-3-

38 7 4
                                    

Confessioni

La sveglia risuonò martellante alle 7:00 in punto, svegliando Martah di soprassalto.
Anche se aveva appuntamento alle 10:00 da Andrea, voleva fare tutto con calma.
Voleva apparire riposata agli occhi di Andrea anche se non lo era.
Si alzò dal letto, era intontita, sentiva la testa pesante, ma era assolutamente normale.
Dopo una lunga doccia gelata, si sentì tonificata, rigenerata e un buon caffè amaro avrebbe dato il tocco finale a quel risveglio.
Ancora in accappatoio quindi, andò in cucina accese la macchinetta del caffè e aspettò che la spia verde si accendesse.
Il caffè si riversò caldo e cremoso nella tazzina, spargendo in tutta la stanza il suo inconfondibile aroma.
Di solito il primo caffè che beveva era quello della moka, preparato il giorno prima, insieme al latte freddo, poi prima di uscire si faceva quello alla macchinetta, ma quel giorno aveva bisogno di una scossa energetica.
Per far cambiare aria alla stanza, spalancò le imposte di legno della finestra della cucina.
Fuori c'era odore di terra ed erba bagnati, l'aria era fredda ma non eccessivamente, anzi era piacevole.
Si fermò un momento ad osservare il muro di mattoni che aveva di fronte; proprio davanti alla sua finestra, qualcuno aveva scritto con lo spray blu una citazione di una canzone di Zucchero "Come sei bella tu scendi da una stella".
Martah si sorprendeva, alle volte, a canticchiare quel motivetto.
Le metteva allegria, la frase era comparsa qualche mese dopo il suo arrivo in quella casa e alle volte si domandava a chi fosse dedicata quella frase.
Dopo quell'ottimo caffè ci voleva una sigaretta, prese il pacchetto e andò nello studio a godersi la sua sigaretta, con calma, senza fretta, aveva ancora un po' di tempo prima dell'appuntamento con Andrea, ma aveva comunque voglia di muoversi e uscire.
Andò a vestirsi e alle 8:30 era già fuori di casa, non voleva sfidare troppo la sorte con il traffico, per questo usciva sempre con largo anticipo.
Parcheggiò davanti al commissariato poco dopo le 9:00, un'ora prima dell'appuntamento, ma Martah questo non lo considerava, non le importava.
La porta dell'ufficio di Andrea si aprì mentre lei stava per bussare, entrambi si spaventarono ed entrambi scoppiarono a ridere.
- In anticipo! -
- Quando il dovere chiama! Ero passata per sapere se ci fossero novità sulla lettera trovata a casa della vittima. -
- E in questo foglio c'è la risposta, questa è una copia e te la stavo portando in ufficio. -
- Qualcosa di interessante? -
- Direi più di inquietante. -
- Spiegati. -
- Il nostro assassino ha scritto un biglietto "Mi serve il tuo cuore" bella grafia, ha usato forse una penna stilografica a giudicare dalla quantità irregolare dell'inchiostro in alcuni punti della frase. - Martah assunse un'aria pensierosa.
- Strano ma, qualcosa mi dice di aver già sentito questa frase, non lo so, puoi procurarmi una scansione della lettera in modo da guardarla con calma. -
- Nessun problema; comunque io stavo andando al bar a prendere un caffè, mi fai compagnia? -
- Molto volentieri, un caffè non si rifiuta mai! -
Uscirono nel cortile e percorsero i pochi metri che li separavano dal bar, si accomodarono uno di fronte all'altro e attesero pochi minuti prima che un cameriere gli chiedesse cosa desideravano.
Entrambi presero la stessa cosa, due caffè e due cornetti, e quando furono lasciati soli, in attesa dei caffè Andrea fissò Martah dritta negli occhi e con tono fermo le disse: - Lo sai che prima o poi dovrai dirmi cosa ti succede, è inutile che continui a mentirmi, ma soprattutto a mentire a te stessa. -
A quelle parole, un velo di tristezza si parò davanti agli occhi di Martah, le mascelle le si irrigidirono, i muscoli si contrassero.
- Scusa Andrea ma è una faccenda che riguarda soltanto me e il mio passato, ma non influenza il mio lavoro. -
- Scusa se te lo dico ma stai sbagliando, in questo lavoro bisogna essere al 100% e tu non lo sei, e così rischi di mettere in pericolo non solo la tua vita ma anche quella della tua squadra. - Andrea si diede un colpetto con le dita alla spalla destra. - Lo so bene, io. E questa cicatrice me lo ricorda tutti i giorni. Risale a quando mia figlia è sparita da casa. Mi buttai a capofitto nel lavoro dicendo a me stesso che ero concentrato, che andava tutto bene, ma non era così. Un colpo di "calibro 9" piantato nella spalla me lo ha fatto capire come si deve. La mano armata era quella di una prostituta che cercava di sfuggire all'arresto, ma io in lei vedevo solo il volto di mia figlia.- Il tono di voce era un po' sopra i toni, ma non era arrabbiato, piuttosto sinceramente preoccupato.
Martah chinò la testa e posò gli occhi sulla tazzina di caffè che le era appena stata servita.
- Scusa ma mi ci vuole un po' di tempo per elaborare il lutto. -
Le parole le scivolarono via dalla bocca senza quasi accorgersene, tentò di ricacciarle indietro, ma era troppo tardi, Andrea rimase sbigottito.
- Scusa quale lutto, non mi hai detto nulla. -
- Di mio zio. -
- E quando è successo? -
- Due settimane fa. Era ubriaco fradicio, stava guidando e stava piovendo, ha perso il controllo della macchina e ha fatto un volo giù dalla scarpata. -
- Cristo Santo, Martah ma perché non me lo hai detto subito, come minimo ti davo una settimana di ferie per andare al funerale. -
- Non ne valeva la pena, quel bastardo non meritava... la mia presenza al suo funerale. -
Andrea sbiancò in volto nel sentire le parole di Martah, e nelle sue parole avvertiva un'esplosione di rabbia e dolore mai espressi prima.
- Martah cosa ha fatto tuo zio per meritare tutto quest'odio da parte tua. -
Martah alzò lo sguardo e fissò Andrea con occhi pieni di risentimento, tristezza e dolore.
- Ha ripetutamente abusato sessualmente di me per anni. Mi ha sempre e solo considerata un oggetto di sua esclusiva proprietà, un pupazzo nelle sue mani. Andrea tu sei la prima persona in assoluto che sa quello che mi è successo, mi sono sempre rifiutata di credere che avesse veramente fatto quelle cose, ma purtroppo non è così. Ho sempre ficcato la testa sotto la sabbia ed ora mi ritrovo ad avere attacchi di panico, insonnia e difficoltà ad avere relazioni. -
Quelle cose le disse tutte d'un fiato, come un fiume in piena, senza quasi rendersene conto. Era veramente la prima volta che ne parlava a qualcuno e si sentì liberata di colpo da un macigno che gravava sul suo stomaco, tant'è che quasi non riusciva a respirare.
Andrea si sentì gelare il sangue nelle vene, sconvolto da quello che aveva sentito.
Appena riprese fiato, Martah bevve tutto d'un sorso il suo caffè, ormai freddo ed uscì dal bar chiedendo scusa ad Andrea, aveva bisogno di aria.
Aveva smesso di piovere e si intravedeva un timido sole; tremava e si appoggiò al muro e dalla borsa prese il pacchetto di sigarette, ne prese una e l'accese.
Intanto Andrea finì di bere il suo caffè e i cornetti li fece mettere in due buste da portare, pagò ed uscì, e rimase stupito nel vedere Martah fumare, era la prima volta. Andrea le mise una mano sulla spalla facendole cenno di avviarsi.
Martah sembrava più tranquilla ora, Andrea decise di prendere la sua macchina privata per raggiungere l'abitazione della madre di Paola.
Era un complesso residenziale di villette a schiera, che si trovava quasi alla fine di
Santo Spirito, di fronte al mare, tant'è che il complesso era stato chiamato appunto, "Riva di Mare".
Generalmente i residenti di quel complesso erano vacanzieri, che abitavano quelle case esclusivamente nel periodo estivo, fatta eccezione per pochissime persone che vi abitavano lì tutto l'anno, solo due coppie di pensionati e Maria, la madre di Paola che si era trasferita lì qualche mese prima della morte del marito.
Il complesso era sorvegliato di giorno e di notte da una guardia armata, per motivi di sicurezza.
Essendo il complesso disabitato per nove mesi l'anno si volevano evitare spiacevoli sorprese.
Andrea fermò la macchina davanti alla sbarra che delineava l'ingresso e dopo qualche secondo una guardia fece capolino dal gabbiotto per chiedere le loro generalità.
Andrea e Martah mostrarono i loro distintivi dicendo che avevano appuntamento con la signora Maria Cairoli.
La guardia spiegò loro come arrivare alla villetta e azionò la sbarra per farli passare, salutandoli col saluto militare.
La Ford Focus azzurra di Andrea passò oltre la sbarra e, dopo pochi metri si fermò al civico in cui abitava Maria.
Una villetta a schiera identica a quelle che la circondavano, cancello in ferro zincato a freddo, prato all'inglese ben curato, vialetto di ciottoli, imposte di legno verde.
Martah e Andrea scesero dalla macchina e suonarono il campanello, dopo pochi secondi sentirono lo scatto della serratura del cancello che si mosse cigolando leggermente.
Attraversarono il vialetto e salirono i tre gradini del porticato, non fecero in tempo a suonare che la porta venne aperta da Lourdes, la domestica filippina della signora Cairoli.
- Prego accomodatevi in salotto, la signora Maria arriva subito. -
Lourdes era stata assunta dalla famiglia per aiutare Maria, che con l'artrite non riusciva più a fare molto.
I due rimasero soli, in silenzio, ad osservare quell'ambiente candido, ma sterile allo stesso tempo.
Un pianoforte nero a coda nell'angolo vicino alla finestra, un caminetto progettato più per fare scena che per funzionare, una consolle con alcune foto in cui si intravedeva Paola da bambina tra le braccia del padre, due divani e una poltrona in finta pelle bianca e un tavolino basso ovale in vetro a completare la cornice.
Sembrava tutto preso da una rivista di arredamento, a parte le foto mancava il tocco personale.
Mentre entrambi traevano le stesse conclusioni, alle loro spalle comparve nuovamente Lourdes che sorreggeva Maria.
- Prego accomodatevi pure. - il sorriso di Maria era spento, ma si sforzava di essere dignitosa e di non far vedere il dolore che le lacerava il cuore, ma era difficile.
Martah e Andrea sedettero sul divano a due posti, mentre Maria si sedette di fronte a loro sulla poltrona singola.
Maria era pallida e aveva gli occhi arrossati e cerchiati di nero, in mano stringeva un fazzoletto e respirava a fatica.
- Vi prego, catturate l'assassino di mia figlia, una madre non dovrebbe sopravvivere ai propri figli! - furono queste le prime parole di Maria.
- Signora faremo il possibile per prenderlo, ma lei ci deve aiutare. È doloroso lo so, ma dovrebbe cercare di rispondere ad alcune nostre domande, a volte la chiave è nelle piccole cose. -
- Risponderò a tutte le vostre domande, qualsiasi cosa. -
Martah aprì il taccuino nero che stringeva tra le mani e prese la penna, la sera precedente aveva abbozzato a qualche domanda da porre alla signora.
- Signora, in casa di sua figlia abbiamo trovato pochi effetti personali, che lei sappia custodiva un diario? -
- No, un diario non le serviva, lei mi confidava tutto, prima era molto chiusa nei nostri riguardi, molto timida, poi con la perdita del ragazzo ha cominciato a confidarsi con me. Era triste e depressa, ma si è aperta con me, si fidava solo di me e di Teresa, la sua migliore amica e qualsiasi cosa l'avrebbe detta sia a me che a lei. -
- Capisco! E sua figlia le ha mai confidato di sentirsi seguita, di aver ricevuto minacce di alcun tipo, magari telefonate o lettere strane, tali da metterla sulla difensiva? -
- No, non mi ha mai detto di sentirsi seguita. - la porta si aprì e fece capolino Lourdes, con un vassoio che sistemò sul tavolino di fronte a loro e Maria la ringraziò con un sorriso.
Sul vassoio c'erano tre tazze vuote, una teiera e biscottini al burro.
- Prego servitevi pure, non accetto un no come risposta. -
Martah e Andrea si guardarono e facendo spallucce si riempirono le tazze di tè al bergamotto.
Maria stava girando il suo tè quando all'improvviso si bloccò alzando la testa di scatto.
- Però adesso che ci penso, qualche settimana fa, Paola mi ha detto di aver ricevuto una telefonata da un uomo, si è presentato come intervistatore telefonico e aveva cominciato a farle un sacco di domande, inizialmente lei ha risposto tranquillamente però ad un certo punto lei si è innervosita e ha tagliato corto liquidando l'intervistatore. Può non centrare nulla, ma ricordo che quando poco dopo mi ha chiamato raccontandomi della telefonata, l'ho sentita più che altro triste. -
- Ricorda il tema dell'intervista? -
- Si, mi disse che inizialmente riguardava i viaggi, poi però ad un certo punto ha fatto domande un po' troppo personali e credo che sia stato in quel momento che si è innervosita liquidando l'intervistatore o presunto tale. -
- Ricorda la data precisa della telefonata? -
- No, ma le ripeto, circa due settimane fa. -
- Ci autorizza a visualizzare i tabulati telefonici di sua figlia? -
- Certamente, se può esservi d'aiuto fate pure. -
- Bene, noi abbiamo finito. -
- Ora posso farle io una domanda? -
- Certo mi dica pure? -
- Quando potrò riavere mia figlia? -
- Speriamo entro due giorni, ma dipende dal nulla osta del magistrato, comunque sarà nostra premura avvisarla per tempo, ma la prego di una cosa, ci avvisi sulla data dei funerali, perché dovremo essere presenti, è possibile che il nostro assassino si presenti al funerale o che comunque in qualche maniera partecipi al suo dolore, quindi dovremo controllare tutti i partecipanti. -
- Ma è pazzesco! -
- Lo so, ma purtroppo ci è già capitato. -
- Lo farò certamente. -
Martah e Andrea si alzarono salutando la donna, distrutta dal dolore, accompagnati alla porta da Lourdes e salirono silenziosamente in macchina.
Alla sbarra, salutarono il guardiano e si diressero al commissariato.
Chiamarono il magistrato che diede disposizione per il rilascio dei tabulati telefonici, l'autorizzazione scritta e firmata dal magistrato venne spedita via fax nell'ufficio di Andrea.
Spesso le compagnie telefoniche si erano ritrovate a collaborare con le forze dell'ordine, quindi non ebbero problemi ad ottenere ciò che volevano.
I tabulati arrivarono via fax dopo circa mezz'ora e Andrea chiamò Martah nel suo ufficio per consegnarglieli.
Dopo pochi minuti che Martah era entrata nell'ufficio di Andrea, sentirono bussare.
Dalla porta fece capolino Teresa, e Martah e Andrea si stupirono della sua presenza.
- Chiedo scusa per l'intrusione, ma volevo mostrarvi questo. - Entrò nella stanza tendendo loro una busta di carta che consegnò a Martah.
- Questa è la borsa che indossavo l'altra sera, quando sono stata derubata. -
Martah guardò Andrea per un attimo e chiesero spiegazioni.
- Oggi sono uscita per fare alcune commissioni urgenti, dopo alcuni minuti che ero rientrata ho sentito il campanello, allo spioncino non ho visto nessuno, solo una sagoma che scendeva le scale del pianerottolo. Con quello che è successo a Paola ho avuto un po' di paura, quando ho visto che non c'era alcun movimento sulle scale, ho aperto la porta e davanti ai piedi mi sono ritrovata la borsa. Ho avuto veramente paura, ad ogni modo con un fazzoletto ho preso la borsa e l'ho portata in casa, il contenuto è rimasto intatto, tutto quello che avevo è rimasto, soldi, carte di credito, documenti, c'era tutto, mancava solo l'agenda che avete trovato a casa di Paola. Ho infilato un paio di guanti per evitare di "inquinare le prove" spero sia utile. -
Martah sorrise per i riguardi che Teresa aveva riservato loro.
- Grazie mille Teresa, ora per un po' dovremo tenere la sua borsa e i suoi effetti personali per analizzali e le restituiremo la borsa quanto prima. -
- Nessun problema. - Teresa si richiuse la porta alle spalle uscendo e rimasti soli, Martah e Andrea concordarono che era assolutamente da escludere la rapina, l'assassino cercava qualcosa che Paola avrebbe riconosciuto con sicurezza e che ha spinto ad aprirgli la porta.
- Bene Martah, porta per favore la borsa al laboratorio della scientifica e va' a casa con i tabulati, così li guardi con tutta calma, appena scopri qualcosa me lo fai sapere. E volevo chiederti scusa se ho insistito nel chiederti cosa non andava, non potevo lontanamente immaginare, non posso che darti il mio più totale sostegno. -
A Martah non uscirono parole, e ad Andrea bastò guardarla per capire il dolore di quel momento, ma anche il velo di tristezza che si stava dissipando dando spazio a una nuova vita.
Martah uscì dall'ufficio con il pesante faldone che conteneva i tabulati e gli occhi lucidi, ma questa volta non si curò di nasconderlo.
Caricò tutto in macchina e tornò a casa.
Salem come suo solito l'accolse facendole le fusa e lei questa volta non si tirò affatto indietro anzi, lasciò la borsa e la giacca sulla sedia della cucina, prese in braccio Salem e si buttò sul letto con lei, facendosi mordicchiare e sentendo la sua lingua ispida sulla mano e sulle guance.
Dopo un'ora di fusa e coccole si alzò dal letto, si lavò abbondantemente le mani e cominciò a prepararsi qualcosa da mangiare.
Non aveva voglia di aspettare troppo tempo per la cottura della pasta e decise quindi di prepararsi una più veloce bistecca ai ferri accompagnata da un ottimo chianti preso dalla su personale cantina.
Mangiò con fame quasi liberatoria e dopo il caffè prese il faldone con i tabulati e lo portò con se nel suo studio.
Aprì la finestra e accese la sigaretta, fuori pioveva e mentre guardava la strada, attraverso la fitta buganvillee, le sembrò di notare la sagoma di un uomo fermo li dietro che la stava guardando, la pioggia era fitta e lei non era certa di quello che aveva visto.
Spense la sigaretta e richiuse la finestra.
Alla parete era appesa una lavagna metallica su cui si poteva scrivere, prese una calamita e in alto a sinistra attaccò la foto della vittima scrivendoci sotto il proprio nome, poi scrisse la frase del biglietto "Mi serve il tuo cuore" col pennarello rosso, questo le serviva a fissare nella sua mente ogni minimo dettaglio, poi aggiunse anche la scritta "intervista telefonica" e "rapina a Teresa".
Iniziava sempre così ogni indagine e ogni caso che le veniva affidato.
Si sedette alla scrivania e aprì il faldone, non conteneva molti fogli ma notò subito che Paola nell'ultimo mese, aveva parlato principalmente solo con la madre, due telefonate al giorno circa, e con Teresa, due o tre volte a settimana, stessa cosa per le chiamate in entrata.
Bastarono pochi minuti di lettura per far balzare agli occhi di Martah una telefonata ricevuta due settimane prima da un telefono non registrato, un numero di una cabina telefonica, la durata era di poco meno di dieci minuti, il periodo corrispondeva a quello che Maria aveva dichiarato.
Sui tabulati appariva anche l'indirizzo di dove si trovava l'apparecchio, era distante dal luogo del delitto, l'assassino era prudente.
Prese il telefono e chiamò Andrea comunicando le novità e si diedero appuntamento al luogo indicato con la speranza di trovare un minimo indizio.
Intanto Andrea si era procurato un mandato per requisire i video della sorveglianza nel caso in cui ci fossero state telecamere nei paraggi, in questi casi meglio prevenire.
Martah arrivò per prima in piazza Aldo Moro, dove si trovavano le cabine telefoniche, Andrea arrivò pochi minuti dopo di lei con il mandato pronto.
Le cabine si trovavano proprio di fronte all'ingresso delle ferrovie Apulo-lucane, ma lì purtroppo non c'erano telecamere, diedero uno sguardo in alto e notarono una sola telecamera puntata verso le cabine sulla strada opposta, un negozio di abbigliamento ad angolo, forse un po' troppo lontano, e forse neanche funzionante, ma dovevano tentare.
Il proprietario del negozio aveva installato la telecamera per scoraggiare azioni illecite vicino al suo negozio e registrava un dvd al giorno.
Tutti i dvd erano accuratamente datati e stipati in un magazzino.
Non fece assolutamente obbiezioni quando Andrea glieli chiese, e non ebbe nemmeno bisogno di mostrare il mandato, era figlio di un carabiniere morto in servizio e questo lo spinse alla massima collaborazione.
Martah e Andrea uscirono dal negozio dopo dieci minuti con una scatola che conteneva venti dvd, volevano vedere se l'assassino era stato sul posto per un sopralluogo.
Tornarono al commissariato e si chiusero nella sala interrogatori per vedere i video.
Chiesero a un poliziotto di portare il video registratore e quando, dopo pochi minuti, entrò il poliziotto con il televisore e il registratore, Andrea molto scherzosamente disse: - Martah, hai preso i popcorn? - entrambi scoppiarono a ridere, e non poté evitarlo nemmeno il poliziotto che aveva portato il televisore.
Andrea infilò il primo dvd andando in modalità veloce, ma non notarono niente di sospetto.
Andarono avanti ancora un po', poi decisero di passare direttamente ai dvd che rispondevano ai tre giorni precedenti la telefonata, anche in questi sembrava non esserci nulla di strano, a parte qualche piccolo reato.
Il dvd del giorno della misteriosa telefonata lo guardarono a partire dalle due ore precedenti fu Martah ad un tratto a rompere il silenzio indicando una figura in movimento.
- Guarda Andrea, quest'uomo sono sicura di averlo visto anche nel dvd precedente, o almeno sembra lui. -
Andrea bloccò la registrazione ed osservò la figura, confermando anche lui che gli sembrava di aver notato la stessa sagoma nel dvd precedente.
Fece ripartire il video e notarono che la figura si avvicinava alla cabina proprio in corrispondenza dell'orario indicato sui tabulati.
L'uomo aveva la corporatura massiccia, indossava un berretto abbastanza anonimo con la visiera e occhiali da sole scuri.
L'uomo passeggiava avanti e indietro sul piazzale e non rivolgeva mai lo sguardo alla telecamera, probabilmente sapeva bene dove si trovava, e anche la cabina probabilmente non era stata scelta a caso, dava le spalle alla strada e quindi era impossibile vederlo bene.
Era il loro uomo, ne erano certi entrambi, ma l'entusiasmo era smorzato per il fatto che avevano solo una sagoma, non lo vedevano bene.
Continuarono a guardare la registrazione nella vana speranza di vedere meglio qualche dettaglio.
Ad un tratto fu Andrea a fermare la registrazione, infatti subito dopo che il loro uomo aveva chiuso la telefonata, l'obbiettivo della telecamera inquadrò una persona che si dirigeva proprio verso la cabina e che aveva urtato quella sagoma.
- Lo conosco quell'uomo, forse quella vecchia canaglia potrebbe tornarci utile questa volta. Sicuramente ha visto in faccia il nostro uomo e potrebbe descrivercelo.-
- Di chi si tratta? -
- Una persona disgustosa, un viscido verme, che grazie ad un avvocato più viscido di lui l'ha sempre fatta franca. Ha la fedina immacolata, ma lo abbiamo accusato di furto, rapina, omicidio, violenza carnale. Ma come ti dicevo ha un avvocato meschino che lo ha sempre fatto scagionare da ogni accusa. Pensa, ha una cicatrice su un sopracciglio, provocato da una delle sue vittime, ma purtroppo prima di fare denuncia la vittima si è lavata, niente DNA, niente accusa. Nell'ambiente viene chiamato "u sfreggiat", "lo sfregiato". L'avvocato ci ha addirittura accusato di persecuzione a danno del suo assistito, ma prima o poi riuscirò ad incastrarlo, lui e il suo avvocato. -
- Che carogna. Vuoi convocarlo? -
- Meglio, mando un paio di agenti a prenderlo. -
Andrea e gli agenti sapevano bene dove trovarlo, andarono a colpo sicuro.
Gianni Trentadue "u sfreggiat", si trovava in un vicoletto buio e che puzzava di marijuana, quando i poliziotti lo prelevarono stava bevendo una Peroni ghiacciata e fumando una canna d'erba, appena vide gli agenti dichiarò che era per uso strettamente personale.
I poliziotti lo condussero in caserma senza manette, non era in stato di fermo, ma questo non gli impedì di fare la vittima.
- Ancora lei, ma allora ce l'ha davvero con me! -
Esordì appena vide Andrea nella stanza.
- Non temere, ti ho convocato perché la mia collega deve rivolgerti alcune domande, questa volta non vogliamo accusarti di niente. Ma la prego si sieda. -
Gianni si divincolò dalla stretta dei poliziotti e si sedette rumorosamente sulla sedia metallica, facendo sentire la sua presenza nella stanza.
Martah cominciò con una stoccata per vedere la reazione dell'uomo.
- Che brutta cicatrice, come se l'è procurata? -
- Una gatta selvatica ... non voleva farsi catturare! - in quel momento, nella stanza, piombò inferocito l'avvocato di Gianni, prontamente avvisato dai suoi fidi scagnozzi.
- Non dire una parola. - e poi rivolgendosi ad Andrea - Quando è troppo è troppo, lei rischia una querela per atti persecutori a danno del mio cliente. - le vene del collo quasi gli scoppiavano e sul volto di Gianni si allargò un sorriso beffardo.
Andrea alzò le mani in segno di resa - Non si preoccupi avvocato, come stavo dicendo poco fa al suo cliente, la mia collega deve porgli solo alcune domande su un caso che stiamo seguendo. Un caso in cui il suo cliente potrebbe essere un testimone chiave, potrebbe darci indicazioni utili per la cattura di un sospettato. In atto non ci sono assolutamente azioni persecutorie. -
A quel punto l'avvocato si calmò e prese posto accanto al suo assistito e Martah riprese a parlare.
- Il suo cliente è stato ripreso da una telecamera di sorveglianza mentre faceva una telefonata ad una cabina telefonica vicino alla stazione, un attimo prima quella cabina era stata usata dal nostro sospettato e noi speriamo che il suo cliente possa descrivercelo, siamo quasi certi che lo abbia visto in faccia. -
- Non ricordo nessuna telefonata. - replicò Gianni stampandosi nuovamente sul viso quella specie di sorriso che sembrava più che altro un ghigno.
- Se non ricorda, le rinfresco la memoria. - e con un gesto fluido fece partire la registrazione nel punto in cui si vedeva Gianni alla cabina telefonica, e quel sorrisetto che tanto la infastidiva sparì rapidamente dalla sua faccia.
- A noi non interessa il contenuto della telefonata, ci interessa l'uomo che la precedeva. Solo lui, non altro. -
Martah rimise indietro la registrazione facendola ripartire un paio di minuti prima che il loro uomo incrociasse Gianni.
Gianni si irrigidì e si sistemo meglio sulla sedia, come se scottasse, deglutì e guardò il suo legale che gli fece un cenno con la testa.
- Ok va bene, ero li, e allora? L'ho visto solo per pochi secondi, era un tipo qualunque. -
- Aveva qualche caratteristica, non so, un tatuaggio, un piercing, qualcosa. -
- No, era ben rasato, aveva un berretto, aveva un cappotto di pelle nera lunga tipo Matrix, occhiali da sole, ma queste sono tutte cose che potete vedere dal video, io non vi servo a nulla...però...! -
- Però? -
- No, niente, è una sciocchezza. -
- Quello che per lei è una sciocchezza, per noi può essere di vitale importanza. -
- Non lo so, mi ha inquietato, il suo odore mi inquietava, un odore stagnante di fiori marci, di fumo. È strano, ma quando mi è passato accanto, mi è presa una morsa allo stomaco. Io non sono una persona impressionabile, ma ho avuto paura di quella persona. -
Martah fece una smorfia e tamburellò la penna sulla scrivania
- Va bene può andare abbiamo finito.-
Gianni e il suo legale si alzarono e fecero per uscire quando vennero fermati da Andrea - Come vede non voglio perseguire il suo cliente in alcun modo, ma ho quasi la certezza che ci rivedremo. -
Andrea si lisciò i baffi evidenziando un sorrisetto sarcastico.
I due uscirono con la coda tra le gambe.
Martah e Andrea rimasero soli nella stanza. Martah sistemò gli incartamenti che si trovavano sul tavolo, e velocemente volse lo sguardo all'orologio appeso alla parete.
Non voleva farsene accorgere ma Andrea se ne accorse e guardò anche lui l'orario.
Tra una cosa e l'altra erano arrivate le nove e mezza di sera. Veramente tardi, e la fame cominciava a farsi sentire.
- Ti andrebbe di cenare insieme?- chiese Andrea molto spontaneamente.
Dopo un'attenta riflessione Martah sorrise - Va bene, ma solo perché ho una fame da lupi, ma non ho assolutamente voglia di cucinare. -
- Mi piace quando i miei sottoposti, obbediscono tacitamente ai miei ordini! -
Martah lo guardò ed entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.
- Agli ordini capo, però vorrei prima andare a cambiarmi, e magari prendiamo la mia macchina, una Smart è più facile da parcheggiare. -
- Certo nessun problema, se si viene serviti non si bada alla fame. -
Uscirono dalla sala interrogatori e si diressero verso l'uscita.
Martah rimase un attimo perplessa quando vide che, il posto che le era stato riservato era vuoto. All'appuntamento con Andrea a Piazza Aldo Moro, ci era andata con l'autobus. - Mi sa che mi dovrai dare tu un passaggio in macchina fino a casa, oggi pomeriggio sono venuta con i pullman. -
- E che problema c'è? Fammi solo strada. -
Andrea percorse con tranquillità le strade, deserte a quell'ora di sera, e in poco tempo parcheggiò la sua bella macchina nel vialetto interno del condomino. Martah scese dalla vettura e invitò Andrea a salire da lei. Andrea non era mai stato a casa di Martah, anzi, a dire la verità, era la prima volta che scopriva in che zona abitava. Martah aprì la porta, subito seguita da Andrea, il quale ebbe un sussulto di sorpresa all'apparire di Salem.
- Non sapevo avessi un gatto, non me lo aspettavo. -
- E' una gatta, poco dopo il mio rientro dal funerale di papà la trovai in strada, sotto la pioggia, che piangeva disperata davanti alla mamma morta investita poco prima. Non ho avuto il coraggio di lasciarla li. Ho chiesto alla mia padrona di casa se potevo tenerla e lei mi ha detto che non c'erano assolutamente problemi. E da allora ho una dolcissima coinquilina. Aspettami pure in cucina, mi cambio e arrivo. -
L'attesa fu veramente breve, nel giro di dieci minuti, Martah fece capolino dalla porta della sua stanza da letto, impeccabile. Un paio di jeans elasticizzati e molto stretti che evidenziavano le sue forme sinuose, un maglione a dolce vita e un cardigan bordoux a completare il tutto. In quei dieci minuti, non solo si era vestita, ma aveva anche trovato il tempo per truccarsi e sciogliersi i capelli.
- Wow, Martah stai benissimo. -
Il giubbotto di pelle lo portava sul braccio, per lei non faceva freddo. Invece Andrea ebbe un brivido appena usciti dal portone. Martah, salì in macchina, seguita da Andrea e si diressero verso la Fiera del Levante. Martah parcheggiò proprio di fronte alla pizzeria "Provolina" un ristorante pizzeria sul mare. Andrea era spesso passato li davanti, senza però mai fermarsi in quel posto. Non aveva idea di come potesse essere all'interno. Martah salutò il proprietario con un cordiale saluto.
- Preferisce sempre il solito posto? - chiese il titolare con un sorriso cordiale stampato sul volto sbarbato.
- Assolutamente sì, ma questa volta devi apparecchiare per due. -
- Nessun problema. -
Martah fece strada ad Andrea e si sedettero ad un tavolino che si trovava sulla veranda, vista mare, o meglio, vista faro. Il posto era magnifico. La brezza marina fischiava e muoveva i teloni di plastica trasparente che fungevano da riparo dal vento. Andrea fece accomodare Martah e si sedette. Il cameriere arrivò, apparecchiando anche per Andrea e portando due menù. Dopo un'attenta riflessione Andrea decise di prendere una pizza con mozzarella di bufala, radicchio e speck, curiosamente era la stessa scelta di Martah, che adorava quella pizza. Per smorzare l'appetito, decisero di concedersi, prima della pizza, una generosa porzione di frittura di mare. Martah e Andrea erano d'accordo su tutto, ma al momento di scegliere la bevanda, Andrea aveva qualche dubbio, non sapeva cosa scegliere. In suo soccorso intervenne Martah, che gli disse di far fare a lei. Andrea si fidò. Quando il cameriere li raggiunse per prendere le ordinazioni a Marta bastò semplicemente aggiungere - .... E da bere....il solito grazie. -
Andrea non aveva idea di cosa fosse "il solito" ma non obbiettò.
Dopo appena dieci minuti di attesa il cameriere tornò con in mano un cestello pieno di ghiaccio e una bottiglia di verdeca leggermente frizzante e ben ghiacciata. Il cameriere stappò la bottiglia e li lasciò soli, tornando poco dopo con i primi tre piatti dell'antipasto di mare, che da solo bastava a sfamare quattro persone. Tutto era meravigliosamente buono, e la prima bottiglia di vino, tra una risata e l'altra finì prima dell'arrivo della pizza. Dopo parecchi piatti di antipasti finalmente arrivarono le pizze e un'altra bottiglia di vino. Passarono una bella serata, ridendo e scherzando, come se fossero amici che si incontrano dopo tanto tempo. Andrea non volle aprire l'argomento spinoso intrapreso la mattina, sapeva che sarebbe stata lei a parlarne, e così fu. Martah parlò del suo passato, come se lo avesse sempre fatto, con estrema naturalezza. Si sentiva talmente alleggerita che dimenticò di guardare l'ora e a ricordarglielo fu il titolare del locale che discretamente si avvicinò al loro tavolo dicendo che doveva chiudere. Essendo un giorno settimanale e invernale il locale chiudeva verso mezzanotte. Improvvisamente si accorsero che, non solo il locale era ormai vuoto, ma anche che i camerieri ormai stavano procedendo già a sparecchiare tutti i tavoli. Martah chiese il conto, ma Andrea pretese di pagare lui, senza ammettere eccezioni. Dopo l'amaro, una bella passeggiata a piedi verso il faro rinfrancò ulteriormente gli animi. Ridendo e scherzando era quasi arrivata l'una del mattino quando Martah salutò Andrea.



Nephila la tela assassina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora