Capitolo 7: Perché l'ho fatto?

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Ethan ha accompagnato mia madre all'ospedale mentre io sono rimasta a casa, non mi ha fatto né andare con lui né volevo andare, mi aveva tradito e io non la perdonerò mai.
Rientro in quella camera e fisso con molta attenzione ogni punto: tutto rosa e bianco, peluches, orsetti, fiocchetti e vestiti... Ecco perché non veniva, si stava rifacendo una vita con qualche suo amante. Osservando più attentamente la stanza noto tra gli orsacchiotti, uno marroncino con gli occhi verdi: quello era il mio. Lo prendo tra le mani e ricordo ancora l'odore che aveva quando mia madre lo lavava, rosmarino e lavanda, odori che non dimenticherò per nessun assurdo motivo, odori che conducevo all'amore che riservava mia madre solo per me, peccato ora non più. Cammino per minuti eterni in giro per casa senza una meta finché il campanello non scaccia i miei pensieri.
"Chi è?"
"Chi sei tu? Che fine ha fatto Margaret?"
Margaret è il nome di mia madre, sicuramente lui sarà il suo compagno.
Lui continua a bussare sempre più forte e decido di aprire.
La sua faccia mostra evidenti segni di perplessità ma io rimango impassibile. Lo riconosco, si chiama Daniel, è un collega di mamma ed è sempre stato il più giovane e il più carino dei colleghi di mia madre. Lui ha gli occhi verdi e i capelli biondo cenere, ha una barba folta ed è molto alto. Ci faceva sempre compagnia durante i pomeriggi domenicali quando la pioggia aveva la meglio sulla nostra passeggiata pomeridiana. Mi stava davvero simpatico.
"Lily?"
Ricorda ancora il mio nome, le lacrime di ira o paura minacciavano di uscire anche se non gli ho dato il permesso, sono rimasta in silenzio.
Un silenzio davvero imbarazzante.
Un imbarazzo scomparso grazie al suo abbraccio.
Un abbraccio che mi tranquillizzò.
"Lily, dov è mamma?"
Silenzio.
"Lily? Lily?! Spiegami che è successo"
Ci sediamo sul divano verde petrolio in salone che affaccia alla cucina, le finestre illuminavano la stanza con la luce mattutina e il silenzio giaceva sulle nostre teste.
Tra singhiozzi e paura gli raccontai tutto, o meglio, quasi tutto.
"S-sei tu il padre?"
"Si. Abbiamo sbagliato e c'è ne rendiamo conto. Lei non voleva venire per la bambina... Non sapevamo come l'avresti presa. Te lo volevano dire prima o poi... Lei ora dov'è?"
Il cuore mi batteva e la colpa stava aumentando sempre di più. Ho paura.
"Abbiamo avuto una lite..."
"Cosa? E ora dov'è?"
"È caduta e ora è all'ospedale."
"Cosaaaa!?!?"
Si alza di scatto e corre all'uscita. Le lacrime non mi facevano vedere niente ma lo rincorsi lo stesso. Era già arrivato alla macchina e io ero caduta sull'erba di fronte alla casa. Non capisco più niente. Che cosa ho fatto? Mi abbandonai a me stessa finché non risentì la sua voce.
"Non ti preoccupare, è stata colpa di tutti ma ora dobbiamo andare all'ospedale. Mi prende in braccio, non avevo più forze, saliamo in macchina e l'ospedale, ancora una volta mi aspetta...

La Mia Odiosa MalattiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora