Congiuntura

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Chester si riprese mentre era accasciato in modo singolare sul seggiolino della metropolitana. Sentiva nel corpo le vibrazioni del treno che filava ancora nel buio ma nella sua mente, di primo acchito, gli erano sembrati gli scossoni di qualcuno che stesse cercando di svegliarlo. Peccato che non ci fosse nessuno accanto a lui e, con uno sguardo oltre il velo dei suoi occhi appannati, notò che tutta la carrozza era deserta. Si tirò su. Il collo gli faceva male perché rimasto piegato in una angolazione innaturale e il braccio destro non rispondeva bene ai comandi perché totalmente intorpidito. Il suo cervello, leggermente offuscato, incominciò a riprendersi ad una velocità sorprendente una volta in piedi.

L'aids, cazzo! Quei bastardi mi hanno infettato con l'aids! "CCC" nella sua mente, ridestatosi dallo stato comatoso nel quale era finito durante la conversazione con gli emissari della "Filo Dorato Inc.", si riprese e urlò il suo appoggio a quel pensiero. Chester serrò la mascella e poggiò le mani sugli occhi lievemente appannati. Quanto diavolo era sfigato? Si era fatto infettare da due sconosciuti strambi senza opporre resistenza. E per cosa poi? Non avevano neanche voluto il suo portafogli che era ancora nella tasca posteriore dei calzoni o il cellulare che era in quella destra. Eppure... C'era qualcosa che, seppur la confusione dei suoi vorticanti pensieri lo confondesse, non gli tornava. Loro sapevano tutto. Com'era possibile che due semplici rapinatori o qualsiasi cosa fossero (terroristi, gli suggerì "CCC" ma lo ignorò) avessero quelle informazioni? Senza contare il loro abbigliamento e i loro modi di fare, in qualche modo "professionali". Scosse la testa e se ne pentì perché, seppur avesse ancora le mani sugli occhi, lo stesso buio che vedeva dietro le palpebre sembrò vorticare in modo nauseante.

Aspettò che passasse, poi, piano piano, incominciò ad aprire le dita ad uno ad uno. La carrozza deserta, tranne che per le note musicali di una canzone suonata al pianoforte, restituì il suo sguardo confuso. Guardò l'orologio appeso allo stipite delle porte che davano sull'intercapedine fra le carrozze. La sua vista era ancora lievemente offuscata ma lesse abbastanza bene che erano le cinque e quarantasei. Il tabellone delle fermate, illuminato poco oltre la stazione Warren, confermò che non doveva essere durato molto il conciliabolo che aveva tenuto con la signora in cardigan e il finto clochard.

Chester si tastò la testa proprio nel punto in cui aveva sentito un leggero pizzicore prima di svenire. Non fu sorpreso di non sentire assolutamente niente oltre i polpastrelli, ma si impegnò comunque in un esame accurato del cuoio capelluto. Peccato che non servì a nulla. Se c'era, il foro dell'ago era minuscolo e non gli aveva fatto danni. Continuava a sentirsi però stranamente intontito e i bagliori che di tanto in tanto gli rilucevano sul campo visivo non lo aiutavano di certo. Lo spettro dell'aids lo terrificò talmente tanto che sentì le gambe cedere leggermente.

Si rimise a sedere e il suo sguardo vacuo si posò sul finestrino che aveva di fronte. Il suo riflesso, lievemente contornato di bianco, sembrava sospeso e in qualche modo distorto nel nero retrostante, nel buio della galleria che il treno percorreva a velocità sostenuta. Chester osservò un altro di quei lampi giallastri scivolargli inavvertitamente sugli occhi e poi, misteriosamente, replicarsi sul riflesso del finestrino a distanza di qualche millisecondo. Mosse la testa leggermente in avanti allungando il collo e scrutando il riflesso con maggiore attenzione. Chiuse gli occhi a fessura.

C'era qualcosa che volteggiava lentamente sopra il suo capo, qualcosa di giallastro e lineiforme, si cullava nell'aria in volute sofisticate. Chester si alzò lentamente e un altro lampo giallo gli balenò sugli occhi e fu proprio come se qualcosa gli passasse di fronte al campo visivo. Deglutì sonoramente e in cuor suo aveva già cominciato a capire. Eppure, la consapevolezza aveva bisogno di una prova certa prima di colpirlo violentemente. Si avvicinò al finestrino di un altro passo ancora e poi alzò le mani lentamente, incominciando a tastare dalle guance fino alle orecchie e poi su per le tempie a giungere alla sommità della testa. Impalpabile sotto le dita e di un color oro scintillante, un filo si librava nell'aria congiungendosi al posto in cui il barbone lo aveva punto.

Chester Chris Chambers si mise a urlare e "CCC", nella sua testa, urlò di terrore con lui.

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