Capitolo nono

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Scorpius non riusciva a smettere di pensare al pomeriggio passato. Non aveva una conversazione così profonda con qualcuno da davvero tanto tempo.
"Ehy amico, ti unisci a noi?"
Era Ed a chiamarlo. Stavano giocando a scacchi magici e mancava giusto una persona per il mega torneo. Annuì e si andò a sedere di fianco a lui. Un scacchiera comparve davanti a lui e dall'altra parte un suo compagno di casa lo guardava con aria di sfida.
"Pronto a essere battuto Scorp?"
Scosse la testa e ridacchiò. "Mai quanto te, Jason"
E la partita iniziò. Mosse prima l'amico e poi lui fece avanzare il pedone che ostacolava la diagonale dell'alfiere. Era la sua tattica e non l'avrebbe cambiata. Glie l'aveva insegnata suo padre da piccolo e lui aveva il piccolo difetto di prendere come legge suprema tutto ciò che Draco diceva.
"Avete sentito la nuova disgrazia che si è abbattuta sui Grifondoro?" chiese a un certo punto Nott.
Alcuni ridacchiarono, ma Scorpius scosse la testa confuso.
"Cos'è successo?"
Un sorriso soddisfatto si dipinse sul volto del compagno. Era chiaramente soddisfatto di poterla raccontare a qualcuno.
"Ma dove vivi Scorp?" lo prese in giro Edward "Lo sanno tutti. Certo, a parte te, a quanto pare" e ridacchiò sotto i baffi.
Per ripicca Scorpius gli tirò addosso un pedone che aveva appena mangiato al suo avversario. Il povero pedone bianco si lamentò ma mai quanto l'amico. Dentro di sé Scorpius sorrise soddisfatto. Era così no che fanno i ragazzi? Si prendono in giro e si danno qualche botta. Forse ce la stava facendo ad imparare.
"Quindi?" tornò a rivolgersi a Nott "Ci farà vincere la coppa delle case questa loro grade sventura?"
"Quasi. Ma quella del Quidditch di sicuro"
Spostò il cavallo maldestramente e immediatamente la torre bianca glie lo mangiò. Doveva stare più attento. Il cavaliere nero, appena disarcionato, si lamentò animatamente maledicendolo.
"Bene. Racconta. Voglio sapere tutto"
"Nessuno sa nulla con precisione, ma Meg" era una ragazza del quinto molto pettegola e per questo la fonte ufficiale di ogni notizia "ha detto che una sua amica, questa mattina prestissimo ha visto James Potter entrare in infermeria"
Il cuore di Scorpius iniziò a battere più velocemente e mentre diceva a un pedone dove andare la voce gli tremava tanto che, il pezzo della scacchiera, gli diede del rammollito per non riuscire a prendere una decisione. Deglutì e decise che quello stupido pedone lo voleva vedere morto al più presto, anche se era uno dei suoi.
"Che aveva?" chiese infine.
Nott si sfregò le mani e avvicinò la testa al centro del tavolo invitandolo a fare lo stesso. Scorpius si chiese perché stesse agendo come se fosse un segreto di stato se appena pochi minuti prima era stato accusato di essere l'unico in tutta Hogwarts a non essere a conoscenza del fatto. Comunque fosse.
"Mi è stato riferito che tremava tantissimo, come uno che ha la febbre a quaranta e stenta a reggersi in piedi"
Non aveva bisogno di chiudere gli occhi per immaginarsi James immobile, davanti alla pesante porta di legno dell'infermeria, che tremava e batteva i denti, probabilmente per il freddo. Si ricordò della prima volta che l'aveva osservato veramente nel campo da Quidditch di mattina e poi di nuovo durante la partita. Ripensò poi al maglione piegato accuratamente che teneva dietro il cuscino e si sentì mancare il fiato. Nascose le mani sotto il tavolo per non far vedere agli altri che non riusciva a tenerle ferme.
"Non mi sembra che una febbre sia in grado di distruggere le certezze dei Grifondoro di vincere la coppa del Quidditch" si sforzò di dire, ma si sentì poco credibile, le parole che aveva sputate fuori non erano così convincenti come avrebbero dovuto essere.
"Aspetta, manca la parte più bella, amico" ghignò Nott e Scorpius si sentì male "Aveva la mano destra che grondava sangue. Era una massa informe di carne viva, dicono"
"La..." si schiarì la voce per nascondere il tono spaventato "La mano con cui prende il boccino?"
"Esatto!" esclamò Ed sbattendo un pugno sul tavolo e rischiando di rovesciare la scacchiera.
Scorpius sussultò. La mano del boccino. La mano magica di James Potter era distrutta. Una paura ingiustificata gli nacque nel petto e raggiunse ogni cellula del suo corpo. Chiuse gli occhi e si rese conto che gli veniva da piangere. La mano del boccino. Non era possibile. Ma poteva sempre prenderlo con la sinistra giusto? E sarebbe sicuramente guarita prima della prossima partita.
"E in più."
Avrebbe voluto urlargli di smetterla, che non voleva sentire. Non voleva immaginarsi James disteso sul lettino dell'infermeria con la mano rossa e sanguinante, e cosa poi? L'immagine faceva già abbastanza male così.
"Mi stai ascoltando Scorp? Stai attento che arriva la parte più importante ora"
No no no. La testa gli girava e avrebbe voluto coprirsi le orecchie con le mani. Ma quelle tremavano troppo. Mentre il cuore batteva a mille e gli occhi cercavano il caminetto, annuì, lontano da tutto quello che stava succedendo.
"Dicono che sia successo mentre si allenava. Che si sia schiantato contro qualcosa o caduto, non si sa, mentre cercava di afferrare il boccino. E sai perché? No? Bene te lo dico io allora. Perché non vola più bene come una volta. Nessuno sa cosa sia successo, ma James Potter è finito e noi vinceremo quella maledetta coppa"
Delle urla di approvazione si alzarono dalla combriccola lì riunita. Scorpius spalancò la bocca mentre sentiva i polmoni che si restringevano e restringevano, senza che dell'aria nuova entrasse dentro. Non era possibile. James sarebbe sempre rimasto la persona più elegante che avesse mai visto volare. Il più veloce e il più bravo. E poi voleva fare il giocatore professionista dopo la scuola. Non era possibile che non sapesse più stare su una scopa. Non era neppure lontanamente credibile che fosse caduto. Non lui, non James. Si alzò di scatto e rovesciò la sedia. Disse qualcosa sul fatto che aveva un appuntamento e sparì fuori dalla sala comune prima che qualcuno gli potesse dire qualcosa. Corse per un paio di corridoi prima di piegarsi sulle ginocchia e prendersi la testa tra le mani. Sentiva di star per svenire, che non avrebbe retto ancora a lungo quella paura che lo stava divorando dall'intero, sarebbe esploso. Cercò a tentoni il muro e si alzò in piedi. Aveva bisogno di vederlo. Aveva bisogno che James gli dicesse che era tutto uno scherzo, che Meg aveva sentito male, che lui era sempre lo stesso. Eppure. Eppure sapeva che quel corpo sottile e affilato aveva qualcosa di innaturale, era sempre sul punto di spezzarsi da un momento all'altro. E ora era successo. Non poteva neppure immaginare il dolore che stava dilaniano James in quel momento.

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