entrambi e il poliziotto si poggiò il cappello sulle ginocchia, scoprendo il cranio completamente rasato.
- Signora Paola, sono rammaricato nel comunicarle che la sua amica, la signora Locatelli, è deceduta in un grave incidente stradale avvenuto due ore fa. Il personale paramedico non ha potuto far altro che costatare il decesso della signora. –
La voce del poliziotto, Paola non la sentiva più, era pallida come un cencio e quasi non riusciva a parlare e aveva il cervello appannato dal dolore, il viso già rigato di lacrime. – Signora, posso prenderle qualcosa da bere per farla sentire meglio? –
Paola si asciugò le lacrime col dorso della mano.
– Mi stavo preparando una camomilla quando lei ha suonato il campanello. –
Fece cenno di alzarsi, ma il poliziotto la fermò dicendole che le avrebbe portato lui la camomilla.
Si alzò e andò a prendere lui la tazza che si trovava ancora nel microonde.
La porse a Paola, che cominciò a bere avidamente, aveva veramente bisogno di qualcosa che le calmasse i nervi. Il gusto dolciastro del tranquillante si sentiva, ma ci era abituata anche se questa volta lo sentiva più forte  del solito.
– Ma com’è successo, Teresa è…era una persona molto prudente alla guida; e poi come avete fatto a trovarmi, come sapevate che la conoscevo? – Chiese Paola appena si fu ripresa un momento.
- Vede, purtroppo una macchina che aveva perso il controllo, le ha tagliato la strada a tutta velocità prendendola in pieno. Anche se la signora Teresa portava la cintura di sicurezza, l’impatto è stato così violento che ha sfondato il parabrezza, morendo quindi sul colpo. Durante i rilievi poi, i miei colleghi hanno trovato nell’auto la sua borsa, e cercando tra i documenti hanno trovato un’agenda, in cui la sua amica aveva scritto che in caso di emergenza si sarebbero dovuti rivolgere a lei, e così abbiamo fatto. – Il poliziotto osservò il volto sconvolto di Paola e prese la busta gialla che aveva appoggiato sul tavolo, la aprì ed estrasse l’agenda di pelle marrone della sua amica Teresa.
Paola sgranò gli occhi e scoppiò a piangere, il poliziotto la invitò a bere la camomilla per calmarsi, e lei tremante e sconvolta ubbidì.
Paola cominciò a sentirsi male, le girava forte la testa, si appannò la vista, cercò di alzarsi, ma cadde priva di sensi a terra.
Con tutta calma il poliziotto si alzò e trascinò il corpo della ragazza al centro della stanza.
Guardò dall’alto il corpo esanime della ragazza e uscì dalla casa solo per un momento, giusto il tempo di prendere il borsone che aveva nascosto in cima alle scale e rientrare in casa, richiudendosi la porta alle spalle.
Posò il borsone accanto al corpo e dalla tasca dei pantaloni estrasse un fazzoletto, si mise cavalcioni sul corpo della ragazza e soffocò col fazzoletto il suo debole respiro.
La ragazza cercò di ingoiare l’aria ma non ce la fece, le sue gambe si mossero frenetiche in un ultimo spasmo mortale, prima che il suo cuore cessasse di battere.
Spogliò completamente Paola e piegò accuratamente tutti i vestiti, sistemandoli sul piccolo divano accanto al tavolo della cucina, prese l’agenda che si trovava ancora sul tavolo e la sistemò in bella vista sulla pila di vestiti.
Si tolse i guanti di pelle che indossava e li poggiò sul tavolo.
Il poliziotto aprì il borsone e s’infilò un paio di guanti di lattice, poi prese un bisturi e creò uno squarcio sul petto della vittima, che andava dal centro dei seni fino alla fine dello sterno.
Una mano sicura, ferma, impassibile.
Un rivolo di sangue fuoriuscì dalla ferita, sporcando il ventre della donna.
Con l’ausilio di un divaricatore creò un’apertura, tra la carne e i muscoli.
Infilò le mani nel varco e quando trovò il cuore, lo asportò dalla cavità toracica.
Un fiotto di sangue gli sporcò la faccia, sentendone il sapore dolciastro e caldo sulle labbra, quindi si pulì la faccia con lo stesso fazzoletto che aveva usato per soffocare la sua prima vittima.
Infilò la mano nel borsone e prese un contenitore sterile, e lì sistemò il cuore chiudendolo ermeticamente.
Infilò il contenitore nel borsone e, fischiettando sadicamente, ne estrasse una spugna di mare in precedenza intrisa d’acqua.
Pulì accuratamente tutto il sangue che ne era fuoriuscito e con calma e precisione ricucì il petto di Paola, con estrema maestria.
Tutto era perfettamente pulito e in ordine, tutto procedeva come aveva previsto, senza alcuna fretta.
Guardò l’ora sull’orologio a parete della cucina, non ci aveva messo poi molto e fu soddisfatto della sua opera.
Sessanta minuti erano un tempo ragionevole per un’operazione del genere, che richiedeva precisione e calma.
Spostò il borsone alzandosi dal corpo di Paola, ora poteva cominciare per lui il vero piacere. Il suo regalo di compleanno.
Si spogliò, mettendo la camicia che si era sporcata in una busta, passò una mano sugli occhi di Paola, e li chiuse. Si calò i pantaloni e fece sesso con il cadavere.
Indossava già il preservativo, lo aveva fatto per evitare di lasciare tracce sul corpo o in casa.
Il poliziotto era talmente eccitato che raggiunse l’orgasmo in pochi minuti e questo fu per lui una cosa meravigliosa.
Il volto, madido di sudore e rosso per l’eccitazione. Aspettò di calmarsi, poi si distaccò dal corpo osservandolo compiaciuto.
Passò le dita tra i capelli lisci e castani di Paola, scostò una ciocca di frangetta e a stento si trattenne dal baciarla, ma non poteva.
Non poteva lasciare alcuna traccia di se.
Si alzò e si rivestì infilandosi una camicia pulita che aveva portato di riserva.
Aveva previsto l’imprevisto, aveva studiato tutto nei minimi dettagli.
Non voleva fare una brutta figura con Martah.
Prese da una tasca laterale del borsone, una busta da lettera che mise sul tavolo.
Raccolse tutte le sue cose e uscì per sempre da quella casa.
Scese le scale e raggiunse la sua macchina, lasciandosi scivolare dolcemente sul sedile.
Rimase seduto per un po’ ed attese di riprendere la lucidità dopo tutta quella eccitazione.
Mise in moto e al semaforo svoltò a sinistra.
Le strade erano deserte e in pochissimi minuti raggiunse il suo pezzo di mondo malato.
Il fetido buco in cui si era rintanato era buio e puzzava di muffa, sigarette e fiori marci.
Uno scantinato adibito a monolocale, un posto maleodorante degno di lui, che si trovava nel seminterrato di una palazzina di due piani, di proprietà del padre.
Accese la luce a neon, che cominciò a ronzare e a lampeggiare prima che si assestasse completamente.
Scese i pochi gradini e posò il borsone che stringeva tra le dita, su un banco da lavoro di fronte al suo “muro dell’odio” e lo aprì.
Per prima cosa prese la spugna, ancora intrisa di sangue e acqua da una scatola di metallo dove l’aveva riposta, e la mise sul fondo di un piccolo lavandino lì di fianco, stessa cosa fece poi con il bisturi e il divaricatore.
Uscì il contenitore sterile che conteneva il cuore e s’infilò un nuovo paio di guanti.
Sul tavolo, c’era un piccolo fornelletto a gas da campeggio, prese una padella e la mise sul fuoco a scaldare.
Aprì il contenitore sterile e spremette il cuore per fare uscire il sangue che era ancora al suo interno, lo pulì con un coltello e lo mise nella padella a cuocere.
Prese il contenitore e osservò alla luce del neon la semi trasparenza rossastra del sangue, sorrise e lo bevve tutto d’un fiato.
Scrollò le spalle quasi a voler far sistemare dentro di se l’energia vitale della donna.
Il cuore stava rosolando nella padella e appena fu pronto lo mangiò avidamente, spuntino di mezzanotte, pensò lui.
Appena si fu rifocillato si sentì quasi rinascere e rise per il suo primo vero successo.
Portò la padella nel lavandino e lavò accuratamente tutto quanto, senza lasciare la minima traccia.
Man mano che puliva vedeva scivolare, giù nelle tubature arrugginite, il sangue che restava e un sorriso beffardo e malefico si stampò sul suo viso da assassino.
Ora che tutto era pronto e pulito poteva prepararsi per la prossima vittima, quella sì che sarebbe stata una sfida, una vera opera d’arte.
Doveva organizzarsi molto bene e non commettere errori, doveva fare molta attenzione. Ora doveva riposarsi, di lì a pochi giorni ci sarebbe stato il funerale di Paola e lui doveva presentarsi al meglio.
Aprì il divano letto, si spogliò e si infilò sotto le coperte. Fece scivolare le mani verso il basso fino ad incontrare il rigonfiamento sotto i suoi boxer e si masturbò, raggiungendo nuovamente, rapidamente, l’orgasmo.
Si addormentò subito, con un sorriso stampato sul volto. Solo, in compagnia dei suoi sogni e dei suoi incubi più reconditi.
































Nephila la tela assassina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora