Parte seconda

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Sasuke

La guerra era terminata. Fortunatamente il numero delle vittime mietute era assai ridotto.

Naruto ed io entrammo a Konoha osannati come vincitori da grida di giubilo e speranzosi sorrisi.

Un'atmosfera che avrebbe dovuto scaldarmi l'animo, farmi sentire ben accolto e meritevole dei miei sforzi. Eppure non era così, non del tutto perlomeno. Era una sensazione recondita di fastidio e rabbia quella che mi strisciava lungo la pelle come un serpente. Silenziosa e sinuosa mi bisbigliava che non ero io l'eroe. Mi voltai per osservare Naruto.

Aveva contribuito più di me alla costruzione della pace? No.

Osservai il suo volto, stranamente non disteso e sorridente come suo solito. Sembrava anch'egli infastidito, come se ci sfuggisse qualcosa.

Scrutai i volti esultanti della folla: tutti mi erano estranei, anonimi. Nessuno di quei volti conosceva la verità. Nessuno di loro sapeva di non aver alcun motivo per sorridermi con gratitudine: ero sempre stato un traditore.

Qualche mese più tardi

Seduto sul davanzale della finestra della mia camera osservavo il cielo plumbeo incombere su Konoha.

La gente, ignara dell'incombente temporale, passeggiava distrattamente per le strade, troppo immersa nei propri impegni quotidiani.

Sbuffai annoiato e infastidito. Da quando la guerra era finita non riuscivo a trovare un posto in questo mondo di ninja, apparentemente sempre uguale, ma che per qualche ragione appariva ai miei occhi stravolto, sfoglio di qualunque attrattiva.

Non provavo interesse per gli allenamenti, nemmeno nelle mie sfide personali con Naruto. Era come se tutto fosse divenuto incolore.

Mi sentivo oppresso dal senso di riconoscimento degli abitanti, dal loro osannarmi come eroe.

Non mi sentivo affatto un eroe. Non avevo sacrificato nulla per il bene comune. Avevo semplicemente fatto ciò che dovevo fare.

"Sei diventato un recluso?", mi colse alla sprovvista la voce di Naruto.

"Baka, sei tu. Non ti hanno insegnato a bussare prima di entrare?".

"Ma se sei come i gatti, sempre in allerta. Mi sorprende averti colto alla sprovvista. Sicuro di stare bene?", mi domandò sinceramente preoccupato.

"Sì. Non sono abituato a tutto ciò", mi giustificai, indicando con un vago gesto della mano la folla sottostante.

"Ci riuscirai. Senti, stasera con gli altri volevamo andare a mangiare ramen: sei dei nostri?".

Non mi andava di dover stare in mezzo alla gente, soprattutto in compagnia di quegli impiccioni amici di Naruto, ma vedere i suoi occhi accendersi di speranza mi fece accettare l'invito con un lieve cenno del capo.

"Perfetto! Allora ci vediamo più tardi", si congedò entusiasta per scomparire dalla mia vista.

Ritornai alla mia posizione di vedetta ad osservare i colori degli abiti mescolarsi tra loro a causa dei continui e anonimi contatti.

Il mio sguardo si perse nel vuoto, un vuoto che nascondevo dentro di me. Attento a non lasciar trapelare che di Sasuke Uchiha, il grande ninja, non era rimasto nulla, solo un guscio vuoto che arrancava lungo la china di una sterile sopravvivenza.

Il fievole fischiettare di una dolce melodia attirò i miei occhi. Un'esile ragazza passeggiava con tranquillità sotto l'acquazzone in atto, incurante dei goccioloni d'acqua che le inzuppavano le vesti. Teneva in mano un enorme sacchetto di carta. I suoi occhi erano puntati al cielo. Ma la caratteristica che colpiva in assoluto era il lieve sorriso abbozzato sulle sue labbra: pura estasi e meraviglia davanti ad un fenomeno altrimenti banale come la pioggia.

運命の赤い糸 Unmei no akai ito: il filo rosso del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora