Capitolo XXII - Crisi

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Mi voltai di scatto, presa da brividi di terrore. Sentii un altro forte tonfo, accompagnato di nuovo da continue urla. Cominciai subito a correre, spalancando tutte le porte che mi separavano da quella remota stanza.

Zach!》Gridai, aprendo con forza la porta della sua camera.
Il mio cuore perse un battito.
Lo trovai lì, per terra, terrorizzato, i capelli rossicci rizzati sulla testa, che non faceva altro che tremare, cercando di liberarsi dal cavo della flebo, che era caduta assieme a lui, attorcigliandosi al suo braccio.
Era la prima volta che vedevo Zach così spaventato, tanto da terrorizzare anche me. Lui però, sembrava non vedermi: era come se fosse stato completamente inghiottito dalla paura, accompagnata da una massiccia dose di sudore freddo.
Non capii il motivo di così tanto terrore, ma cercai, o almeno provai a mantenere la calma.
《Zach, va tutto bene. Va tutto bene...》mormoravo, tremando a mia volta, con le lacrime che mi rigavano le guance. Sentivo un misto di paura e felicità che permeavano nel mio corpo, lasciandomi molto confusa.
Mi affrettai a staccare la flebo dal suo braccio, accovacciandomi accanto a lui, ma mi bloccò subito, afferrandomi il polso.
《Perché?》 Mi chiese, guardandomi nel profondo degli occhi, con una disperazione tale da lasciarmi pietrificata. Non erano più gli stessi occhi bicolore di una volta, erano quelli che si sarebbero potuti trovare sul volto di un condannato a morte.
Perché?!》Continuò a gridare, scoppiando anche lui in lacrime. Non ebbi neanche il tempo di capire a cosa si riferisse, che sentii Sylviane arrivare alle mie spalle.
《Elias!》Esclamò d'impulso, per poi coprirsi la bocca con entrambe le mani. Zach si irrigidì soltanto a sentire quel nome.
《Tu...? No, no... ti prego, no! Non ti avvicinare!》 Mi lasciò andare, cominciando ad indietreggiare come poteva, disperatamente, strisciando a fatica a causa delle ferite che si facevano ancora sentire, trascinandosi dietro anche il filo della flebo.
《È... È tutta colpa tua! No, no... Non voglio ricordare...!》
Gracchiava con voce roca, mentre cercava di farsi scudo con le mani, di non vedere nessuna di noi due, come per scappare da quella realtà.
Perché sono di nuovo qui?! Perché, perché, perché...?
In quel momento, qualcosa scattó nella mia mente. Il suo trauma infantile doveva essere ritornato a galla, non appena si era risvegliato nella sua stanza, un ambiente ostile ai suoi occhi. Aveva sentito il suo nome, rivisto sua madre. Stava avendo un attacco di panico, forse anche peggio dei miei. Forse potevo essere in grado di aiutarlo come lui aveva fatto con me.

Zach aveva finito per accartocciarsi su sé stesso contro al muro, le sue mani che passavano dal coprirsi gli occhi allo strapparsi i capelli, respirando a fatica, continuando a gemere e a piangere.
Feci segno a Sylviane, in quel momento più atterrita di suo figlio, di aspettarmi nell'altra stanza, per poi avvicinarmi al soggetto della questione gattonando sul pavimento.
Mi dispiaceva mandarla via in quel modo, ma in quel momento Zach non era in grado di sopportare la sua presenza.
《Zach, sono io, Angel. Sono qui con te, sei al sicuro.》Mi fermai di fronte a lui, in ginocchio.
Poggiai una mano sul suo braccio tremante, facendolo sussultare, così che abbassasse le sue difese, guardandomi. Poi gli poggiai entrambe le mani sulle spalle. Potevo quasi sentire il terrore provenire da lui, come se fossimo entrambi circondati da un'aura negativa.
《Andrà tutto bene. È solo una cosa temporanea, e non c'è nulla di cui avere paura, Zach.》 Cercavo di usare il nome che gli avevo dato il più possibile, quasi come se volessi annullare l'esistenza dell'altro, quello vero.
Dato che non dava cenno di volersi calmare, cominciai a slegare il filo della flebo, con calma e un sorriso sul volto, per quanto difficile potesse essere mantenere un'espressione tranquilla in quel momento.
Man mano che lo slegavo, vedevo Zach seguirmi con lo sguardo, respirando ancora ansiosamente, ma in silenzio. Quando finii, gettai il filo per terra, abbassando la manica della sua felpa, per poi prendergli le mani, che fremevano incontrollabilmente. 《Vedi? È tutto apposto.》 Sorrisi ancora una volta, questa volta più facilmente.
Zach si aggrappò a me improvvisamente, ricominciando a delirare.
《Portami via da qui. Portami via... Non posso stare qui. È troppo, è troppo...!》 continuò così, con voce rotta, singhiozzando e tremando.
《Va bene, vieni con me...》 afferrai le sue braccia ancora aggrappate alle mie spalle, alzandomi, inducendo lui a fare lo stesso. Non riusciva a stare in piedi. Tutto il suo peso, che le sue gambe tremanti non riuscivano a sostenere, si spostò sulle mie spalle, facendomi ripensare a quel giorno in cui l'avevo portato qui.
Mi sentivo profondamente in colpa per averlo trascinato di nuovo nella sua infanzia, in tutto questo.
《Ora usciamo da qui, ok? Fai dei respiri profondi, e ricordati che non c'è nulla da temere.》
Cinsi la sua vita con un braccio, cercando di fargli da scudo col mio corpo per impedire che i suoi occhi, ora rivolti verso il basso, vedessero le altre stanze di quella casa, eventuale frutto di altri ricordi spiacevoli. Purtroppo, dovetti nascondere anche Sylviane, che ora sedeva immobile sul divano, in lacrime.
Uscimmo fuori, in quella vallata con un pizzico di neve adagiata sull'erba come rugiada, che scandiva a poco a poco l'arrivo del freddo.
Abbandonai Zach al muro di legno della casa, lasciando che scivolasse lentamente a terra. Mi inginocchiai di nuovo di fronte a lui, osservando il suo volto arrossato bagnato dalle lacrime.

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