Capitolo primo

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Le costole tagliavano lo specchio. Angoli e spigoli riempivano tutto il vetro. Un corpo mezzo nudo spigoloso e tagliante era scosso da singhiozzi. Ogni tanto una lacrima scendeva dalla guancia e rimbalzava sulla clavicola. Le mani strinsero la vita, toccarono il petto freneticamente, come alla ricerca di qualcosa, risalirono fino al collo, quasi stringendolo. Le lacrime continuavano a scendere, sempre più veloci, sempre più disperate. Si artigliò le spalle stringendole così forte che quando alla fine allontanò le mani, i segni delle unghie rimasero impressi nella carne e piccoli lividi iniziavano a comparire. Rallentò un poco il fiato, sfiorando col polpastrello quei nuovi segni che sfregiavano il suo corpo. Piccoli ematomi comparivano qua e là, inconcepibili e più dolorosi di una lama. Sui fianchi, al centro del petto, sulle anche; ovunque le sue mani potessero arrivare a stringere qualcosa quelle macchie violacee rimanevano come segno del loro passaggio. E alla fine si accasciò su se stesso, portò le mani al viso e poi a stringere i capelli e pianse. Chi dice che gli uomini non piangono si sbaglia. Lì, davanti a uno specchio verticale, coperto solo da un paio di boxer lui piangeva.
"Fai schifo, fai schifo, fai schifo" sussurrò al suo riflesso "Non sei all'altezza" spostò le mani dal viso guardando dritto negli occhi riflessi "Non sarai mai all'altezza"
Altre lacrime si aggiunsero alle precedenti, altri piccoli lividi andarono a costellare il corpo candido del ragazzo. Infine si alzò, aggrappandosi al lavandino. Sentì il freddo della ceramica entragli nelle ossa, scuoterlo. Si aggrappò con tutta la sua forza ai bordi e si guardò nuovamente negli occhi.
"Perché non riesci a essere all'altezza, eh? Non ci vuole molto, basta essere, basta essere..." lasciò la frase in sospeso, senza più aggiungere nulla.
Alla fine abbassò il capo, non riuscendo neppure più a guardarsi. Chiuse gli occhi e, come un prigioniero che conosce già il suo verdetto finale, si girò e si diresse verso il water. Le sue ginocchia che colpivano il pavimento produssero un rumore sgradevole, come quello di un destino già segnato. Guardò con sguardo assente davanti a sé per qualche attimo infinito, prima di prendere un respiro profondo. Conta fino a tre e poi fallo, forza James, fino a tre, almeno questo dovresti essere in grado di farlo. Tuo padre è venuto fuori dal nulla e ha salvato il mondo, tu non sei in grado di fare neppure questo? Dicono che solo quelli con un carattere forte ce la fanno, e tu cosa sei James? Vuoi restare per sempre l'ombra del padre, il ragazzino viziato che deve essere esattamente come lui. Forza, l'hai già fatto altre volte, non può essere così difficile, giusto? Conta e tutto passerà.
"Uno" la mano sinistra strinse il bordo del water fino a far sbiancare le nocche.
"Due" il respiro era affannato e il volto era sporcato dalle lacrime che aveva cercato invano di trattenere.
"Tre" i denti sbatterono contro le nocche dell'indice e del medio della mano destra.
Non ci provò neppure a trattenere il conato, semplicemente si strinse quanto più poteva alla tavoletta. I ricci gli ricadevano scomposti e bagnati di sudore sulla fronte. In bocca un sapore sgradevole. Lentamente si ritirò su. Era finito tutto. Si lavò le mani e il viso, tirò l'acqua e afferrò lo spazzolino. Sopra al dentifricio mise del bicarbonato, per sbiancare i denti. Dopo aver risciacquato la bocca si rivestì evitando di guardarsi. Ma allo specchio non sfuggirono le sue costole sporgenti e le sue braccia rivestite da muscoli sottili. No, allo specchio non sfuggì nulla, nemmeno un singolo dettaglio. Se solo lui fosse stato in grado di vederli.

Trova cinque cose che puoi vedere in ogni posto in cui vai, dicono così. Quattro cose che puoi toccare, tre che puoi sentire, due che puoi annusare e una che puoi assaggiare. È l'unica cosa che puoi fare per non cadere vittima del panico. Il caminetto, la poltrona, il gatto acciambellato sopra, la lampada e il libro. Sono cinque. Bene. Il pavimento, il muro, la punta delle scarpe e la punta del naso. Ora tre da sentire. Il fuoco che scoppietta, il fuoco che scoppietta e poi.... Calma respira, puoi trovare altre tre cose che puoi sentire. Il fuoco che scoppietta e poi... Il petto di Scorpius si iniziò a sollevare ed abbassare sempre più velocemente. Il fuoco e poi... Si portò le mani alle tempie facendo più pressione possibile. Doveva concentrarsi. Il fuoco e poi...
"Hai mal di testa Scorp?" Nott gli toccò la spalla, scuotendolo.
Il fuoco e poi... Ci deve essere qualcos'altro. Riportò le mani che cominciavano a sudare ai fianchi. Iniziò a stringere i pugni. Le unghie gli graffiavano i palmi, ma probabilmente il dolore non raggiungeva neanche il suo cervello, bloccato dal panico che lentamente stava prendendo piede. Dai, dai, dai. Il fuoco e poi...
"Ehy amico tutto okay?" Edward lo scosse nuovamente.
Il fuoco e poi... Il ragazzo davanti a lui gli strinse la mano con forza, facendogli quasi male. O forse glie ne aveva fatto, ma gli mancavano altre due cose che poteva sentire. Lo schiaffo che gli arrivò sulla guancia totalmente inaspettato, però ,fece male. Sentì lo schiocco rimbombargli nel capo, quello l'aveva sentito. Scorpius sobbalzò colto di sorpresa. Si portò una mano alla guancia e la tocco, stupito.
"Scusa non volevo farti male amico" Edward sorrise, come per scusarsi "Ma era come se non ci fossi, mi stavo preoccupando"
Lui annuì. Il fuoco che scoppietta e poi.... Il fuoco che scoppietta, la voce di Edward e lo schiaffo.
"A che stai pensando?" domandò curioso l'amico.
"Ero sovrappensiero scusa" si scusò e corse in camera sua davanti allo sguardo allibito dell'altro.
Non se ne curò. Si sedette sul letto e strinse il copriletto. Si guardò intorno e lentamente il suo respiro tornò ad essere regolare. Si passò il braccio sulla fronte e si cambiò la camicia zuppa di sudore. Anche il cuore riacquistò un battito più regolare. Poggiata alla spalliera del letto c'era la sua scopa. La toccò, come accarezzandola. Tutto era tornato normale, per ora.

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