⚜️ Io non vi voglio

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Era incapace di vedersi

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Era incapace di vedersi. La ragazza nel riflesso della finestra, quella sagoma dalle fattezze di spirito, il velo e la chioma candida intrecciata di perle, respirava appena. Zahra le posò la corona di fiori sulla testa e le chiese di voltarsi. Non riuscì a sentirla, ma lo fece lo stesso. Lasciò che le spalmasse un lieve strato di cipria sulle guance, dove minuscoli diamanti simili a gocce di rugiada erano stati applicati alla base degli occhi.
«Potete alzarvi» disse una delle ancelle. «Guardatevi, vi prego. Siete bellissima.»

Eve fluttuò fino allo specchio oblungo e tutto quel che riuscì a scorgere fu il fantasma di se stessa. L'abito bianco le stringeva i fianchi sottili e si apriva in un'ampia gonna di veli intarsiati di girali floreali, che richiamavano quelle del corpetto senza spalline. Sembrava la regina delle fate di un mondo distrutto dalle guerre degli uomini.

Intrecciò le mani in grembo e annuì appena.

Le ragazze si affaccendarono attorno a lei, parlottando fra loro di preparativi e della festa a cui avrebbero partecipato. Gli sguardi di Zahra le pizzicarono la nuca, ma non li ricambiò.

Dopo un po', qualcuno bussò alla porta e Lysandros, in armatura cerimoniale assieme ad altri tre cavalieri, fece il suo ingresso nelle stanze.

«Principessa» annunciò, «è ora di andare».

Eve annuì ancora. Le ancelle, abbigliate con l'azzurro che richiamava la coroncina di fiori, la seguirono in corridoio. A eccezione di quella breve colonna, il castello le parve svuotato della più pallida stilla di vita.

E pensare che aveva già assistito a dei matrimoni e aveva fantasticato diverse volte sull'indossare uno di quei vestiti. Si era persino trovata a invidiare le giovani reali dei regni vicini, da bambina, con l'idea che l'amore tra due estranei deciso da qualcun altro sarebbe sbocciato, che bastasse un bacio per sugellare ogni cosa. Ma per Eve quel bacio non era stato altro che veleno.

La testa le vorticò e rallentò l'andatura sotto lo sguardo di Sacra Ildegarda che, in un tripudio di vetri colorati, dava da mangiare agli agnelli. Si obbligò a tenere il passo.

Solo Lysandros la affiancò. «State bene?»

Lei eseguì un cenno sbrigativo. «Basta chiedermelo, vi prego.»

«Mi sembrate...»

«Sto magnificamente. Vi ringrazio.»

Eve guardò dinanzi a sé e con quelle parole troncò qualsiasi tentativo di conversazione. Anche se Lysandros le aveva consigliato di "dare tempo al tempo", in quel momento seppe che non voleva concederne, non desiderava sprecarne. Forse per quelle principesse sorridenti sull'altare di Imes, quelle che avevano rappresentato la favola quando ancora non aveva conosciuto la realtà, poteva anche andar bene accontentarsi, giungere a un compromesso che soddisfacesse tutti. Ma non per lei. Lei che bramava l'immensità della sua terra, un piccolo regno tutto per sé fatto di libri e di una famiglia costruita con le sue mani.

Bianca come il gelsominoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora